Il no di Anpi al decreto sicurezza - di Primo Minelli

Il gravissimo decreto “cosiddetto di sicurezza” trova la nostra contrarietà per molte ragioni. Elenco le principali. E’ un decreto che, per sua natura, fa “divieto” alla espressione democratica, cioè non dà spazio a opinioni differenti da quelle di maggioranza, poiché impedisce o reprime il conflitto sociale che è il sale della democrazia costituzionale.

Occorre sempre ricordare che il valore democratico si fonda sulle garanzie alle minoranze, non riducendole al silenzio o colpendole con la repressione. La nostra Costituzione lo sottolinea in tutti i suoi articoli. Certo, il conflitto deve rimanere nell’ambito delle regole democratiche e non deve mai sfociare in forme violente.

In una società sempre più disuguale e individualista, è ovvio che chi rimane indietro si senta diverso e non protetto, quindi è legittimo che esprima dissenso anche rumoroso, ma pacifico. Mentre il decreto “sicurezza” propone formule repressive, cattive e violente, con sanzioni amministrative pesanti, fino ad arrivare alla carcerazione per chi manifesta anche per ragioni legittime: pensiamo alle lotte sindacali, ambientali, sull’immigrazione o a lotte sociali contro le povertà crescenti.

In una società così disuguale la Repubblica deve “... rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto le libertà e l’eguaglianza dei cittadini ...” come recita l’articolo 3 della nostra Costituzione, e non frapporre elementi repressivi. Se il governo proseguisse su questa linea, risulta evidente che si andrebbe verso una società autoritaria, fino al punto di minacciare il diritto di sciopero.

Occorre quindi domandarsi perché questa destra sia così aggressiva, sprezzante o intollerante nella società e nello stesso Parlamento. Probabilmente le ragioni affondano nella loro arroganza di potere, ma soprattutto risiedono nelle “radici profonde che non gelano”, legate alla storia post-fascista del Movimento Sociale Italiano. L’Msi, infatti, non solo è stato l’unico partito che non ha votato la Costituzione, ma l’ha anche sempre avversata e non riconosciuta poiché nata dalla Resistenza antifascista.

Oggi perciò si apprestano ad attaccarla attraverso le cosiddette riforme: il premierato, l’autonomia differenziata, l’offensiva all’indipendenza della magistratura. Uomini e donne di questa destra-destra che non rinnegano il ventennio, non dichiarandosi antifascisti, e sono quelli che poi introducono leggi repressive e antidemocratiche. Così facendo sdoganano il peggio di quella storia passata: il saluto romano, la decima Mas, il “me ne frego” e tutta la paccottiglia di un passato espulso dalla storia da parte della Resistenza.

Ecco perché Anpi lancia un appello affinché le battaglie che stiamo promuovendo in modo unitario e pacifico siano sostenute, respingendo le provocazioni quotidiane che siamo costretti ad ascoltare.

Ai giovani che abbiamo incontrato chiediamo di incanalare la loro rabbia, le loro ragioni, in un contesto democratico e pacifico. L’Anpi li può aiutare per la storia che essa ha, una storia di lotta, di unità nel pluralismo politico; principi questi che risalgono alla storia delle Brigate Partigiane nella lotta di Liberazione.

L’invito ricevuto e ben accettato di partecipare alle assemblee di giovani ci ha fatto piacere. Senza la pretesa di convincervi su tutto, ma con l’intento di avviare un percorso dialettico per arrivare insieme alla festa dell’80° della Liberazione nel 2025, in modo costruttivo, pacato e pacifico.

Il periodo è pessimo: guerre, disuguaglianze, lavoro povero, mancanza di diritti civili e sociali, problemi legati all’immigrazione... Con una destra accondiscendente con i ricchi e intollerante con i poveri, dobbiamo avere una speranza, come fecero i vecchi Partigiani che dopo aver sconfitto il fascismo costruirono un’Italia costituzionale. l

Milano 6-12-2024

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