“Firmato l’accordo ‘8x5’ alla Confezioni Lin Weidong. Via i part-time, i finti apprendistati e il lavoro grigio. Contratti indeterminati e full-time per tutti. Vince lo sciopero, vincono gli operai, vince la solidarietà attiva di un territorio. Si chiude stasera il primo Strike Day. L’impossibile è diventato possibile, un’altra volta. Otto fabbriche sotto i 15 dipendenti, otto scioperi, quattordici giorni di picchetti e mobilitazione 24 ore su 24, otto vittorie. Avevamo detto ‘sindacalizzare l’insindacalizzabile’ e lo abbiamo fatto”. In quella fabbrica, come in decine di fabbrichette della Piana fiorentina, pratese e pistoiese, si lavorava 12 ore il giorno 7 giorni su 7, con contratti part-time a termine sotto le 20 ore settimanali. Con l’intesa a tutti i dipendenti saranno applicati orari e retribuzioni del Ccnl di categoria sottoscritto dai sindacati confederali.
Mi sarebbe piaciuto poter riportare il comunicato della Filctem Cgil di Prato. Invece è la dichiarazione di un attivista del sindacalismo autonomo. Di una minuscola organizzazione, ma grande tanto da sfidare, a Seano nel pratese, il regno pluridecennale del lavoro nero e grigio nei capannoni dismessi dall’industria del filato, divenuti fabbriche-prigione dell’indotto anche di grandi marchi. Un accordo che ha tanto più valore perché firmato mentre il settore denuncia una crisi, un ridimensionamento che ha già determinato chiusure e cassa integrazione nelle aziende che sono proprietà dei brand.
Lo “Strike Day” era iniziato il 6 ottobre in cinque piccole e piccolissime aziende. In quattro di queste il sindacato chiedeva la regolarizzazione degli operai senza contratto, mentre alla Confezioni Lin Weidong l’8 ottobre il picchetto permanente era stato aggredito con spranghe e catene da una squadraccia che aveva ferito due operai e un sindacalista del Sudd Cobas. Ma gli operai non hanno mollato e attorno a loro si è raccolta la solidarietà degli altri lavoratori e della cittadinanza, comprese le istituzioni, accortesi finalmente che nella Toscana democratica, a due passi dal Museo Pecci, dall’aeroporto di Peretola, da una roccaforte storica della Cgil e da una grande Camera del Lavoro, migliaia di operai vivono condizioni di sfruttamento e di lavoro povero ben oltre la letteratura ufficiale.
La Regione Toscana, le istituzioni territoriali, i partiti dal Pd ai 5Stelle, da Rifondazione a Sinistra italiana, hanno espresso solidarietà e presenziato alle iniziative di mobilitazione. Bene ha fatto la Cgil Toscana a partecipare alla manifestazione dei lavoratori della Confezioni e del Sudd Cobas del 13 ottobre. La presenza del segretario generale Cgil Toscana e di altri dirigenti e militanti di categorie e di delegati delle aziende del settore moda ha rimarcato che il messaggio dei lavoratori della Lin Weidong è arrivato forte e chiaro, così come la parola d’ordine ritmata al picchetto e nel corteo: “8 ore, 5 giorni!” La solidarietà tra lavoratori viene prima di ogni polemica sulle forme di lotta o la sindacalizzazione con altre sigle. Né può sfuggire che il picchetto è una delle forme di lotta che il governo intende criminalizzare trasformandolo in un reato, e che l’aggressione squadrista aveva lo scopo - fallito - di provocare una reazione.
Gli operai delle fabbriche della zona - tutti immigrati - stanno dando un grande esempio ai loro compagni italiani che lavorano nelle aziende sindacalizzate e sono alle prese con la cassa integrazione e la minaccia di licenziamento. E stanno dando una lezione di sindacalismo di classe anche ai dirigenti della Filctem Cgil e della Camera del Lavoro di Prato.
Suona stonato il comunicato della Filctem di Prato e Pistoia che, nel condannare fermamente l’aggressione squadrista contro il picchetto, scriveva: “Da anni la Cgil di Prato e la Filctem hanno avanzato proposte, improntate su strategie di intervento per contrastare lo sfruttamento e per tutelare adeguatamente i lavoratori che ne sono vittime; l’episodio della scorsa notte ripropone per l’ennesima volta la necessità di accelerare sugli interventi richiesti da tempo da Cgil Prato e Filctem”. Stonato non per i sacrosanti obiettivi indicati, ma perché deprivato dello strumento principe per sostenere una rivendicazione: il consenso organizzato di lavoratrici e lavoratori che si vuole rappresentare.
E’ dura non essere noi, Cgil, al centro dell’attenzione dei lavoratori in lotta. Ma il 13 ottobre i nostri delegati e funzionari - purtroppo di altro comprensorio - che già conoscevano gli attivisti del Cobas per altre vertenze, sono riusciti a parlare e fraternizzare, facendoci fare un passo avanti. Il ‘sindacato di strada’ - che tante compagne e compagni della Cgil fanno vivere quotidianamente - e la lotta al lavoro povero e contro il part-time involontario fanno leva sull’orgoglio e la rabbia dei lavoratori, ma hanno bisogno di quadri sindacali che non abbiano paura dei padroni, che non passino il tempo negli uffici in attesa che i lavoratori vadano da loro, e che siano esempio di coerenza e determinazione.
Con la franchezza di un militante sindacale di antico conio.