Il 18 giugno scorso il comitato “Nograndinavi-laguna bene comune” ha organizzato un referendum popolare autogestito: un’iniziativa pubblica che, per il suo successo, sta finalmente facendo discutere media (soprattutto internazionali), politici, istituzioni e un po’ meno i sindacati. Nel dettaglio, 18.105 persone si sono recate ai 60 gazebo allestiti a Venezia e anche in alcuni comuni della gronda lagunare, come Chioggia e Mira. Il tutto grazie all’apporto di circa duecento volontari che distribuivano una scheda elettorale con il quesito: “Vuoi che le grandi navi da crociera restino fuori dalla laguna di Venezia, e che non vengano effettuati nuovi scavi all’interno della laguna stessa?”.
Il risultato è stato netto: 17.874 per il Sì, 180 per il No, con 51 schede nulle. Un esito scontato. Ma non era scontata la massiccia partecipazione al voto, con code che mettevano in difficoltà gli stessi organizzatori, non prevedendo tale affollamento, e con le proteste di persone che chiedevano proroghe alla chiusura dei seggi. Potevano votare, con documento di riconoscimento, tutti coloro che quel giorno erano presenti sul territorio, anche non residenti.
E’ stata una domenica straordinaria, dopo tante e tante battaglie, manifestazioni, convegni, proposte progettuali alternative (anche per salvaguardare i posti di lavoro del settore), dove si è dato voce a chi Venezia la ama, la difende e si oppone allo stupro continuo delle sue bellezze. La sottosegretaria ai beni culturali Ilaria Borletti Buitoni ha commentato: “Il referendum sulle grandi navi è stato un risultato importante, di cui la politica e l’amministrazione della città non possono non tener conto”. Eppure sono passati ben cinque anni da quando il decreto Clini-Passera ha teoricamente vietato il passaggio delle navi superiori alle 40mila tonnellate di stazza lorda. Era il 2 marzo 2012.
Da allora nulla è cambiato. Ogni giorno Venezia continua ad essere violentata dal traffico crocieristico con navi che superano le 100mila tonnellate di stazza, con gravi conseguenze per rive e fondali danneggiati. La più grande laguna dell’emisfero settentrionale erosa da sedimenti irrecuperabili che si versano in mare, l’aria avvelenata da smog.
Scandaloso far passare le grandi navi in bacino San Marco, e pertanto in questi cinque anni si sono inventati i progetti più fantasiosi e dannosi: prima il “Contorta” e poi il “Tresse” (entrambi clamorosamente bocciati), oggi il “Vittorio Emanuele”, ovvero collegando il “canale dei petroli”, che unisce la bocca di porto di Malamocco con Porto Marghera, al cuore della città, mettendo ancora più a rischio il già provato equilibrio idro-morfologico, e prevedendo enormi scavi in laguna: sei milioni di metri cubi di fanghi prevalentemente tossici.
Quest’ultimo progetto, con un percorso di 25 chilometri, avrebbe effetti devastanti per la morfologia lagunare a causa dell’erosione dei bassi fondali prodotta dal dislocamento provocato dalle navi. Il “Vittorio Emanuele” poi non prevede il rischio chimico: il tracciato interferisce in maniera rilevante con le aree interessate al rischio chimico, in particolare con l’impianto di Cracking della Versalis e con l’isola dei petroli, inserite nella mappa delle imprese che possono comportare potenziali rischi di incidenti.
Al tempo stesso si sottovaluta il problema della commistione di traffico navale. Mercantili (anche con merci pericolose), traghetti, chiatte, crociere possono comportare continue congestioni ed interferenze, considerato che la navigazione lungo tutto il tragitto è a senso unico. Una commistione di traffici che, oltre ad abbassare il livello di sicurezza, penalizzerà inevitabilmente le attività del porto commerciale di Marghera. L’Autorità portuale ha già previsto una riduzione del traffico commerciale del 33%: una penalizzazione che la città ed i suoi lavoratori non si possono permettere.
Viene bocciata pure l’ipotesi di nuova stazione marittima a Porto Marghera, le cui criticità sono condivise, oltre che dalla Cgil, anche dal presidente dell’ente Zona Industriale di Porto Marghera, che raggruppa gran parte delle aziende insediate nel polo industriale e logistico. Infatti ha dichiarato: “...la realizzazione di nuove strutture dedicate alla crocieristica potrebbe nuocere alle attività industriale in termini di rumore, traffico di camion, ecc. Si deve tener conto che le industrie sono preesistenti...”.
Un messaggio al ministro Delrio: oggi in campo c’è una sola ipotesi per il nuovo terminal crocieristico, lo si può fare alla bocca di porto del Lido, fuori dalla laguna e senza nessun scavo di fondali. E’ l’ipotesi del progetto alternativo Duferco, l’unico promosso dalla Valutazione di impatto ambientale nazionale.