Cgil e Uil hanno indetto per il 29 novembre uno sciopero generale per cambiare la manovra di bilancio, aumentare salari e pensioni, finanziare sanità, istruzione e servizi pubblici contro la loro privatizzazione, per la tutela di salute e sicurezza, contro la precarietà di vita e di lavoro, per difendere la democrazia e la nostra Costituzione. Per investire nelle politiche industriali e non nell’economia di guerra, promossa pure dal piano Draghi. Per la Pace indispensabile.
Lo sciopero generale è una scelta dovuta per non soccombere a un progetto devastante, per ricostruire adeguati rapporti di forza tra capitale e lavoro, per tenere aperta la prospettiva del cambiamento. Per non lasciare in solitudine chi è chiamato a pagare le scelte inique del governo.
La destra italiana, come tutte le destre che imperversano in Europa e negli Usa con il voto a Trump, si alimenta con le paure, il rancore e l’odio razziale, strumentalizzando malessere sociale e nuove povertà. Dunque sciopero contro un governo reazionario, autoritario, oscurantista, e contro un padronato e una Confindustria corresponsabili della deriva economica, sociale e industriale del paese.
Un governo senza umanità, giustizia sociale, solidarietà. Il loro credo è nel sistema capitalistico, nel mercato, nel profitto, nel potere di pochi. È una destra pericolosa, disumana verso i migranti, negazionista della crisi ambientale, repressiva verso chi manifesta, eversiva verso i principi e i valori costituzionali e la democrazia parlamentare, attraverso il premierato e l’autonomia differenziata.
Scioperiamo anche per difendere e applicare la Costituzione che non prevede la “dittatura della maggioranza”, né riconosce un uomo o una donna soli al comando. La democrazia costituzionale contempla il controllo democratico, la garanzia dei diritti inviolabili di tutti, specie delle minoranze.
Lo sciopero generale non è una passeggiata per un mondo del lavoro frammentato, impoverito, attraversato dall’arretramento culturale che investe il paese. Va costruito con il consenso nei luoghi di lavoro, l’ascolto di chi lo sciopero deve sostenere, un’informazione capillare sulle ragioni di merito sindacale e di valore politico e sociale.
Abbiamo già ottenuto un risultato: il governo e i suoi ministri sono sulla difensiva e aggrediscono nervosamente. Lo si percepisce negli attacchi sguaiati, in particolare verso la Cgil e il suo segretario generale. Useranno strumentalmente la divisione sindacale, la mancata adesione allo sciopero da parte di una Cisl che incredibilmente giudica positiva la manovra del governo, una Cisl da tempo governista e consociativa.
Con una politica economica e sociale classista, il governo brucia la speranza di un futuro migliore. L’unico antidoto rimane quello di una tenace, consapevole e non breve mobilitazione generale e confederale su una piattaforma radicalmente alternativa, capace di creare le condizioni per una vasta, concreta, condivisa opposizione di merito.
La Cgil, con la sua storia, la sua rappresentanza generale, la sua autonomia di pensiero e di azione non si rassegna, è e rimane in campo. Lo sciopero generale è una tappa, non il punto di arrivo.