No alla firma della pre-intesa al contratto delle Funzioni centrali - di Maria Giuseppa Greco

Mentre la trattativa per il rinnovo del contratto delle Funzioni centrali era ancora in corso e molte delle richieste sul tavolo non avevano ancora avuto risposta dall’Aran, sopraggiungeva la decisione di chiudere la negoziazione con un categorico “chi ci sta ci sta”, conteggiando un consenso del 54% da Flp Cisl più qualche altro sindacato poco rappresentativo.

Restavano escluse due tra le organizzazioni maggiormente rappresentative, Fp Cgil e Uil, che hanno continuato a chiedere modifiche dei testi contrattuali vigenti. La conclusione della discussione veniva imposta dal presidente dell’Aran, su mandato esplicito del governo, nonostante fossero ipotizzabili ulteriori miglioramenti del testo. Atteggiamento che costituisce un vulnus, un grave precedente in quanto dimostrazione che il tavolo di trattativa non è mai libero e sovrano nel determinare le proprie dinamiche, ma determinato “dallo sgambetto della politica”.

Allo stato dei fatti, le relazioni sindacali sono compromesse per il venir meno del rispetto del principio di affidabilità e di lealtà tra i negoziatori. Restano irrisolte le ragioni per cui, nonostante la discussione sulla legge di bilancio e sulle risorse da destinare al lavoro pubblico ancora in corso, si sia sentita la necessità di accelerare i tempi della trattativa, fino allo strappo con due delle organizzazioni sindacali più rappresentative.

I motivi del nostro dissenso sono molteplici. Anzitutto è evidente che la mancanza di risorse riduce significativamente la provvista per la contrattazione integrativa e si ammette chiaramente che con questo Ccnl non c’è soluzione a nessuno dei problemi che gravano su amministrazioni e lavoratori delle funzioni centrali. Non ci può essere soddisfazione economica a nessuna delle richieste avanzate da tutte le organizzazioni sindacali, a partire dalla piattaforma sottoscritta un anno fa da Fp, Flp e Uilpa.

Basti pensare al rinvio operato alla contrattazione integrativa per l’adozione di strumenti e misure volte a favorire l’inserimento del personale neoassunto, come il riconoscimento del buono pasto durante le assemblee sindacali contemplato solo nel limite di tre ore per ciascuna assemblea. Previsione che rappresenta una limitazione indiretta dell’azione sindacale, spesso costretta a convocare assemblee territoriali con spostamenti dei lavoratori per raggiungere le sedi dedicate. Inoltre lo stesso riconoscimento del buono pasto in smart working reintroduce fittiziamente l’orario di lavoro, di contro la proposta della Fp era una compensazione economica con risorse dedicate dai bilanci degli enti da definire in sede di contrattazione integrativa.

La modifica del comma 5 per il recupero delle giornate di lavoro agile non fruite a causa di esigenze di servizio è senza conseguenze pratiche, a fronte della richiesta di sancire il recupero automatico delle giornate perse per tali ragioni. L’incremento di 900 euro l’anno per posizioni organizzative e incarichi professionali è previsto a carico dei fondi e riduce il trattamento accessorio per il resto del personale, e viene introdotto un meccanismo che consente l’acquisizione “ipso iure” dell’incarico per chi matura gli otto anni di incarico bloccando la stessa opportunità di carriera per tutti gli altri. La settimana corta è una “chimera” perché lo stesso orario di 36 ore è articolato su quattro giornate, si riducono in proporzione ferie e permessi, si perde il buono pasto e la giornata in cui non si lavora sarà a discrezione delle amministrazioni.

Relativamente alle ferie veniva ipotizzato l’adeguamento della norma sulla retribuzione alle recenti sentenze della Cassazione comprensiva di tutte le indennità connesse con lo status professionale e personale del lavoratore, compreso il buono pasto, oltre alla possibilità di riprogrammare in 18 mesi le giornate di ferie non godute per motivi personali o per esigenze di servizio come stabilito dalla stessa normativa. Per i neoassunti era in discussione la proposta di abolire la soppressione della riduzione di due giornate di ferie l’anno.

Sul trattamento della malattia, la nostra proposta prevedeva l’eliminazione del taglio dell’indennità di amministrazione per i primi dieci giorni, ed anche chi in passato ha definito la misura una “tassa sulla salute” ha deciso di non sostenere la modifica e firmare lo stesso …

Di tutto ciò riteniamo di informare lavoratori e lavoratrici, sono state indette assemblee in ogni luogo di lavoro, reclamando lo svolgimento del referendum nel comparto. Siamo un sindacato democratico e ci rimetteremo alle valutazioni dei lavoratori.

Nel caso il testo dell’attuale intesa riscontrasse il plauso degli organi di controllo, e il referendum ne bocciasse le previsioni, la Fp non si fermerà allo sciopero del 29 novembre. Se l’incontro programmato con la presidente del Consiglio sarà irrilevante, non possiamo fermarci, si continuerà ad oltranza!

I lavoratori hanno il diritto ad una prospettiva di vita professionale che non sia appannaggio dell’arbitrio del governo di turno.

 

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