Non è da oggi che l’azienda Poste Italiane rappresenta il laboratorio italico delle trasformazioni del capitalismo neoliberista. La più grande azienda privata italiana per numero di dipendenti, oltre 120mila e 12.500 uffici postali, un colosso a controllo pubblico che macina utili (1,93 miliardi nel 2023 e un aumento del 20% atteso per il 2024).
Un’azienda che, nel corso degli anni, nella consapevolezza del lento ma inesorabile declino del servizio di recapito postale tradizionale a causa delle innovazioni tecnologiche, si è trasformata, allargando i propri orizzonti al settore finanziario e bancario. Che è stata in grado di accettare le sfide della logistica per il consumo negli interstizi del modello Amazon; che ha imparato a precarizzare il lavoro con un utilizzo spregiudicato del part time involontario e dei contratti a tempo determinato, prendendo ad esempio il modello MacDonald’s, per avere sempre a disposizione una riserva di manodopera senza diritti e ricattabile; che ha utilizzato una posizione monopolista sul servizio di posta, e la sua rete imbattibile sul territorio dei suoi uffici postali, per mettersi a vendere qualsiasi servizio, dalla telefonia alle assicurazioni fino all’energia, arrivando a offrire servizi pubblici come il rinnovo dei passaporti.
Un’azienda fortemente intrecciata con la politica e attenta agli equilibri del Sistema Italia, che si presenta come soggetto forte e determinante anche dentro gli equilibri di Confindustria.
È per questi motivi, per le caratteristiche specifiche di questo colosso imprenditoriale, che non poteva che essere proprio qui il luogo dove sperimentare anche un’operazione di disgregazione delle relazioni sindacali unitarie, per estromettere la Cgil con tavoli separati di contrattazione e costruire un rapporto di esclusiva con la Cisl, la Ugl e due sindacati autonomi.
L’operazione è stata costruita con cura. In un’azienda con il più alto tasso di sindacalizzazione registrato nel nostro paese - si calcola che oltre l’80% della forza lavoro in Poste sia iscritta a un sindacato - le date della svolta sono due. Lo scorso anno si rinnovano le Rsu e la Cisl, fortemente radicata nei gangli direzionali dell’azienda e godendo quindi di una situazione privilegiata che ha amplificato il suo predominio storico in Poste, ottiene una vittoria netta con il 54% dei consensi.
Nella primavera di quest’anno si è andati al rinnovo del contratto di lavoro, che si conclude prima dell’estate. Dopo una trattativa lunga si arriva ad una ipotesi di accordo sottoscritta da tutte e sei le sigle presenti al tavolo (Cgil Cisl Uil oltre a Ugl, Confsal e Failp). Ma quando si è trattato di arrivare alle assemblee di consultazione con le lavoratrici e i lavoratori, a causa di uno scontro pregresso tra Cisl e Uil, il sindacato di Sbarra decide, assieme a Ugl, Confsal e Failp, di procedere ad assemblee separate per ottenere l’assenso dei lavoratori sull’accordo raggiunto, costringendo quindi, malgrado i tentativi in extremis della Cgil di ricomporre l’unità sindacale, la Slc Cgil e la Uil Poste a fare altrettanto.
Abbiamo assistito quindi ad una situazione surreale, dove i medesimi lavoratori venivano convocati in assemblea tre volte per discutere del contratto nazionale. Ma la determinata arroganza della Cisl non si ferma qui: comunica, alla fine del proprio percorso di assemblee, il risultato ottenuto all’azienda, senza attendere l’esito delle assemblee di Slc Cgil e Uil Poste. Lo fa forte di una rappresentanza, ovviamente non realmente certificata come sappiamo, assieme alle sigle autonome, del 76%.
Da lì in poi la strada è stata in discesa, per la gioia del segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra. Utilizzando uno strumento specifico delle relazioni sindacali di Poste Italiane, ha chiesto ed ottenuto un tavolo con l’azienda assieme ai tre sindacati satelliti per la gestione di tutte le ricadute e le applicazioni del nuovo contratto in merito alla riorganizzazione di Poste, e le conseguenze dirette sui lavoratori. Un risultato spettacolare.
Pur in presenza di un contratto sottoscritto anche da Cgil e Uil, la Cisl è riuscita, per ora, a estromettere le altre organizzazioni dalle trattative determinando una situazione di quasi sindacato unico, tendente al giallo, nell’azienda di servizi più importante del Paese. Esperimento riuscito per ora. Noi, per parte nostra, dovremo decidere come ribaltare la situazione, prima che diventi un modello in questi tempi bui per la democrazia.