Con una sorprendente rapidità, l’Ufficio Scolastico Regionale del Lazio ha emanato una sanzione disciplinare nei confronti del professore Christian Raimo, docente in un liceo di Roma, colpevole, secondo i funzionari del ministero dell’Istruzione e del Merito (così è stato rinominato dal governo Meloni il ministero della Pubblica Istruzione), di aver insultato il ministro Valditara. La sanzione è molto pesante e consiste nella sospensione dal servizio per tre mesi con dimezzamento dello stipendio.
Ma cosa è accaduto di così sconvolgente da spingere il ministero ad applicare una sanzione così severa? Il docente, al di fuori della propria attività di servizio, durante la partecipazione a un’iniziativa politica, aveva criticato in maniera molto marcata l’operato del ministro Valditara.
Secondo i solerti funzionari del ministero, con tale operato il docente avrebbe violato l’articolo 54 della Costituzione (“... i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore ...”) e soprattutto il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici (Dpr 81/2023) secondo il quale “il dipendente è tenuto ad astenersi da qualsiasi intervento o commento che possa nuocere al prestigio, al decoro o all’immagine dell’amministrazione di appartenenza o della pubblica amministrazione in generale”.
Tuttavia, come ha sottolineato la Flc Cgil, il nuovo Codice di comportamento prevede una indeterminatezza nell’applicazione della norma e nella definizione delle condotte sanzionabili, esponendo di fatto i lavoratori del settore pubblico all’arbitrio di chi ha il compito di applicare la norma stessa.
Ancora più delicata risulta la materia per i docenti della scuola, in quanto la libertà di insegnamento è esplicitamente tutelata dall’articolo 33 della Costituzione (“l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”). Intervenire con un inasprimento di un codice di comportamento in una materia così delicata costituisce un’operazione decisamente autoritaria e repressiva. Per questi motivi la Flc Cgil ha fatto ricorso alla magistratura contro questo provvedimento.
Non si tratta comunque di un’iniziativa isolata. Già dai primi giorni del suo insediamento, infatti, il ministro Giuseppe Valditara aveva evocato nei confronti di uno studente che aveva compiuto atti di bullismo l’“umiliazione” come fattore fondamentale nella crescita della personalità.
Più grave, al di là delle esternazioni del ministro, l’approvazione da parte del Parlamento lo scorso primo ottobre della legge 150 che introduce il voto di condotta in una logica di subordinazione al principio di autorità e alla punizione come strumento sanzionatorio.
Ribadiamo ancora una volta che non è attraverso strumenti repressivi che si restituisce autorevolezza all’operato dei docenti, ma attribuendo autonomia reale ai collegi docenti, riconoscendo i bisogni formativi di tutti gli studenti e le studentesse e ponendo in essere le condizioni per rendere le scuole luoghi di apprendimento accoglienti e inclusivi, oltre che valorizzando il lavoro docente sul piano professionale e retributivo.
Inoltre, in questo clima intimidatorio, va letta l’emanazione del cosiddetto “Ddl sicurezza” che, approvato dalla Camera, è ora all’esame del Senato. Il provvedimento esprime una cultura autoritaria, colpevolizza e impedisce di esprimersi ai principali antagonisti dei movimenti e delle associazioni che sono stati protagonisti di lotte sociali e civili negli ultimi anni.
In un clima fortemente repressivo, il governo vuole impedire ogni forma di dissenso, sia essa legata agli aspetti economici, sociali o civili. Viene attaccato il diritto allo sciopero in tutte le sue forme, diritto che ha costituito un caposaldo delle lotte democratiche e di unità dei lavoratori.
È quindi in un contesto di questo stampo che si inserisce la vicenda che riguarda il professor Raimo. Un contesto in cui, come in epoca fascista, qualunque forma di dissenso costituisce un ostacolo per chi governa e in quanto tale va combattuta, non si può tollerare nessun pensiero critico e i docenti dovrebbero rassegnarsi a svolgere il ruolo di funzionari statali con il compito di trasmettere l’ideologia dominante. Insomma, una forma moderna del “credere, obbedire e combattere” risalente a un periodo che credevamo conclusosi per sempre.
È per questi motivi che la Flc Cgil ha avviato una petizione on line (link) per chiedere la revisione del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici, perché solo così si potrà mantenere la solidità e l’integrità della nostra democrazia.
Esprimiamo la nostra solidarietà al professor Raimo. Continueremo a difendere il diritto di tutte e di tutti a esprimere liberamente il proprio pensiero “con le parole, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”, come recita l'articolo 21 della Costituzione. Continueremo a batterci per una scuola democratica, aperta e inclusiva, e ad esprimere il nostro dissenso ogni volta che l’operato del governo andrà in direzione opposta.