L’assemblea nazionale delle donne dello Spi, a Roma il 4 e il 5 dicembre scorsi, ha avuto ancora come filo conduttore la parola “concrete”. La concretezza è da sempre la misura del fare delle donne, affiancata alla capacità di analizzare le cose del mondo. Definite da Barbara Mapelli, pedagogista, donne “della prima volta” (nel mondo del lavoro, nella politica, nelle istituzioni, nel sindacato, nelle professioni riservate solo agli uomini, ecc.), le donne riunite in assemblea, rappresentative della generazione delle battaglie per la conquista della parità dei diritti e del femminismo, hanno dovuto affrontare nella propria vita tanti ambiti di impegno, privati e pubblici. Essere “concrete”, efficienti ed efficaci era ed è quasi una condizione di sopravvivenza.
I temi trattati nei due giorni riguardano la vita delle donne, la loro condizione economica e sociale, la loro salute, e anche come questa società le discrimina e le emargina, spesso con violenza. A partire dalla condizione economica. Il gap che le donne subiscono nelle condizioni di lavoro e in quelle salariali non è accettabile, tanto più a distanza di 40 anni dalla legge 903 sulla parità tra uomo e donna. La differenza salariale trascina i suoi effetti in modo ancora più significativo sulle pensionate, determinando condizioni di vita pesanti con livelli pensionistici troppo bassi.
Il risultato ottenuto nella “Fase 1” con l’ampliamento della quattordicesima mensilità per pensioni fino a circa mille euro, percepite in gran parte da donne, ha rappresentato un’importante boccata d’ossigeno. Il tema del riconoscimento del lavoro di cura, posto dai sindacati nella “Fase 2”, non ha prodotto risultati significativi. E’ del tutto irrisorio il numero delle donne che potranno accedere al pensionamento anticipato con il meccanismo dell’Ape sociale. Condivisibile, da questo punto di vista, il giudizio negativo della Cgil, che anche su questo ha motivato le manifestazioni del 2 dicembre. L’auspicata riapertura della trattativa non potrà prescindere dalla riproposizione di questo tema, come ha sostenuto Susanna Camusso, intervenendo all’assemblea.
A circa una settimana dalla giornata internazionale contro la violenza sulle donne, questo terribile tema non poteva non essere al centro della discussione. In Italia ogni due giorni una donna viene uccisa, quasi sempre dal marito, dal convivente, dal fidanzato, molto spesso ex. Se il dramma della violenza sulle donne è alla ribalta, soprattutto quando (troppo spesso) si verificano delitti efferati, le azioni per contrastarla non sono sufficienti. Poco o niente si fa per modificare la secolare cultura che delinea i ruoli degli uomini e delle donne, assegnando ai primi la supremazia sulle seconde, l’humus per comportamenti violenti e criminali.
La lettera aperta del presidente del Senato, Pietro Grasso, nella quale denunciava la responsabilità degli uomini per non aver mai messo in discussione la dominante cultura patriarcale, è praticamente caduta nel vuoto. Confermando quanto sia ancora lontano il momento in cui gli uomini finalmente faranno i conti collettivamente con gli antichi retaggi.
L’autodeterminazione delle donne, pilastro delle conquiste degli anni ‘70, è seriamente in pericolo. L’accerchiamento alla legge 194, perpetrato dalle istituzioni sanitarie e da un grande numero di figure mediche e paramediche attraverso la subdola arma dell’obiezione di coscienza, colpevolmente non riconosciuto dalla ministra della sanità Beatrice Lorenzin, costituisce un forte campanello d’allarme. Tema dibattuto con grande passione e partecipazione: questa generazione di donne è quella che si è battuta per la conquista della legge 194, e oggi non accetta di vedersela annullare. Nè accetta lo svuotamento dell’altro pilastro delle conquiste degli anni ‘70, i consultori. Forte è stato il richiamo da parte della segretaria nazionale Lucia Rossi a difenderli, qualificandoli, allargandone la fruizione anche alle donne non più in età fertile, oggi praticamente escluse.
Sui temi discussi le donne Spi lavorano quotidianamente nei territori, costruendo iniziative e confronti, e provando a trasferirli nei tavoli di contrattazione sociale. Il loro impegno nei territori è anche rivolto all’aiuto e alla solidarietà nei confronti delle donne provenienti da altri paesi. Anche con aiuti concreti, come la collaborazione con le donne della sartoria sociale di Castel Volturno, per contribuire a smantellare la cultura razzista e xenofoba che sta pervadendo il paese.
Due giornate di discussione intensa e appassionata che non ha tralasciato argomenti più intimi, come l’amore nell’età più avanzata e nelle forme più varie e aperte. Due giornate che consegnano allo Spi un’agenda politica densa ma, nel contempo, innovativa e stimolante, anche in vista della prossima discussione congressuale.