Il 6 e 7 dicembre si è tenuta a Roma la seconda Conferenza nazionale autogestita per la Salute Mentale, voluta nel centenario della nascita di Franco Basaglia per riaffermare il valore del suo pensiero e della sua pratica radicale, che ancora oggi deve indicare la strada da percorrere.
La Conferenza è stata voluta da più di 120 associazioni che, in questo momento di grave crisi culturale, di risorse, di risposte, e di servizi, hanno deciso di dar seguito alla prima Conferenza autogestita del 2019.
L’attuale contesto sociale e politico, nonché lo stato della sanità in Italia, impongono di rimettere in moto un grande movimento per il diritto alla salute, alla salute mentale, ai diritti civili e sociali, in un percorso di inclusione, pace e giustizia sociale.
Obiettivo della Conferenza era analizzare e discutere in maniera ampia lo stato delle risposte che il servizio pubblico offre ai bisogni di salute, le criticità, le zone d’ombra, ma anche le esperienze virtuose e innovative che avanzano nei luoghi di lavoro e nelle comunità, e dimostrano che “si può fare”.
La discussione è stata partecipata da tutti gli attori dell’ambito della salute mentale, ma anche del carcere, dei Cpr, comprese le persone che vivono la sofferenza mentale e i loro familiari. I lavori si sono svolti in forma di gruppi tematici con relative relazioni in plenaria.
Tutti gli interventi hanno confermato l’importanza delle conquiste degli anni ‘70, in particolare le leggi 180/1978 (Legge Basaglia) e 833/1978 (Istituzione del Ssn), e la necessità di non darle per scontate, viste le crescenti spinte per modificarle e piegarle a interessi di parte, tra bandiere politiche e interessi economici.
È stato sottolineato come la vera pandemia dell’oggi sia l’ideologia del neoliberismo, che cerca di esternalizzare al mercato persino la tutela della salute. Occorre reagire, opponendosi alla narrazione neoliberale e dei governi di estrema destra, secondo cui va lasciata piena libertà al mercato, perché opera meglio della pubblica amministrazione. Soprattutto per la tutela della salute, e tra i più esposti gli anziani non autosufficienti, il mercato non può garantire i diritti fondamentali delle persone.
La salute mentale oggi è tra le cenerentole della sanità pubblica, con poche risorse (meno del 3%), poco personale, poche prestazioni, accorpamenti dei dipartimenti che allontanano i servizi dai territori, e strutture residenziali cronicizzanti. La contenzione è ancora pratica troppo diffusa, così come l’utilizzo di farmaci in luogo di percorsi integrati di cura e presa in carico personalizzata, di piani terapeutici individualizzati, budget di salute. Spesso le famiglie sono lasciate sole, e si assiste a una delega al volontariato e al privato sociale – risorse preziose che non devono però supplire ai vuoti del servizio pubblico.
Solo quando diventa un fatto di cronaca la sofferenza suscita l’interesse dei media, con una spettacolarizzazione del dolore inutile, dannosa e marginalizzante. Di fronte a tristi fatti di cronaca, invece di riflettere sulle cause, i responsabili politici offrono risposte facili che parlano al ventre delle persone in termini securitari: invece di aumentare il numero dei e delle professioniste per rispondere al disagio e alla sofferenza, si aumentano le guardie giurate nei Pronto soccorso.
C’è poi il disagio di giovani che sempre più vivono una generale insoddisfazione, un’esperienza di solitudine e una paura del futuro, anche questo spettacolarizzato e criminalizzato – si veda l’aumento esponenziale dei giovani negli Istituti penali minorili. Anche in carcere l’aumento della sofferenza e del disagio mentale assumono dimensioni inedite, con un numero impressionante di suicidi e atti di autolesionismo.
La legge 81/2014, che ha definitivamente chiuso gli Ospedali psichiatrici giudiziari sostituendoli con le Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems), è una riforma ancora da completare, con uno stravolgimento del sistema delle Rems che, da misura del tutto eccezionale e residuale, diventa l’unica risposta alternativa al carcere per le persone con disagio psichico. Da destra se ne chiede strumentalmente l’ulteriore diffusione, riproponendo, di fatto, un sistema manicomiale chiuso e separato.
La partecipazione di oltre 600 persone alla Conferenza segnala la volontà di essere protagonisti, costruire alleanze, non rassegnarsi, anzi, di impegnarsi per trovare proposte e risposte, a partire dalle buone pratiche in alcuni territori. Spicca l’obiettivo di “contenzione zero”, per superarne ogni forma fisica e farmacologica, definendo forme di partecipazione attiva di utenti e familiari, garantendo un adeguato finanziamento dei servizi, una capillare diffusione nel territorio, un’accoglienza H24, e una vera integrazione sociosanitaria in ottica preventiva e di presa in carico.
La Conferenza nazionale autogestita Salute Mentale conclude i suoi lavori prevedendo una nuova stagione di mobilitazione, e lancia dieci proposte per reagire alla crisi delle politiche e dei servizi per la salute mentale, del Ssn e dei servizi sociali.