Nelle scorse settimane Ascopiave, azienda di distribuzione del gas operante prevalentemente nel Veneto, ha fatto un’offerta per acquistare la gestione delle reti di distribuzione gas di A2A (Unareti e LdReti) delle provincie di Bergamo, Brescia, Lodi, Pavia e Cremona. L’accettazione dell’offerta da parte di A2A ha determinato l’apertura di una trattativa, che si concluderà il prossimo 15 dicembre.
La Filctem Cgil si è subito detta contraria a questa ipotesi.
I progetti che hanno portato alla costituzione di A2A erano il prosieguo della politica di gestione dei servizi pubblici essenziali in aziende di proprietà pubblica, nell’idea che i Comuni si facessero carico di un servizio di qualità a favore dei cittadini, dove gli aspetti economici e di profitto fossero comunque in subordine alla garanzia di un servizio sicuro a tutela degli interessi delle comunità, e alla difesa di un patrimonio pubblico.
Un altro punto dirimente è sempre stato quello delle condizioni di assunzione e di impiego dei lavoratori, basate sul rispetto di questo perimetro, del contesto e delle sfide di un settore definito come “servizio pubblico essenziale”.
Queste politiche hanno reso possibile, nei primi anni del secolo scorso, la nascita di Aem Milano e Asm Brescia, nel settore delle reti elettriche, e, nei tempi successivi, l’acquisizione delle reti del gas di Milano e Brescia, oltre alla recente fusione del Gruppo Lgh (aziende municipalizzate dei Comuni di Rovato, Cremona, Lodi e Pavia) in A2A.
Ora arriva la scelta di dismettere le reti del gas, con una scusa superficiale - “la transizione energetica prevederebbe l’uscita totale dai vettori fossili” - e senza considerare che l’infrastruttura delle reti in questione, opportunamente ammodernate e trasformate, potrebbe rappresentare una risposta concreta per il trasporto di altri vettori energetici legati al processo di transizione e trasformazione dell’energia, quali ad esempio i biogas, i gas di sintesi e l’idrogeno. Questa operazione risulta invece essere una mera speculazione di natura finanziaria, peraltro di corto respiro.
L’amministratore delegato di A2A ha dichiarato che anche la rete di Milano potrebbe essere oggetto di un’operazione di cessione e dismissione simile, nel caso in cui si presentasse un compratore interessato. Nella stessa occasione ha dichiarato che il gas esprime oggi margini di 'profittabilità' inferiori al settore dell’energia elettrica.
Certamente, leggendo le condizioni sottostanti a questa vendita, possiamo affermare che queste considerazioni sono corrette. Tuttavia le reti - che sono ancora sottoposte alle decisioni ed alle deliberazioni dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (Arera) - fino ad oggi hanno saputo garantire un ritorno sulla base degli investimenti quasi uguale tra i due settori e, negli anni, hanno visto aumentare per A2A l’ebitda (una misura del margine operativo lordo) sul settore del gas da 81 milioni del 2008 a 162 milioni del 2023, mentre, di converso, il valore di ebitda ha segnato una diminuzione sul settore dell’elettricità da 170 milioni del 2008 a 156 milioni del 2023, secondo i dati per gli investitori reperibili anche sul sito di A2A. Alla luce di questi dati, le ragioni economiche della cessione sono a nostro avviso palesi e del tutto esterne a logiche di natura industriale e di sviluppo.
A2A ha raggiunto un accordo con Enel per l’acquisizione completa delle reti elettriche della provincia di Milano e parziali della provincia di Brescia, senza escludere che possano essere raggiunti altri accordi simili per altre parti della rete di distribuzione elettrica della Lombardia. Costo complessivo di questa operazione circa un miliardo e 300 milioni di euro.
A copertura di questo impegno finanziario, A2A ha emesso obbligazioni proprie per 750 milioni, facendo mancare ancora all’appello una cifra economica consistente. A2A, in tutti i suoi comunicati alla comunità finanziaria e non solo, afferma di essere in grado di sostenere, attraverso introiti propri, questa differenza. Affermazioni e proiezioni che non sono comunque sufficienti a dirimere completamente il dubbio sulla reale portata e capacità aziendale in merito a questo impegno.
Proviamo ad analizzare il valore dell’operazione. Ascopiave sta offrendo circa 300 milioni di euro per quasi 490mila utenze, pari ad un valore di 612 euro ad utenza. In questi giorni Italgas, nell’operazione di acquisizione di 2IRetigas - nella quale il primo operatore nazionale per dimensione si compra il secondo operatore nazionale - paga un valore di circa 5,3 miliardi di euro per quasi 5 milioni di utenze, ad un prezzo unitario di quasi 1.080 euro a utenza.
Anche solo a seguito di questi pochi dati finanziari, non possiamo giudicare l’operazione di cessione da A2A ad Ascopiave se non in perdita. Aggiungiamo poi che il periodo in cui Ascopiave rientrerà del suo investimento è di circa sei anni, mentre quello di Italgas - certo di dimensioni superiori - è quasi di ventotto anni. Quindi fra Ascopiave ed A2A l’unico soggetto industriale che si può dire essere il vincitore in questa partita è sicuramente Ascopiave.
La Filctem è contraria a questa ed altre operazioni che stanno interessando questi settori, non solo per ragioni di natura economico-finanziaria, ma soprattutto per la mancanza di visione prospettica e industriale. Il nostro compito è la difesa dei diritti dei lavoratori, e in questi anni abbiamo saputo aumentare la contrattazione di secondo livello dentro questi grandi gruppi, garantendo sia in termini economici di salario diretto che indiretto tutti i lavoratori del Gruppo A2A. La scelta della cessione porterà all’espulsione di centinaia di lavoratori verso un’azienda che, con gli arrivi di nuovo personale, vedrebbe aumentare di un terzo la sua base occupazionale, con un costo economico non indifferente. Tutto questo rischia di essere un salto nel buio per Ascopiave e i dipendenti coinvolti.
A2A si definisce una “Life Company” - dove il concetto di “life” dovrebbe significare un compagno affidabile per la vita - quasi come se l’azienda fosse un luogo sicuro che non farà scherzi e che garantirà sicurezza, ambiente e la certezza di un rapporto corretto con il cliente. Se tutto questo fosse vero, non si capirebbe perché le stesse garanzie non vadano confermate e assicurate anche ai lavoratori interessati da questa operazione di A2A.
Non possiamo giustificare in nessun modo un’operazione che svende questi lavoratori come fossero una merce qualsiasi e non persone in carne ed ossa, che producono beni e servizi alla base della costruzione dei profitti aziendali.
Ci domandiamo che ruolo intendano giocare i sindaci, oggi soci di A2A, (Milano e Brescia hanno più del 50%, gli altri Comuni hanno piccole partecipazioni): avalleranno queste scelte solo per avere più dividendi? Oppure riterranno che si debba difendere l’interesse pubblico, sia dei cittadini sia dei loro Comuni che dei lavoratori?
Come Filctem faremo in modo che venga messa in atto ogni forma di mobilitazione, sia contro l’azienda che nei confronti delle proprietà, non escludendo anche il coinvolgimento di tutti i soggetti di rappresentanza, politica e sociale, utili a questa mobilitazione.