Prima conferenza europea per la democrazia energetica - di Simona Fabiani

 

A Ginevra, a metà giugno, c’è stata una due giorni di riflessione della Tued, rete sindacale per la democrazia energetica, per formare il nodo europeo di questa comunità globale. Coordinata dal programma internazionale per il lavoro, il clima e l’ambiente (Iplce) del Murphy Institute dell’Università di New York, Tued coopera con l’ufficio di New York della Fondazione Rosa Luxemburg, ed è affiliata al network Global Labour Institute (Gli).

Tued è nata per sviluppare la ricerca, l’analisi, la documentazione e la crescita di un movimento globale finalizzato a reclamare il controllo democratico sull’energia e la ricerca di soluzioni alla crisi climatica e alla povertà energetica, garantendo allo stesso tempo la protezione dei diritti del lavoro e del pianeta.

Ginevra, città scelta per questo primo incontro europeo, può essere assunta a simbolo delle contraddizioni che segnano la transizione energetica. La Svizzera, con il referendum sulla “legge dell’energia”, ha definito un primo blocco di riforme ambiziose per la “Strategia energetica 2050”, con l’obiettivo della transizione alle energie rinnovabili, l’abbandono del nucleare, la riduzione delle importazioni energetiche, e una forte riduzione dei consumi energetici pro-capite. Quest’ultimo obiettivo mira a ridurre di due terzi l’uso di energia, riportandolo ai livelli degli anni ‘60, dagli attuali 6mila watt pro-capite a 2mila watt pro-capite. Per capire le dimensioni, il consumo pro-capite in Europa è di 6mila watt, in Usa di 12mila watt, e in Bangladesh di 500 watt.

Allo stesso tempo la Svizzera, quale grande centro finanziario, detiene grandi capitali che finanziano le lobby delle fonti fossili. Anche qui, per avere un’idea dei volumi, le emissioni domestiche della Svizzera ammontano a 50Mt di Co2 equivalenti in un anno, le emissioni per prodotti importati a 110 Mt di Co2 equivalenti, mentre il volume di emissioni per anno dei capitali finanziari ammonta a 1.100Mt di Co2 equivalenti.

Nella riunione, il confronto fra le varie esperienze nazionali ha riguardato tutte le questioni chiave della transizione energetica, nel contesto europeo: la giusta transizione dei lavoratori, la povertà energetica, il controllo democratico dell’energia, il tema delle infrastrutture e degli investimenti, il ruolo pubblico per lo sviluppo e la creazione di posti di lavoro nei settori delle rinnovabili, dell’efficienza energetica e della mobilità sostenibile, la questione fiscale e dei sussidi per la transizione, le buone pratiche di sviluppo sostenibile, le difficoltà, le alleanze costruite e da costruire.

Nel corso dei lavori è emersa la necessità di approfondire la conoscenza dei vari paesi europei dal punto di visto del mix energetico e degli assetti proprietari, pubblici e privati, degli impianti di produzione e delle reti di distribuzione, perché spesso la discussione è resa difficile dal coesistere di situazioni nazionali molto diverse, di cui non si ha una reciproca conoscenza. E’ stato affrontato anche il tema dei fondi pensione, e di come la scelta del movimento sindacale di disinvestire dalle fonti fossili possa avere un ruolo determinante nel processo di decarbonizzazione dell’economia, oltre che positive ripercussioni economiche sui rendimenti dei fondi stessi.

E’ stato approfondito anche il tema delle emissioni e della sostenibilità dell’agricoltura, spesso sottovalutato. Una rappresentante di Via Campesina ha fatto il punto sulle responsabilità dell’agricoltura, soprattutto di quella intensiva: deforestazione per aumentare le culture intensive per l’esportazione; utilizzo di erbicidi e pesticidi; alto consumo energetico per i sistemi di irrigazione e le macchine, per il trasporto dei generi alimentari, la trasformazione, l’imballaggio e il congelamento; e infine gli scarti alimentari. Un’agricoltura sostenibile deve prevedere norme etiche ed ecologiche, prezzi giusti, salari adeguati e tutela dei diritti dei lavoratori, un mercato trasparente che permetta una ripartizione equa del valore aggiunto e non penalizzi gli agricoltori a favore della grande distribuzione e delle multinazionali.

La Cgil ha portato il suo contributo sul tema della giusta transizione verso lo sviluppo sostenibile a partire dal Piano del lavoro; da esperienze positive e opportunità di contrattazione territoriale sui piani energetici locali, pianificazione urbanistica e del traffico, mobilità, piani di efficienza energetica e appalti verdi; dall’avviso comune sottoscritto unitariamente tra confederazioni e Confindustria sull’efficienza energetica, e le alleanze con la società civile come la Coalizione Clima.

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