L’assemblea nazionale delle donne Spi.
Il 29 e 30 maggio, al Centro Congressi Frentani a Roma, si è svolta l’assemblea nazionale delle donne Spi Cgil dal significativo titolo “Io, di me, farò una rivoluzione”. I lavori sono stati introdotti dalla relazione, ampia ed esaustiva, di Mina Cilloni, segretaria uscente dello Spi nazionale con delega alle politiche di genere. Nei due giorni hanno partecipato 340 donne, e trenta di esse sono intervenute nel dibattito che è stato ampio e pieno di suggestioni.
Quasi tutti gli interventi hanno sottolineato le questioni di sempre (purtroppo): salari più bassi per le donne, lavoro precario, sanità sempre più aleatoria e soprattutto la violenza di genere che sembra non avere fine!
Alcuni interventi hanno introdotto temi nuovi e interessanti che mi sento di sottolineare. Ad esempio, la sollecitazione fatta da Lara Ghiglione della segretaria nazionale Cgil, che ha invitato l’assemblea a considerare al “plurale” il titolo, perché è con l’apporto di tutte che si possono ottenere i risultati. Ha anche sottolineato che essere educate non vuol dire essere silenziose, ed ha esortato tutte noi a prendere parola sulle politiche, non solo di genere, che la nostra organizzazione porta avanti.
Molto interessante è stato il contributo di Camilla Piredda dell’Udu (Unione degli universitari) che ha messo in evidenza come oggi il femminismo degli anni ‘70 sia diventato elitario all’interno del mondo accademico, e come studiare all’università sia diventato un privilegio che tradisce il principale diritto allo studio. Ha sottolineato come sia urgente riconoscere il lavoro di cura (sempre a carico delle donne) e destinargli un salario. Sul tema della non autosufficienza ha sottolineato che molti giovani lo sono, e come la pandemia da Covid19 li abbia segnati anche dal punto di vista psicologico e anche psichiatrico, ma che non è stata prevista alcuna misura finalizzata al loro benessere. Ha sottolineato la necessità di intervenire nei Piani di Zona per portare un punto di vista femminista, perché il femminismo non è per le donne ma per tutti, in quanto è interesse di tutti vivere in una società giusta e sicura. Ha sollecitato incontri intergenerazionali più costanti, per definire le pratiche con le quali agire per realizzare gli obiettivi comuni.
Altro interessante argomento è stato introdotto da Assunta Decaro, responsabile del coordinamento donne del Piemonte, in merito ai “contributi silenti” cioè quei contributi versati all’Inps da parte delle donne che poi non riescono a realizzare il minimo contributivo utile per maturare il diritto alla rendita pensionistica.
È stata anche presentata la ricerca “Le forme di violenza di genere nella popolazione anziana”, che ha messo in luce come, alla base delle discriminazioni e degli stereotipi di genere, ci sia sempre la cultura patriarcale che inficia i comportamenti della nostra società a partire dalla scuola, procede nei luoghi di lavoro e nei rapporti sociali. L’indagine ha intercettato circa 8mila soggetti (77,1% donne e 22,9% uomini) in prevalenza ultra 65enni, ed ha evidenziato come si registra una maggiore fragilità in termini di basso livello di benessere soprattutto per coloro che vivono al Sud e nelle Isole, per i grandi anziani over 75, per gli stranieri, per chi ha titoli di studio più contenuti, per gli inoccupati e per chi vive da solo.
Per comprendere le risposte date in merito all’accettazione degli stereotipi di genere e ad alcuni comportamenti violenti, è stato necessario approfondire il contesto culturale all’interno del quale le persone vivono. L’analisi degli stereotipi di genere, legati alla tradizionale suddivisione dei ruoli e all’accettabilità di alcuni comportamenti relativi alla violenza sessuale, ha rilevato una maggiore condivisione negli uomini e nelle persone over 75.
L’analisi dell’ageismo ha permesso di capire quali sono le principali forme di discriminazione/pregiudizio che le persone anziane subiscono: ageismo digitale (inadeguatezza), ageismo dei mass media (svalorizzazione), ageismo sanitario (sentirsi un peso). Si è segnalato come le forme di ageismo siano più sofferte nelle aree del campione a più alta fragilità socio economica.
In merito all’ageismo Lidia Ravera ha presentato il suo libro “Age Pride”, che ha come sottotitolo “Per liberarci dai pregiudizi sull’età”. Una narrazione ironica e ottimista su come vivere il terzo tempo della vita, assoluta novità che tocca alla nostra generazione, che va vissuto con l’entusiasmo di cui siamo capaci e senza alcun senso di colpa.