La battaglia europea per vietare il glifosato punta ad un nuovo modello di agricoltura per un futuro libero dai pesticidi.

Il glifosato è l’erbicida oggi più utilizzato al mondo essendo presente in 750 diversi formulati ed è il diserbante maggiormente collegato alle sementi geneticamente modificate (ogm) di mais, soia e cotone, il cui Dna è stato manipolato per resistere a questo specifico diserbante. Oltre che in agricoltura, fino al 2016 il diserbante era ampiamente impiegato dagli Enti Pubblici per la pulizia dei margini stradali, delle massicciate ferroviarie e dei binari ed è presente anche in prodotti da giardinaggio e per l’hobbistica. Agricoltori, semplici passanti e altri operatori possono quindi essere esposti a questa sostanza durante le applicazioni, anche in aree pubbliche frequentate da bambini, come scuole e giardini. Nel mese di marzo 2015 è stato pubblicato un documento dello Iarc, l’autorevole agenzia per la ricerca sul cancro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha dichiarato il glifosato “cancerogeno” per gli animali e “potenziale cancerogeno per l’uomo”. La dichiarazione dello Iarc ha avuto un effetto dirompente perché la Commissione europea doveva decidere entro dicembre 2015 il rinnovo dell’autorizzazione all’uso del diserbante nei suoi 27 paesi membri. Nel mese di novembre 2015 è però arrivata la valutazione dell’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, che in contrasto con quella dello Iarc, ha decretato la non cancerogenicità per l’uomo del glifosato, parere che ha riaperto la discussione sulla decisione della Commissione europea se mantenere o meno il pesticida nell’elenco Ue delle sostanze autorizzate. La decisione dell’Efsa, supportata dalla relazione dell’Istituto federale tedesco per la valutazione dei rischi (Bfr), è stata contestata da molti ricercatori ed accademici perché non tiene in considerazione una vasta gamma di studi scientifici pubblicati da riviste internazionali indipendenti, minimizza i risultati positivi di cancerogenicità sugli animali e si basa in gran parte su studi mai pubblicati e forniti dalle stesse multinazionali che producono il glifosato, in contrasto con le più elementari garanzie di indipendenza. La contrapposizione dei pareri dei due Enti internazionali ha indotto la Commissione europea a prendere tempo rinviando la decisione finale a dicembre 2017.

In Italia una coalizione di 45 associazioni ambientaliste e dell’agricoltura biologica ha chiesto subito al governo e alle Regioni di applicare il principio di precauzione in nome della tutela della salute pubblica, vietando definitivamente e in maniera permanente la produzione, la commercializzazione e l’uso di tutti i prodotti a base di glifosato e la rimozione del prodotto da tutti i disciplinari di produzione che lo contengono con l’esclusione da qualsiasi premio nei Piani di Sviluppo Rurale per le aziende che ne fanno uso.

Il 7 marzo 2016 il Ministro dell’agricoltura Martina ha indicato “a prescindere dagli esiti del confronto europeo” una via di uscita italiana dal glifosato entro il 2020 con la definizione di un “Piano nazionale glifosato zero” che dovrebbe prevedere una rete di monitoraggio dei residui di glifosato su tutto il territorio nazionale e la definitiva eliminazione del glifosato dai disciplinari di produzione integrata entro l’anno 2020. Ad oltre un anno da questo annuncio del “Piano nazionale glifosato zero” si sono però perse le tracce.

Nel giugno 2016, in sede europea, il voto contrario del governo italiano si è poi trasformato in un’astensione, comunque utile per determinare l’assenza della maggioranza qualificata ed il conseguente rinvio a dicembre 2017 della decisione finale.

Nel frattempo la Calabria è la prima Regione che ha deciso di escludere dai contributi del proprio Programma di Sviluppo Rurale le aziende che utilizzano il glifosato, una decisione che la portavoce della coalizione italiana #StopGlifosato, Maria Grazia Mammuccini, auspica sia presa presto anche dalle altre Regioni italiane.

In questo contesto l’8 febbraio scorso è partita in tutta Europa una iniziativa Eci, una petizione ufficiale dei cittadini europei, per chiedere alla Commissione europea il divieto totale dell’uso del glifosato. Entro novembre dovranno essere raccolte oltre 1 milione di firme per impegnare l’Unione Europea ad assumere una decisione che tuteli con priorità la salute umana e l’ambiente. Tutti i cittadini europei possono firmare l’Ice Stopglifosato su sito www.stopglyphosate.org.

La battaglia per vietare il glifosato va letta in un quadro più ampio che punta ad un nuovo modello di agricoltura per un futuro libero dai pesticidi.

 

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