Dentro la Rivoluzione d’Ottobre - di Pericle Frosetti

 

Il libro di Guido Carpi “Russia 1917: un anno rivoluzionario” (Carocci editore, pagine 199, euro 17) è un affresco, una narrazione scritta con le parole di chi quei fatti li ha vissuti, e li ha giudicati sul momento.

Si avvicina il centesimo anniversario della Rivoluzione di Ottobre. Segno del momentaneo trionfo del liberismo economico e politico in questa parte del globo, la ricorrenza non è ancora all’attenzione dei mass media; né si annunciano, per il momento, nuovi saggi sull’argomento. Il clima è questo.

I nemici del socialismo sono così forti e arroganti che solo poche settimane fa, sul Corriere on line, il giornalista di lusso della borghesia benpensante Pierluigi Battista ha approfittato di una mostra dedicata ai manifesti della Rivoluzione culturale cinese (che c’entra? C’entra, c’entra eccome) per infamare, senza far nomi, tutti quelli che al comunismo hanno creduto.

In questo, spero momentaneo, deserto di iniziative, è appena uscito per i tipi di Carrocci editore “Russia 1917: un anno rivoluzionario” di Guido Carpi. Una cronaca ricostruita su testi contemporanei dei frenetici mesi e giorni che vanno dalla rivoluzione di febbraio a quella d’ottobre. Guido Carpi è un docente di Lingua e letteratura russa dell’Università orientale di Napoli. Questo saggio sulla Rivoluzione sovietica mi pare sia nato nelle more delle ricerche e degli studi che hanno accompagnato la pubblicazione della sua storia della letteratura russa.

Dunque non vi aspettate di leggere un saggio storico, anche se di storia si tratta ed ogni cosa che leggerete è documentata, ogni riflessione trova fondamento in una saggistica vasta e conosciuta, e le fonti sono tutte citate e riportate in una ampia, esaustiva e ragionata bibliografia a fine volume. Quel che comparirà davanti ai vostri occhi è un affresco, una narrazione come si dice oggi, scritta con le parole di chi quei fatti li ha vissuti e li ha giudicati sul momento, o pochi anni dopo nella memorialistica autobiografica. Narratori diversi, di orientamento diverso, ostili o favorevoli alla rivoluzione, o tutte e due le cose insieme a seconda del momento.

A far da contrappunto, l’azione di Lenin e dei bolscevichi, il ruolo che acquistano passo dopo passo (di corsa, beninteso) nell’organizzare la massa operaia della Guardia rossa, e nella determinazione di prendere il potere. Emergono con pennellate rapide figure di rivoluzionari e di controrivoluzionari, uomini e donne, aristocratici, borghesi e proletari (indicati qui in ordine inverso di importanza), gente del popolo, dirigenti politici, artisti e intellettuali. Il protagonista corale sono i proletari e i contadini con le loro contraddizioni e aspettative diverse, con il loro modo violento, determinato di fare la rivoluzione.

Dal punto di vista psicologico, una negazione fattuale del “politicamente corretto” e di una immagine edulcorata della rivoluzione. Che rimane, come scrisse pochi anni dopo un prestigioso dirigente rivoluzionario, un’azione violenta con cui una classe ne rovescia un’altra per prendere il potere.

In questa narrazione corale largo spazio trovano gli artisti, gli scrittori, i poeti, la ricostruzione fattuale del legame tra lavoro culturale e movimenti sociali. Non poteva essere altrimenti con Carpi. Mentre leggi, corri il rischio di innamorarti anche tu, come Guido Carpi, dei popoli russi, degli ebrei in particolare, della loro cultura, della loro psicologia sociale, dell’idea comunista e del leader della rivoluzione, Lenin.

Chiude il libro una citazione coeva di un regista teatrale armeno, che sarebbe scomparso pochi anni dopo ma che avrebbe avuto influenza decisiva sulla cultura sovietica: “(…) sono certo, so che l’operaio a cui adesso appartiene lo Stato, che è padrone di esso, saprà riparare tutto ciò che è stato distrutto. E non si limiterà a ‘riparare’, ma anche edificherà. Sarà per sé che adesso edificherà”. La lezione immortale dell’Ottobre sovietico. Lo scopo di questa recensione, e spero di esserci riuscito, è di indurre alla lettura. Mi permetto quindi un consiglio finale per una riedizione. L’apparato delle note dentro il testo affatica la lettura. Suggerisco di spostarle a piè di pagina.

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