Ci ha lasciato il grande cantautore veneziano Alberto D’Amico. Un grande amico e compagno della Cgil. Cantore e intellettuale della classe operaia veneziana. Vorrei ricordare il grande compagno e amico che è stato per me, un punto di riferimento per la cultura popolare veneziana.
Con lui ci si trovava dopo i concerti, ma anche a casa sua, vicino a campo Santa Margherita. Sono state per me esperienze importanti e straordinarie. Io ero un giovane giornalista della “Nuova Venezia”. In pratica la seconda generazione di giornalisti che seguiva Alberto e il suo passato di ricerca con il “Nuovo Canzoniere Veneto” con Gualtiero Bertelli e Luisa Ronchini.
Purtroppo non c’erano i telefonini, per fare i selfie. La mia macchina fotografica era avara. Per me, giovane giornalista – squattrinato - era un problema grosso. Dopo i concerti avevo già bruciato i pochi rullini che le mie povere tasche potevano permettersi. Chissà dove sono finite quelle foto, che avrei voluto riprendermi e con gusto rivedere insieme a quel ruvido e dolcissimo amico che era Alberto.
Alberto suonava per i suoi amici in un’amaca, con una chitarra – scordata, “ma non go voja de accordarla, va ben cussì” (non ho voglia di accordarla, va bene così). E infatti andava bene così.
È inutile (e impossibile) ricordare quante volte Alberto D’Amico sia stato un protagonista nelle battaglie sindacali e vicino alle rivendicazioni del sindacato. Sul palco del sindacato ha rilanciato - con le sue canzoni - dei valori profondi che hanno determinato un tratto importante della cultura popolare veneziana.
Quando saliva sui palchi delle nostre manifestazioni era sempre contento. La sua musica entusiasmava e faceva sentire una piazza unita. Sicuramente è stato il più amato cantore del mondo dei lavoratori veneziani, insieme a Gualtiero Bertelli e a Luisa Ronchini.
Nella sua – finta - ruvidezza, ha dato degli stimoli importanti per il nostro sindacato con le sue canzoni. Un intellettuale che, con la sua ricerca approfondita sulla canzone popolare, è stato importantissimo. Non solo per la città di Venezia ma per l’intero mondo di studiosi che tende alla valorizzazione delle tradizioni popolari, e specialmente per le istanze della classe operaia e dei lavoratori.
Nella sua seconda vita a Cuba ha promosso delle importanti esperienze di teatro e musica con bambini e ragazzini, che avrebbe voluto esportare. Me ne ha parlato più volte, quando ci si incontrava a Venezia. Da insegnante era proprio entusiasta di avere un gruppetto di ragazzini con cui lavorare.