Umbra Acque, dove il sindacato non è scritto sull’acqua - di Frida Nacinovich

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Chiare, fresche e dolci acque, poetava Francesco Petrarca, nato ad Arezzo da genitori fiorentini esiliati perché guelfi di parte bianca. Un destino comune a quello di Dante Alighieri. Pochi chilometri più a sud, nella verde Umbria, l’acqua è altrettanto buona, controllata da una società per azioni a maggioranza pubblica. Umbra acque gestisce il servizio idrico integrato in 38 comuni della provincia di Perugia, un perimetro d’azione che va dagli studi di fattibilità e progettazione dei sistemi idrici e fognari, alla costruzione, gestione e manutenzione degli impianti, compresi quelli di depurazione.

Se ci sono servizi essenziali, questo è uno di quelli. E se anche il vittorioso referendum del 2011 avrebbe dovuto imporre al legislatore la ripubblicizzazione integrale del servizio, in buona parte della penisola è rimasto il modello delle società per azioni a maggioranza pubblica ma con un forte socio privato, in questo caso Acea. “Gli appetiti dei privati sono sempre grandi - ammonisce Nicola Burocchi - nel 2016 avrebbero voluto spacchettare l’azienda e diventare proprietari a tutti gli effetti. Per fortuna riuscimmo a impedirlo, perché quando c’è il privato di mezzo i diritti e le tutele sono sempre a rischio”.

Eletto per la terza volta nella Rappresentanza sindacale unitaria, con in tasca la tessera della Filctem Cgil, Burocchi lavora in Umbra Acque da 18 anni, dall’ormai lontano 2005, quando gli smartphone erano di là da venire, e l’Italia del calcio non aveva ancora vinto il mondiale di Germania. Tempi andati, l’odierno presente racconta di un sindacato in ottima forma nonostante le difficoltà di organizzare lavoratori e lavoratrici in tempi di crisi pandemica prima, e di economia di guerra poi.

“Siamo andati molto bene nelle recenti elezioni delle Rsu - tira le somme un soddisfatto Burocchi - prima di tutto per la grande partecipazione che c’è stata, visto che su 403 aventi diritto hanno votato in 372, poi perché la Filctem Cgil ha conquistato il 38% dei consensi, è stata la più votata ed ha ottenuto tre delegati. Insieme a me sono stati eletti Daiana Sportellini e Dario Stefanucci. Siamo riusciti ad aumentare le tessere, coinvolgendo i colleghi e le colleghe più giovani. Non era scontato, non di questi tempi”.

Burocchi è un operaio addetto ai magazzini, e come in tutti i servizi essenziali non si è fermato nemmeno nella fase più acuta della pandemia. “Gli impiegati amministrativi e gli addetti al settore commerciale erano a casa - ricorda - lavoravano in smart working. Ancora oggi c’è chi ha scelto di mantenere questa formula, alcuni giorni della settimana. Noi invece, come prima linea del servizio idrico, non abbiamo mai smesso di andare al lavoro in presenza. Naturalmente eravamo molto attenti, avevamo adottato tutti i dispositivi di protezione individuale che avevamo imparato a conoscere, per ridurre al minimo il rischio di contagio”.

I quattrocento e passa addetti di Umbra Acque lavorano su turni, mattina e pomeriggio, cinque giorni e mezzo la settimana, perché anche il sabato è per metà lavorativo. Va da sé che c’è la reperibilità, a rotazione, perché il servizio idrico integrato deve essere sempre assicurato, e se ci sono dei guasti occorre subito entrar in azione per tamponare le perdite. “Quello dell’innalzamento dell’età media è un rischio concreto anche qui a Umbra Acque - spiega il sindacalista - per fortuna siamo riusciti ad assicurare anche un buon turnover. Chi andava in pensione, compresi quelli che decidevano di anticipare l’uscita dal lavoro, è stato subito rimpiazzato da ragazzi giovani. Come Rsu lo consideriamo un successo, perché il nostro lavoro può essere duro, faticoso, la riparazione dei tubi e l’uso di macchinari come le autogrù hanno bisogno di energie fresche. Quando arrivi a una certa età non è giusto essere impegnati fisicamente come quando hai trent’anni”.

 

Il primo giugno saranno 18 anni che Nicola Burocchi lavora per Umbra Acque, ma il tempo è volato via in fretta. La vita del delegato sindacale in fabbrica, ‘in produzione’ come dicono gli addetti ai lavori, finisce per impegnare parecchio ma in compenso i giorni passano veloci. “Noi ci mettiamo la faccia - chiude Burocchi - sono anche responsabile alla sicurezza, non si può mai abbassare la guardia di fronte al rischio di incidenti. E lo ripeto, il fatto di non averla data vinta ai privati ci inorgoglisce, specialmente perché in fondo è di acqua che stiamo parlando”. Un settore sempre sulle pagine dei giornali, perché il referendum non è stato dimenticato e perché i movimenti per l’acqua sono puntuali come la goccia che batte sul sasso, non smetteranno mai di chiedere il rispetto del desiderio della maggioranza del popolo italiano. L’acqua deve restare pubblica. “Non puoi immaginare che fatica è stata respingere le mire dei privati”. Chiare, fresche, dolci acque.

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