La nuova legge sulla cittadinanza finalmente in aula al Senato. Per le forze politiche non ci sono più alibi: va approvata al più presto.

Il 15 giugno scorso, dopo una seduta rocambolesca dei lavori di aula al Senato, il disegno di legge 2092 “Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, e altre disposizioni in materia di cittadinanza” è stato finalmente incardinato nei lavori di aula. L’articolo 44 del Regolamento del Senato prevede infatti che, nel caso in cui l’esame di un disegno di legge non sia concluso in commissione, sia possibile calendarizzarne la discussione direttamente in aula senza che vi sia una relazione. E per ben diciotto mesi è stato impossibile trovare un accordo in commissione, anche (ma non solo) a causa dei più di 47mila emendamenti ostruzionistici presentati dalla Lega Nord.

Contemporaneamente all’arrivo in aula del provvedimento, era in corso, nelle vicinanze del Senato, una manifestazione di Forza Nuova e Casa Pound contro la riforma: i fascisti nostrani non perdono occasione per dimostrare il loro razzismo militante. Questa volta è prevalso il senso di responsabilità da parte di alcuni gruppi parlamentari – Pd, Mdp, Si - che con grande determinazione hanno deciso in modo compatto di andare avanti per incardinare il disegno di legge, nonostante la vergognosa rissa scatenata in aula dalla Lega, tesa solo a far saltare la seduta.

In Italia quasi un milione di bambini e ragazzi, figli di stranieri, nati in Italia o arrivati da piccoli, attende da anni la riforma della legge 91/92 sulla cittadinanza. Si tratta di un misto tra “ius soli” e “ius culturae”, in quanto la proposta di legge approvata dalla Camera il 15 ottobre 2015 prevede – per chi è arrivato in Italia dopo i 12 anni di età - di accedere alla cittadinanza italiana dopo aver completato almeno un ciclo scolastico nel nostro paese. Ma da venti mesi il testo di riforma giace al Senato, senza che la prima commissione si sia mai riunita per discuterlo.

Questa legge è anche il frutto di una proposta di iniziativa popolare promossa dalla rete di associazioni e sindacati “L’Italia sono anch’io”, di cui la Cgil fa parte, che avevano raccolto oltre 200mila firme, tra il 2011 ed il 2012, su un articolato più netto sull’acquisizione della cittadinanza, e che includeva anche il diritto di voto amministrativo per gli immigrati residenti.

Oggi questa legge di riforma giunge in aula al Senato in un momento reso incerto dal clima politico e dalla rincorsa di alcuni partiti a campagne razzistiche e anti straniero.

Non è il momento di fermarsi: il Senato deve accelerare per approvare il disegno di legge. E’ un atto di civiltà non più rinviabile: le ragazze e i ragazzi figli di migranti, nati o cresciuti in Italia, sono italiani a tutti gli effetti. Negare loro l’opportunità di essere riconosciuti (oltre che di sentirsi) italiani sarebbe ingiustificabile: un atto di cinismo e opportunismo politico che mina i principi fondamentali di diritto di cittadinanza della nostra Carta costituzionale. Anche un atto di autolesionismo di alcune forze politiche populiste, razziste e xenofobe, molto lontane da quello che pensa la maggior parte dei cittadini italiani: infatti, i sondaggi ci dicono che più del 70% degli italiani è d’accordo a riconoscere lo “ius soli”.

Le organizzazioni della campagna “L’Italia sono anch’io” e il movimento “italianisenzacittadinanza”, promosso dalle seconde generazioni, annunciano iniziative di mobilitazione continua affinché la riforma venga approvata al più presto.

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