Libere dentro: libertà di autodeterminazione per le detenute - di Simona Fanzecco

Nel suo congresso, la Camera del Lavoro Metropolitana di Cagliari ha dato voce a giovani che hanno scontato la pena nella comunità “La Collina”, sotto la guida di don Ettore Cannavera. Il tema che unisce la comunità alla Cgil è il lavoro come strumento di riscatto, rieducazione sociale e autonomia economica, per rendere le persone libere e in grado di autodeterminarsi.

Nella giornata internazionale per l’eliminazione della violenza di genere, il 25 novembre, abbiamo voluto porre l’accento sulle donne detenute.“Libere dentro” rappresenta un messaggio alle donne in detenzione a sviluppare consapevolezza, per intraprendere un percorso di emancipazione dalla dipendenza affettiva e raggiungere una vera libertà.

La questione delle donne detenute è complessa e sensibile, con aspetti di giustizia, salute mentale e reinserimento sociale. Le donne in carcere affrontano sfide uniche rispetto ai loro omologhi maschi, spesso legate a esperienze di violenza, traumi e discriminazione. È essenziale garantire che, una volta scontata la pena, queste donne non siano più soggette a manipolazioni e possano reintegrarsi dignitosamente nella società. E’ fondamentale che le istituzioni implementino programmi e risorse adeguate per facilitare il loro inserimento lavorativo, liberandole dalla dipendenza economica.

A Cagliari, come in molti altri territori, le carceri soffrono di una carenza di risorse e programmi specifici per le detenute. È cruciale sviluppare, durante e dopo la detenzione, strumenti e strategie di supporto per le donne che soffrono maggiormente degli uomini per la lontananza dai figli e la solitudine. Si parla poco delle donne, mogli e familiari di detenuti che, quando i loro compagni vengono condannati, perdono spesso la loro fonte di reddito e si trovano a dover sostenere l’intera famiglia, mantenendo un legame costante con il detenuto.

Questa situazione porta con sé un peso psicologico, economico e sociale spesso sottovalutato. Per questo, è fondamentale sviluppare programmi di formazione e istruzione, attualmente spesso inaccessibili alle detenute. Sono necessari corsi di formazione professionale e opportunità educative per aiutarle a sviluppare competenze utili per il mercato del lavoro, aumentando le possibilità di occupazione dopo la pena.

Inoltre è cruciale fornire supporti psicologici: molte detenute sono state vittime di violenze e soprusi, e necessitano di un aiuto adeguato per affrontare esperienze traumatiche e costruire un’identità sana. È necessario istituire reti di sostegno attraverso case famiglia e comunità, dove siano presenti assistenti sociali, medici, educatori e volontari, con una vera presa in carico, offrendo cura, orientamento e assistenza.

La prevenzione gioca un ruolo strategico nella rieducazione, e risulta cruciale educare le detenute sui loro diritti e sulle risorse disponibili per prevenire futuri abusi e manipolazioni, creando consapevolezza e fiducia in se stesse. Anche il volontariato e il coinvolgimento delle detenute in attività di comunità possono contribuire a instaurare relazioni sociali positive, e ridurre il rischio di recidiva.

Sono necessari un approccio multidisciplinare e una sensibilizzazione collettiva per implementare attività di prevenzione che riducano il rischio di manipolazione e promuovano un reinserimento sociale positivo e duraturo. Le donne che hanno superato la detenzione con processi di reinserimento positivi possono fungere da guida e supporto per le nuove detenute, offrendo ispirazione e modelli positivi.

Infine è importante attivare corsi di gestione delle emozioni e delle relazioni, per aiutare le donne a gestire il loro benessere psicologico e a creare relazioni sane dopo la detenzione. Attività artistiche e creative (musica, danza, scrittura, arti visive) possono offrire un modo terapeutico per esprimere esperienze e sentimenti, permettendo alle donne di elaborare il loro passato e di costruire una nuova identità e maggiore autostima.

È essenziale creare un ambiente sociale che promuova l’accettazione e il supporto, e la collaborazione tra istituzioni, organizzazioni non profit e terzo settore può contribuire a creare opportunità di lavoro per le donne in uscita dal carcere. Le aziende possono essere sensibilizzate sull’importanza di offrire opportunità di impiego a queste donne, contribuendo a una società più equa e inclusiva.

Di straordinaria rilevanza è avviare un cambiamento culturale per ridurre lo stigma associato alle ex detenute e favorire l’accettazione e il supporto sociale: servono iniziative di sensibilizzazione collettiva che contribuiscano a creare un ambiente che faciliti il reinserimento nella società, riducendo il rischio di recidiva. Dobbiamo supportare le ex detenute attraverso la costituzione di una rete tra istituzioni, centri antiviolenza e servizi psico-sociali, e la Cdlm di Cagliari si farà promotrice della sottoscrizione di un protocollo con questi soggetti, per contribuire a realizzare programmi specifici affinché le ex detenute possano avere l’opportunità di fuoriuscire dalla condizione di disagio, e vivere una vita libera e dignitosa.

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