Mettere fine alla pandemia grazie alla protezione della salute e della sicurezza al lavoro: questo il tema del 2020 per la “Giornata mondiale per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro”. In tutto il mondo i sindacati ne hanno promosso la celebrazione, commemorando le lavoratrici, i lavoratori e i loro cari che hanno sacrificato la vita per contrastare la diffusione del covid-19.
Dall’inizio della pandemia milioni di persone hanno continuato a lavorare, spesso in condizioni non protette, esponendosi al rischio dell’infezione. Pensiamo agli addetti dell’assistenza sociosanitaria, con una massiccia presenza di donne, ai servizi di emergenza, all’agroalimentare, alle vendite al dettaglio e nei supermercati, a chi opera nei trasporti. Persone spesso pagate meno del salario di sussistenza, nonostante svolgano un ruolo essenziale nel tessuto sociale a livello globale. Sono loro che contrastano la pandemia, salvano vite umane e forniscono prodotti e servizi vitali a chi può restare a casa, e mantenere l’isolamento e le distanze fisiche.
In queste settimane alcuni analisti e commentatori hanno esaminato il rapporto tra la pandemia e gli effetti sulla democrazia, spesso individuandovi un’apparente relazione causa-effetto. Ma l’esperienza maturata mostra nitidamente che le possibilità di contagio, malattia e isolamento cambiano enormemente in base a chi sei, dove vivi, qual sia la tua condizione sociale ed economica, il tuo genere, se lavori laddove i tuoi diritti, a partire dalla libertà di associazione, sono riconosciuti.
Il virus non può colpire ugualmente chi non ha accesso all’acqua e al sapone per lavarsi le mani, chi si trova in prigione, in un centro di immigrazione, in un campo profughi, in una casa di riposo per anziani. Funziona diversamente se non hai una dimora, o se a casa vivi con un partner violento. Oppure ancora se sei in Yemen, Siria o Gaza, e la guerra ha distrutto gli ospedali, le case e tutte le strutture.
La pandemia si accompagna ad una crisi sociale ed economica di proporzioni enormi. L’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Oil-Ilo) prospetta un aumento di circa 34 punti nel tasso di povertà relativa dei lavoratori dell’economia informale a livello globale. Secondo le prime stime, 25 milioni di nuovi disoccupati nel mondo potrebbero aggiungersi ai 188 milioni del 2019.
La crisi ha anche rivelato notevoli lacune nella copertura dell’accesso alle prestazioni sanitarie e di malattia, insieme a un approccio ideologico regressivo e classista sull’universalità di diritto alle cure, e una progressiva erosione dei diritti sindacali. Eppure il ruolo della contrattazione collettiva nel garantire parità di tutela della salute, di salari e diritti del lavoro, si è dimostrato di fondamentale importanza per combattere le disuguaglianze e assicurare la sicurezza e la protezione del lavoro, segnando un’evidente differenza tra quei lavoratori che godono di questo diritto fondamentale, e quelli che sono sottoposti al ricatto quotidiano, economico ed esistenziale della legge del mercato.
La verità è che il covid-19 è arrivato nei nostri Paesi trovandovi sistemi sanitari non adeguati né preparati. Oggi i lavoratori stanno ancora pagando il maggior numero di scelte politiche sbagliate fatte negli ultimi decenni: anni di tagli alla spesa pubblica per la salute, di austerità e di privatizzazione dei servizi pubblici, che hanno minato la capacità di risposta alla crisi.
Adesso si impone un cambio di paradigma, sono necessarie altre scelte, basate su una profonda trasformazione del modello di sviluppo, sulla redistribuzione delle risorse, riforme fiscali, ingenti investimenti per garantire l’accesso universale nella protezione sociale, nei sistemi di sanità e istruzione pubblici, che siano adeguatamente dotati di personale e diritti dei lavoratori.
Da tempo il gruppo lavoratori del consiglio d’amministrazione dell’Ilo chiede che il diritto a condizioni di lavoro sicure e salubri faccia parte dei principi e dei diritti fondamentali sul lavoro dell’Oil, che costituiscono la struttura portante dell’agenda del lavoro dignitoso. I sindacati vogliono che il covid-19 sia riconosciuto come malattia professionale: i casi devono essere segnalati e registrati e devono essere istituiti sistemi di indennizzo per le vittime. Per questa ragione i sindacati chiedono che in ambito Ilo si discuta e adotti urgentemente una Convenzione, integrata da una Raccomandazione sulla protezione contro i danni biologici, che costituirebbe una risposta importantissima del sistema multilaterale alla pandemia.
Resta fermo che governi e istituzioni dovrebbero dare sostegno incondizionato ai paesi più poveri per limitare l’impatto di covid-19, sul presupposto che il diritto fondamentale e primario di tutti è semplicemente quello di vivere e lavorare in un mondo sicuro. Ancora una volta, come la Sstoria conferma, il sindacato ha un ruolo vitale di rappresentanza e tutela nella lotta per l’uguaglianza, la giustizia, la pace e la democrazia.