E' stato presentato nei giorni scorsi l’ottavo rapporto sulla contrattazione sociale territoriale, frutto del lavoro condotto dall’Osservatorio, del quale sono parte la Cgil (area welfare), lo Spi e la Fondazione Di Vittorio.
Non si è trattato di un momento meramente formale. Al di là dell’interessante e proficuo confronto che ha seguito l’illustrazione dei dati – animato da dirigenti sindacali, rappresentanti delle istituzioni territoriali ed esperti – ha rappresentato un focus utile nel progetto di rilancio e sviluppo della contrattazione sociale territoriale. Un percorso avviato con un primo appuntamento nazionale il 16 maggio scorso, e proseguito con incontri nelle regioni che hanno coinvolto tutte le Camere del Lavoro territoriali, le categorie, il sistema servizi, le associazioni riconducibili alla Cgil.
Un percorso, coerente con le decisioni dell’ultimo Congresso e della Conferenza di organizzazione, segnato dall’ulteriore nevralgico seminario nazionale del 26 e 27 ottobre, finalizzato ad analizzare lo stato dell’arte, individuando criticità e potenzialità, ponendo le basi per un lavoro capace di coinvolgere tutte le articolazioni della Cgil per rafforzare e valorizzare la contrattazione sociale, imprescindibile terreno d’iniziativa sindacale volta all’interesse generale.
I dati contenuti nel rapporto forniscono un importante contributo per la compiuta definizione e la realizzazione di un progetto mirato a ridurre la distanza tra la capacità di azione sindacale e la soddisfazione dei bisogni dei lavoratori, pensionati e cittadini. Con l’efficacia dei numeri, ci descrivono limiti, avanzamenti, cose fatte e da fare, sia sul versante delle materie della contrattazione che su quello delle modalità con le quali si costruiscono le piattaforme e si coinvolgono – con percorsi democratici e partecipati – i beneficiari degli accordi.
Dal 2011 al 2016 l’Osservatorio ha raccolto 5.698 documenti, sottoscritti prevalentemente unitariamente dalle organizzazioni dei pensionati e, non sempre, da quelle confederali. Di questi, 3.860 attengono ad accordi, protocolli ed intese; 1.654 riguardano verbali di incontro; solo 184 sono le piattaforme negoziali.
Nel 2016 si è registrata (rispetto al 2015) una sensibile contrazione complessiva dei documenti raccolti. Al di là di molte altre spiegazioni, che interessano anche specifiche tendenze regionali e territoriali, il passggio dai 1.111 accordi, verbali e piattaforme del 2015 agli 894 del 2016 (con un decremento percentualmente rilevante) interroga su aspetti generali e complessivi. Ad esempio, su come l’anno scorso possa essere stato segnato – nei livelli territoriali – da quell’onda lunga della “disintermediazione” alla quale facciamo fatica ad opporci, finendo spesso per subire un’azione ed una cultura con la quale si cerca di marginalizzare e ridurre il ruolo negoziale del sindacato.
A riprova di questa tesi vi è la diminuzione sensibile in una regione, tradizionalmente positivo esempio per la quantità e qualità della contrattazione sociale, come la Toscana, che da qualche anno è patria e laboratorio dei promulgatori dell’attacco ai corpi intermedi. Se è così, nell’ambito del progetto di rilancio e sviluppo della contrattazione sociale territoriale, dobbiamo lavorare per trovare i giusti antidoti per riaffermare pienamente il ruolo negoziale del sindacato.
I dati raccolti e il lavoro di ricerca e analisi dell’Osservatorio rappresentano un importante punto di partenza, perché raccontano di una difficoltà (presente nell’intero territorio nazionale) nel considerare la contrattazione sociale territoriale, non come una materia da delegare a qualche specialista, al solo Spi Cgil e a qualche volenteroso dirigente confederale, bensì come momento nel quale le Camere del Lavoro – intese come unione del popolo lavoratore e dei pensionati – nel rapporto unitario con le altre confederazioni, si impegnano per l’interesse generale facendosi carico dei problemi e delle esigenze dei cittadini (in una condizione di prossimità territoriale), in tema di sanità, politiche sociali e per l’occupazione, trasporti, edilizia, fiscalità, contrasto alla povertà, per azioni volte all’accoglienza e all’integrazione.
Una contrattazione che deve vedere protagoniste tutte le categorie dei lavoratori e il sistema servizi, e nella quale coinvolgere, in termini di partecipazione diretta, i lavoratori, i pensionati, i cittadini tutti. E’ questo nuovo e necessario approccio che può aiutare nella riaffermazione del ruolo negoziale e contrattuale del sindacato. Infatti, quando le controparti istituzionali non sono aperte e disponibili a un confronto, che non può essere imposto per leggi e dettati contrattuali, soltanto la capacità di coinvolgimento, di lotta e di mobilitazione può produrre avanzamenti e risultati.