Gestazione per altri: universale è solo la repressione e discriminazione del governo Meloni - di Sandro Gallittu

Nella precedente legislatura, conclusa nel 2022, vennero depositate in Parlamento due proposte di legge gemelle, l’una a prima firma Meloni e l’altra Carfagna: entrambe tendevano allo stesso fine, la cosiddetta criminalizzazione universale della gestazione per altre e altri o, come da loro definita con espressione tanto orrenda quanto fuorviante, “utero in affitto”.

In quegli anni era sempre più evidente l’adesione dei due partiti italiani di estrema destra, Lega e Fdi, alla cosiddetta Agenda Europa” e al relativo appello a Ristabilire l’ordine naturale”: un’adesione certificata dalla partecipazione dei leader delle due formazioni al Congresso delle Famiglie di Verona che nel 2019 causò un giustificato sdegno e dette luogo a un’imponente contromanifestazione, concomitante con l’adunata dei reazionari: da quel momento fu chiara anche un’altra anomala saldatura, quella tra partiti di estrema destra, movimenti no-choice (sedicenti pro-life) e femminismo trans escludente (o gender critical come ama autodefinirsi). Una saldatura che oggi si manifesta nel giubilo degli uni e delle altre per l’approvazione della legge sul reato universale, stavolta a prima firma Varchi.

Non è un caso se oggi nell’occhio del mirino dell’attuale maggioranza c’è sì l’intera comunità Lgbtqia+ (come da copione fascista e postfascista), ma con un odio specifico diretto contro le famiglie omogenitoriali e le persone trans, odio che accomuna e costituisce l’anello di congiunzione tra le destre e quel coacervo di società (in)civile che va dall’integralismo cattolico a chi si ostina misteriosamente a autodefinirsi femminista.

Partire da questa premessa può essere utile per chiarire le vere ragioni di una legge altrimenti non del tutto comprensibile, forse inapplicabile e, speriamo, destinata a essere cassata dalla Corte Costituzionale. Non senza aver attirato sul nostro Paese il biasimo internazionale. Perché è abbastanza evidente che le ragioni più profonde stanno tutte in una miscela esplosiva costituita dal desiderio di sussurrare alla pancia più oscura dell’elettorato di riferimento omolesbobitransfobico, e di pagare il prezzo pattuito ai movimenti di cui sopra. Non bisogna dimenticare i patti pre-elettorali con i no-choice e gli endorsement provenienti da destra e manca (o meglio, da destra e destra) per la prima premier donna (caspita…).

Insomma l’intenzione, nonostante gli inevitabili limiti dettati dall’irretroattività della legge penale (mannaggia!), è quella di gettare tout-court lo stigma della criminalizzazione sulla genitorialitá same-sex, con buona pace della Corte Costituzionale e della Corte europea di Giustizia che richiamano incessantemente alla tutela del superiore interesse del minore a vedere riconosciute entrambe le figure genitoriali a prescindere dalle modalità procreative con le quali è venuto al mondo. Parliamo di bambine e bambini che invece, da domani, si troveranno a vivere in famiglie criminalizzate.

Tornano in mente con orrore i tempi dei figli della colpa che credevamo definitivamente accantonati, e che invece ritornano insieme alle altre vecchie buone cose fasciste che questo governo instancabilmente fa riemergere dai cassetti della memoria più oscura. Che poi si tratti anche di manovre diversive, messe in atto ogniqualvolta ci si trova a dover fare i conti con leggi di bilancio sbilanciate rispetto alle roboanti promesse, è un elemento di cui tenere conto. Questo però non riduce di un grammo la carica di persecuzione violenta che quelle famiglie subiranno negli anni a venire, e che condizioneranno pesantemente e ingiustamente la vita di bambine e bambini: oltre a vedersi privare del riconoscimento legale di uno dei due genitori (con ciò che ne consegue in termini pratici e giuridici), si vedranno anche esposte ed esposti allo stigma di cui si diceva prima.

Se ci fosse ancora chi non crede all’intento persecutorio nei confronti delle famiglie omogenitoriali, basterebbe leggere in controluce la dichiarazione rilasciata dalla ministra della Famiglia già portavoce del famigerato family day: dice infatti che alle frontiere verranno controllate anche le famiglie eterosessuali che rientrano dall’estero con un neonato. Anche? Considerato che l’80 per cento circa di chi accede a quella tecnica procreativa sono famiglie eterosessuali, e che le coppie omosessuali hanno accesso a quelle tecniche solo in paesi in cui la normativa prevede una precisa tutela per tutte le parti coinvolte, verrebbe da parlare di “voce dal sen fuggita”: appare chiaro infatti che l’obiettivo da colpire non è la modalità procreativa in sé o il possibile sfruttamento, ma quel residuo venti per cento di famiglie che osano cercare la realizzazione del desiderio di genitorialitá, pur avendo un orientamento sessuale o un’identità di genere invise a una parte politica che discende direttamente da chi sosteneva che in Italia l’omosessualità non esiste.

 

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