l 30 giugno scorso è stata finalmente convocata l’assemblea generale della Camera del Lavoro di Catania, richiesta più volte da tanti compagni per aprire un dibattito e un’analisi politica sulle ultime vicende catanesi. Le notizie apparse sui giornali locali riportano le intercettazioni telefoniche tra un dirigente sindacale e un iscritto (quest’ultimo arrestato in regime di 41 bis) in un presunto intreccio con personaggi della mafia locale, facendo presagire un voto di scambio a favore di un ex segretario delle Cgil di Catania.
Purtroppo non è la prima volta che questo accade. Già nel 2015 nell’inchiesta “mafia capitale” che travolse anche la gestione del “Cara di Mineo”, comparvero due nomi di dirigenti che ricoprivano a quell’epoca ruoli apicali, chi provvisoriamente in politica e chi dentro la Cgil di Catania.
Aldilà delle vicende giudiziarie che hanno fatto e continueranno a fare il loro corso, e in virtù del fatto che le indagini nell’operazione “Malupasso” sono ancora aperte mentre sul Cara di Mineo si sono chiuse senza indagati, emerge in tutta la sua gravità il caso politico.
Per questa ragione era necessaria la discussione in seno all’assemblea generale che si è svolta, come era prevedibile, con tanti interventi apprezzabili dal punto di vista critico, e con interventi a sostegno dell’operato dell’attuale segretario generale, che ha dichiarato di aver agito in perfetta sinergia e continuità con i due predecessori che a partire dal 2002 hanno diretto la Cgil di Catania.
Per tutto il resto, mi duole dirlo, anche per mezzo della relazione del segretario generale, l’assemblea è stata più che un’analisi politica una vera e propria prova di forza, che si è concretizzata nei numeri e nel voto dei due ordini del giorno, uno presentato da un gruppo di compagni (tra questi il sottoscritto), che hanno richiesto le dimissioni del segretario e della segreteria, ottenendo 9 voti a favore, 2 astenuti e 79 contrari, e l’altro presentato del segretario Rota, che ha ottenuto 80 voti a favore, 8 contrari e 2 astenuti. Da tempo non accadeva che la Camera del Lavoro, seppur in video conferenza, registrasse una partecipazione così massiccia; purtroppo il più delle volte accade esattamente il contrario, e la partecipazione agli organismi è così esigua da raggiungere a malapena il numero legale.
E’ comprensibile che non si potesse sperare di meglio… Del resto, com’è tristemente noto, in questi anni il dissenso a Catania è stato perseguito e a volte persino debellato, come nel caso emblematico della Filcams dove, nel 2015, più della metà del gruppo dirigente, reo di aver messo in discussione e sfiduciato il segretario generale dell’epoca, fu oggetto, anche per volontà della Camera del Lavoro, di una vera e propria operazione di epurazione. A tutt’oggi, infatti, nessuno di quelle compagne e compagni, artefici di una battaglia politica condotta a viso aperto, fa parte degli organismi né della stessa categoria, né (figurarsi) della Cgil di Catania.
Di contro, è paradossale il fatto che, più o meno nello stesso periodo, dirigenti di altre organizzazioni sindacali passassero alla Cgil, ricoprendo ruoli politici importanti e guadagnando addirittura un posto in segreteria confederale. Tutto questo in barba alla politica dei quadri, alla valorizzazione dei dirigenti da anni in produzione, e in barba alla situazione di crisi economica che nel tempo si è sempre di più aggravata, per scelte incomprensibili come quella citata sopra.
Per quanto banale, la domanda sorge spontanea: in virtù di quale bisogno? Mi pare a questo punto sia del tutto superfluo aggiungere altro. Il risultato dell’assemblea del 30 giugno era scontato. Resta il fatto, che nelle conclusioni del compagno Nino Baseotto, che in video conferenza ha rappresentato la Cgil nazionale, vengono tracciate le linee guida dove si ravvisa, alla luce anche della parte più rilevante del dibattito, la necessità di avviare una fase volta al rinnovamento e al cambiamento. Questo rimane, per me, il dato politico più importante della giornata. Mi auguro che il resto, prima possibile e speriamo in tempi utili, possa essere ascritto al passato.