Cona: la marcia della dignità - di Paolo Righetti

Non c’è alternativa a una gestione efficace e organizzata, non emergenziale, del fenomeno migratorio, nel rispetto di diritti umani, solidarietà, convivenza civile e multiculturale.

A distanza di neanche un anno, al centro di accoglienza straordinario di Cona, in provincia di Venezia, è riesploso il forte disagio per una situazione insostenibile per la dimensione delle presenze e le problematiche condizioni di vita che lo caratterizzano.

Qualche centinaio di migranti è uscito dal centro mettendosi in marcia per giorni verso la Prefettura di Venezia. Un’iniziativa rischiosa per i richiedenti asilo che vi hanno partecipato, che rischiavano di essere esclusi dal circuito della protezione umanitaria. Ma originata da un disagio reale e da una condizione inaccettabile, che si protrae da lungo tempo. Una richiesta, prima di tutto, come hanno affermato molti dei rifugiati protagonisti della marcia, di veder riconosciuta la propria dignità di persone.

Anche se priva di una prospettiva precisa, e in parte strumentalizzata da soggetti terzi, la “marcia della dignità” ha raccolto attenzione e solidarietà. La Diocesi ha messo a disposizione alcune strutture parrocchiali per un’ospitalità di emergenza, attirandosi per questo un vergognoso attacco di Forza Nuova, a testimonianza di un imbarbarimento culturale che fa prevalere l’odio, la discriminazione, il razzismo sulle ragioni del vivere civile e della solidarietà.

La Prefettura e le forze dell’ordine hanno gestito la situazione accompagnando l’iniziativa di protesta, orientando a un rientro nel centro e trovando soluzioni per una parziale riallocazione.

Questi fatti ripropongono con evidenza le difficoltà e la lentezza nel trovare soluzioni diverse rispetto alle grandi concentrazioni con condizioni di sovraffollamento e di disagio insostenibili per i migranti e per il territorio che li accoglie.

Ripropongono con forza l’esigenza di un sistema di accoglienza più strutturato ed efficiente, migliorando e rafforzando il coinvolgimento e il coordinamento tra organismi istituzionali centrali e territoriali, sia per i criteri di ripartizione, sia per l’individuazione dei siti, degli edifici, delle strutture più idonei. Confermano la necessità dell’estensione del sistema di accoglienza diffusa, responsabilizzando tutti i comuni, come condizione più favorevole per un’equa e proporzionale distribuzione, per rendere possibili e praticabili gli interventi necessari per una maggiore inclusione sociale, dalla formazione linguistica, culturale e giuridica, all’inserimento transitorio in lavori di pubblica utilità, fino al coinvolgimento dei migranti nelle politiche attive del lavoro.

E’ proprio l’ approccio di netta chiusura e rifiuto della maggior parte dei Comuni ad aderire al sistema Sprar che porta a quelle concentrazioni. Un approccio contradditorio perché perfettamente analogo a quello dell’Europa nei confronti dell’Italia, che giustamente si richiede di cambiare. Un approccio alimentato politicamente in modo strumentale e speculativo e sostenuto da una regressione sul piano culturale e solidale che porta a rifiutare qualsiasi percorso e azione di accoglienza e integrazione.

Si alimenta la convinzione e l’illusione che sia possibile eliminare il fenomeno migratorio con muri e respingimenti, che sia possibile uno stop totale a nuovi ingressi, che sia praticabile un rimpatrio di massa di chi non ottiene il riconoscimento dello status di rifugiato.

Non c’è invece alternativa a un governo e a una gestione efficace e organizzata, non più emergenziale, del fenomeno migratorio, a interventi concreti e praticabili e nel rispetto dei valori irrinunciabili di solidarietà, di rispetto dei diritti umani, di convivenza civile e multiculturale.

Come Cgil del Veneto siamo da tempo impegnati a sollecitare questa impostazione a livello istituzionale, politico, sociale, a costruire una rete di relazioni e alleanze, nella consapevolezza che è necessario mettere in campo un’azione più organica e continua di intervento nell’ambito della contrattazione sociale e territoriale ma anche e soprattutto sul piano culturale e valoriale, all’esterno e all’interno della nostra organizzazione.

Per questo stiamo programmando iniziative pubbliche e visibili che promuovano un’idea diversa del governo dei processi migratori, che rilancino le nostre proposte e rivendicazioni, tenendo intrecciate le politiche di accoglienza e integrazione, le politiche di welfare, le politiche del lavoro in una prospettiva di universalità, esigibilità e omogeneità dei diritti sociali e di cittadinanza.

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