Maurizio Da Re e Antonio Schina (a cura di), Dario Paccino. Dall’imbroglio ecologico alla crisi climatica, I Quaderni dell’Italia antimoderata n. 10, Centro di Documentazione di Pistoia Editrice, euro 13.
Volumetto collettaneo molto denso e stimolante il numero 10 della collana “I quaderni dell’Italia antimoderata” edita dal Centro di Documentazione di Pistoia, andato in stampa lo scorso settembre. Al centro la figura, l’impegno e il pensiero critico di Dario Paccino (1918-2005), intellettuale marxista, partigiano durante la Resistenza, militante del movimento antinucleare e del movimento del ‘77, nonché tra i primi veri ecologisti italiani, noto soprattutto per il suo “L’imbroglio ecologico. L’ideologia della natura” del 1972 (ripubblicato nel 2021).
Da allora ne è passata di acqua (e di alluvioni!) sotto e sopra i ponti, e ciò che sosteneva Paccino è ormai davanti agli occhi di tutti (per lo meno di quanti cercano di capire realmente come stanno le cose). Parlare astrattamente di natura, di salvaguardia o peggio ancora di “sviluppo sostenibile”, senza mettere in discussione il sistema capitalistico di produzione e consumo, la sua materialità fatta di saccheggio, devastazione, inquinamento, rifiuti e sfruttamento criminale delle risorse, degli ambienti e degli esseri viventi, compresi gli umani, significa semplicemente barare, imbrogliare, mistificare la realtà e dare un ulteriore alibi “eco-ideologico” agli agenti del capitale, ai padroni dell’economia e del mondo. Avallare in sostanza quello che in termini più recenti è stato definito “greenwashing”, un semplice rifarsi il trucco al fine di restare al comando senza toccare minimamente la sostanza del problema.
A un certo punto, parlando dei padroni, Paccino li definisce addirittura “grotteschi”, proprio perché perpetuando la loro opera di miope accaparramento (accumulazione) e distruzione fanno finta di non rendersi conto che porteranno (e stanno appunto velocemente portando) il sistema Terra al collasso, con la possibile/probabile estinzione di massa della stessa specie umana.
Del resto, possiamo aggiungere noi oggi, i super ricchi cavalieri dell’Apocalisse alla Elon Musk (potere economico-finanziario + potere tecnologico-mediatico + potere biopolitico e militare) si stanno anche attrezzando per evacuare il pianeta in caso di crisi irreversibile.
Ma le cento pagine di “Dario Paccino. Dall’imbroglio ecologico alla crisi climatica” offrono numerosissimi altri spunti di riflessione e di attualità. Sono davvero tanti e, dai contributi di Giorgio Nebbia e di Vincenzo Miliucci a quelli di Giorgio Ferrari, Maurizio Da Re o Gian Marco Martignoni, è davvero difficile ripercorrerli in modo soddisfacente, sebbene anche solo sommario. Pertanto mi limiterò solamente ad un ultimo accenno. Nella scheda curata da Antonio Schina, ad esempio, dedicata alle pubblicazioni di “Rosso vivo” (un’altra delle tante imprese editoriali cui si diede Dario Paccino), si può leggere: “La guerra, la terza guerra mondiale, viene dichiarata il 6 agosto 1945 e gli Stati Uniti, sotto la crescente pressione delle multinazionali ostacolate nel loro saccheggio planetario, progettano di trasformarla in guerra nucleare, possibilmente circoscritta al Sud, con minacce di estenderla nel nostro continente e nel Sud Est asiatico […] la qualità della vita, per strati sempre più larghi della società, appare un puro miraggio, per un lato per la conseguenza della nuova divisione internazionale del lavoro e dei gravami imposti dagli Stati Uniti per addossarci il peso della loro crisi, per l’altro per la continua espulsione di lavoro vivo a causa di quello incorporato nelle nuove tecnologie e, per l’altro ancora, per le risorse ognor più crescenti assorbite dagli armamenti, per cui è come se fosse scritto nella Bibbia o nel Capitale che prima del pane, delle case, degli ospedali e delle scuole, vengono gli arsenali”.
Ucraina, Palestina, crisi dell’Onu, scontro imperialista all’orizzonte con la Cina, crisi europea, pericolo ecatombe termonucleare, stupidità (ops) intelligenza artificiale ecc... Più attuale di così? Come sempre, ‘de te fabula narratur’.