Il lavoro e la democrazia valgono la crisi di questo governo cinico e baro che, in una “manovrina” nella quale il lavoro era il grande assente, ha trovato il modo di riproporre una versione peggiorativa dei voucher. Un’azione vigliacca che toglie diritti, reintroduce altra precarietà nelle aziende sotto i cinque dipendenti, sostituisce il contratto di lavoro con un’intesa commerciale. Il tutto giustificato da una parte della politica che, in violazione dell’articolo 75 della Costituzione, ha dato prova di assenza di cultura istituzionale, di supponenza e di ignoranza sul diritto del lavoro. È uno strappo senza precedenti, uno scippo, un abuso istituzionale pericoloso da parte di una maggioranza di governo che accentra poteri e scardina le regole della democrazia rappresentativa.
Ma la Cgil non si arrende, e non lascerà nulla di intentato per richiamare tutti alle proprie responsabilità. Torneremo il 17 giugno a Roma per una grande manifestazione di popolo nella piazza storica della sinistra e del movimento sindacale, piazza San Giovanni. E saremo in tanti, donne e uomini che vogliono far sentire la propria civile protesta contro la violazione della nostra Carta costituzionale, per difenderla ancora come il 4 dicembre.
Saremo in piazza, consapevoli delle difficoltà ma determinati contro una preoccupante involuzione democratica che può aprire scenari inediti. Sarà una lotta, sindacale ma anche politica, nè facile nè breve. In discussione non c’è solo l’attacco al sindacato, l’aggressione alla Cgil, ma il fatto che se saltano le regole democratiche salta il patto, l’equilibrio sociale su cui si regge la nostra repubblica e si rompe il rapporto democratico tra cittadini e istituzioni già così logorato.
Il voto di fiducia sulla “manovrina” ha sancito l’inciucio Pd-Fi su modello elettorale e fine anticipata della legislatura: un vergognoso imbroglio ai danni di milioni di lavoratori, corresponsabile un presidente del consiglio alla mercé del suo capo di partito che ha come unico scopo di tornare a governare. Si sta toccando il fondo. Per questo la Cgil torna in piazza, consapevole del suo ruolo di rappresentanza e dei tanti fronti aperti, dai contratti, a fisco, pensioni e lavoro, ma determinata a non subire questa deriva antidemocratica. E a Roma saremo in tanti.
L’amministrazione Usa di Donald Trump non va solo a caccia del clima, pensa anche alle guerre. Solo così è possibile inquadrare il progetto di realizzare, fin dentro la base militare di Camp Darby, una nuova linea ferroviaria lunga 2,5 chilometri, per collegare la struttura alla stazione di Tombolo.
Nel piano rientra anche la costruzione di un ponte mobile sul Canale dei Navicelli, per permettere l’attraversamento dei treni, carichi di armamenti, oltre che la navigazione. Nel dettaglio, il progetto ha l’obiettivo di evitare il trasferimento su gomma delle armi, lasciando alla linea ferroviara il compito di far arrivare a Camp Darby tutto il materiale, militare e logistico, necessario alla vita quotidiana della base Usa. Secondo molti analisti bellici, il piano del Pentagono di potenziare le capacità della gigantesca struttura tra Pisa e Livorno, con un investimento di circa 50 milioni di dollari, potrebbe anche indicare la volontà dell’amministrazione Usa di far recuperare centralità a una base che ha trasformato mille ettari di territorio – in massima parte inseriti nelle aree protette del Parco di Migliarino-San Rossore-Massaciuccoli – in una struttura bellica.
E a proposito del parco, per far posto alla strada ferrata saranno abbattuti circa mille alberi, sette ettari di parco sui 36 interessati dal piano militare. Di qui la denuncia degli ambientalisti.
Mentre all’appello degli antiguerrafondai hanno risposto in più di 400, che si sono ritrovati il 2 Giugno scorso, festa della Repubblica, davanti a Camp Darby. Un presidio di resistenza alla guerra con in prima linea, fra le forze politiche, Rifondazione e Sinistra italiana, insieme a tante realtà di movimento della Toscana come il Coordinamento fiorentino contro la guerra.
Il settore della logistica e del trasporto merci sta subendo in questi anni una significativa trasformazione. La concentrazione delle imprese in grandi gruppi multinazionali stranieri, da un lato, e il rapido sviluppo dell’e-commerce sempre più orientato verso un modello di industria 4.0, dall’altro, stanno ora più che mai producendo ricadute sulle condizioni dei lavoratori. Si tratta di realtà dove la terziarizzazione del ciclo produttivo della movimentazione delle merci, e il conseguente affidamento delle lavorazioni a consorzi e cooperative con una lunga catena di appalti e sub-appalti, ha raggiunto il suo massimo picco. Parallelamente l’ormai consolidato modello del “just in time” ha rafforzato il ruolo strategico del trasporto dei beni.
Per garantire il servizio ai clienti e al contempo ridurre al massimo il costo del lavoro, operai e autisti vengono obbligati a massacranti ritmi di lavoro, spesso senza il rispetto delle norme di sicurezza, e retribuiti con bassi salari. La rapidità dei tempi di consegna è diventata un valore aggiunto. Ma il cliente finale, sia esso privato o industria, non conosce come lavorano e chi sono le figure che effettuano tutte le operazioni che intercorrono tra il momento in cui viene effettuato l’ordine e quello in cui la merce viene consegnata.
Appare quindi evidente quanto sia importante, e al contempo difficile, il compito del sindacato confederale per migliorare i salari e le condizioni di lavoro di coloro che lavorano in questo settore, che non dimentichiamo è spesso interessato da infiltrazioni della criminalità organizzata.
Da anni la Filt Cgil è impegnata in prima linea, e in Lombardia è stato importante il suo ruolo per far applicare il Ccnl in realtà nelle quali regnavano caporalato e sfruttamento. Non va dimenticato che si tratta di un mondo composto in prevalenza da lavoratori stranieri, che parlano lingue diverse a appartengono a culture spesso assai differenti tra loro.
Anche negli ultimi mesi i risultati non sono mancati. Partiamo dai driver di Dhl Express. Già dal 2015 si era siglato un accordo quadro con il committente, che prevedeva il graduale affidamento del servizio appaltato a società di capitale anziché a cooperative, trasformando contestualmente i lavoratori da soci a dipendenti, con la totale applicazione del Ccnl, e inoltre ticket restaurant e indennità economica legata alla tipologia di mansione svolta. Solo nella provincia di Milano questo ha fatto sì che oltre 400 autisti venissero trasformati da soci-lavoratori a dipendenti.
Dopo alcuni mesi è però emerso che non tutte le norme venivano regolarmente rispettate, e nel marzo scorso, dopo due giornate di sciopero che hanno visto un’adesione superiore all’80%, è stato siglato un accordo di secondo livello che prevede un’ulteriore indennità annuale di 1.600 euro e l’installazione di strumenti di rilevamento presenza, affinché tutte le ore di straordinario siano regolarmente retribuite.
Sempre per quanto riguarda il mondo dei driver, si è riusciti ad oltrepassare un muro che sembrava invalicabile, sindacalizzando per la prima volta una parte della filiera del gigante dell’e-commerce Amazon. Ci si trovava di fronte ad un mare di irregolarità: non applicazione del Ccnl, mancato rispetto delle norme sugli orari di lavoro, e utilizzo spropositato del part-time e dei contratti a tempo determinato. Anche qui, grazie alla mobilitazione dei lavoratori, con una sola giornata di sciopero si è arrivati alla firma di un accordo, mediante il quale viene stabilità la regolarità in questa parte della filiera.
Nei magazzini della logistica, sicuramente il risultato più rilevante riguarda gli impianti di Dhl Supply Chain di Settala e Liscate, dove operano 400 soci-lavoratori e vengono movimentati prodotti farmaceutici e hi-tech. La nostra presenza è qui consolidata da anni. Siamo riusciti da tempo a far applicare il Ccnl, ma è stato nel mese scorso che, grazie alla perseveranza, si è raggiunto l’obiettivo di siglare degli accordi che osiamo definire storici in quanto producono un significativo balzo in avanti delle condizioni dei lavoratori.
Nello specifico si è ottenuto di vedere riconosciute le indennità di malattia e infortunio al 100% fin dal primo giorno, il pagamento di un ticket, oltre alla mensilizzazione degli istituti contrattuali, la garanzia delle 8 ore giornaliere di lavoro, e il riconoscimento dei livelli di inquadramento sulla base delle mansioni svolte. Risulta quindi evidente quanto sia importante in questo comparto la presenza e la rappresentatività del sindacato confederale, per continuare il percorso intrapreso nella direzione della regolarità e della legalità.
Sono passati due anni dall’elezione a sindaco di Venezia di Luigi Brugnaro, titolare dell’agenzia interinale Umana (si noti la delicata scelta del nome per una agenzia che si occupa di intermediazione di personale). Due anni durante i quali il sindaco fucsia ha potuto esprimere la sua idea di gestione della cosa pubblica. Da vero padrone delle ferriere ha subito rifiutato il confronto con le organizzazioni sindacali, e ha iniziato un percorso di tagli e politiche lacrime e sangue nei confronti dei dipendenti e conseguentemente dei servizi, culminato a fine 2016 con la mancata conferma, pur essendocene le condizioni, di un centinaio di lavoratori a tempo determinato impiegati in comune per garantire i servizi.
L’alibi del rispetto del patto di stabilità e la scelta politicamente perversa che un ente locale si possa amministrare come le proprie aziende ha prodotto un clima vertenziale su tutto e tutti. Alcuni settori dell’amministrazione sono stati colpiti più di altri, ma le riorganizzazioni senza alcun confronto, gli atti unilaterali e le iniziative antisindacali, come la sostituzione da parte di dirigenti degli ispettori comunali del Casinò in stato di agitazione, costata al Comune la condanna per attività antisindacale, hanno spaziato per tutta l’amministrazione.
Tagli anche di 500 euro mensili sul salario accessorio hanno impoverito le buste paga, già penalizzate da un rinnovo contrattuale che si fa attendere dal 2009. E non pago della sua opera di distruzione dell’esistente, nel luglio scorso, il sindaco ha imposto con atto unilaterale il contratto integrativo 2016, all’interno del quale viene inserito come novità l’istituto delle “idee vincenti”, invenzione mai apparsa nelle declaratorie del Ccnl di settore, che dovevano essere presentate entro il 31 dicembre scorso e a cui è stato destinato un budget di 426mila euro. Inoltre, per quanto riguarda il sistema di valutazione, gli obiettivi per il 2016 sono stati assegnati nei primi mesi del 2017 e di conseguenza i giudizi espressi non potevano essere basati sull’operato dei dipendenti, bensì al massimo su sensazioni, per non dir di peggio.
In questo clima non proprio idilliaco la Cisl, unica organizzazione sindacale, ha deciso di ascoltare le lusinghe del sindaco e di siglare il mese scorso il contratto decentrato 2017 imperniato su questi esempi di scempio normativo. La risposta della Rsu e degli altri sindacati, che ha visto nella Fp Cgil il motore della protesta, ha portato 1.136 dipendenti, fra i quali anche chi aveva tratto benefici, a presentare un ricorso per rispedire al mittente il sistema di valutazione basato sulle idee vincenti, privo di qualunque legame con obiettivi e risultati da raggiungere. Una risposta che parte dal presupposto che quelle risorse sono pubbliche, e non possono essere spese senza criterio e trasparenza.
La Cgil ha anche presentato un esposto alla Corte dei Conti, che sta indagando, perché assegnare 740 euro a chi propone l’acquisto di apparecchi elettrici nei bagni per asciugarsi le mani, o 555 euro per una riflessione (senza proposta) sull’importanza di una vita senza fumo e con una dieta sana, o 1.945 euro a chi partecipa e propone quattro idee, quali utilizzo di unità cinofile, utilizzo di droni, creazione di mensa e palestra per la polizia municipale, pare veramente una frode.
Ma la mobilitazione a seguito della firma del contratto decentrato con la sola Cisl ha conosciuto il suo apice con il referendum promosso da Cgil, Csa, Uil, Diccap, Cobas e Rsu. Il contratto truffa non ripristina il sistema di relazioni sindacali, non garantisce diritti quali i permessi per visite mediche o i permessi studi, non c’è traccia delle garanzie di salute e sicurezza, mentre l’amministrazione conquisterà la facoltà di gestire a proprio piacimento l’orario di lavoro e l’organizzazione dei servizi.
Sebbene avversato in tutti i modi dal sindaco Brugnaro, che non ha concesso le sedi per la raccolta dei voti e ha parlato di brogli e dell’impossibilità di verificarne la regolarità, evocando gli anni bui della Repubblica, ben 2.232 dipendenti, il 77,39% degli aventi diritto, hanno votato con un risultato chiarissimo: I “sì” al contratto separato sono stati 33, pari al 1,5% ,e i “no” ben 2.185, pari al 98,5%, con sette schede bianche e sette nulle. Una vera lezione di democrazia che rafforza la rappresentanza sindacale dei comunali veneziani, e condanna pesantemente le convinzioni del sindaco fucsia.