Una riflessione a 60 anni dalla scomparsa.
L’occasione del ricordo di Raniero Panzieri nei sessant’anni dalla scomparsa (ottobre 1964) potrebbe essere colta avviando una riflessione attorno ai fatti di Piazza Statuto a Torino, che costituirono un punto di svolta nella storia del movimento operaio e della lotta di classe in Italia.
Durante la stagione dei contratti dell’industria metalmeccanica, decine di migliaia di dimostranti provenienti dalla Fiat e dalla Lancia, a ondate successive, si riversarono in Piazza Statuto fra il 6 e il 10 luglio 1962, per protestare contro il sindacato della Uil che lì aveva sede e che aveva firmato un accordo separato con la Fiat. Seguirono gravi e prolungati scontri con la polizia, e centinaia di fermi e arresti tra i manifestanti.
Erano gli anni del miracolo economico, dei primi governi di centrosinistra, dell’ondata di migranti, soprattutto giovani, che abbandonavano le campagne e le periferie meridionali per cercare fortuna nel “triangolo industriale” Torino-Milano-Genova.
Erano anche gli anni di una forte invadenza politica delle destre che, quando la Dc di Tambroni osò pensare a un governo che includesse il Msi nell’area di governo, provocarono nel luglio del ‘60 una grande sollevazione operaia e giovanile.
Da parte di quella che poteva essere già definita un embrione di “nuova sinistra” (penso a Quaderni Piacentini) fu esplicitata una forte critica alla posizione del Pci, del Psi e della Cgil, che videro in quei fatti e in quelle posizioni elementi di provocazione, senza riuscire a leggere il nuovo disagio sociale che derivava dalla modernizzazione capitalistica e dalla conseguente ristrutturazione nei rapporti di classe.
Emerse così in quel periodo anche la critica portata avanti dall’operaismo di Panzieri, che pure su Piazza Statuto aveva assunto posizioni lontane da quelle di Quaderni Piacentini. Panzieri, attraverso l’elaborazione sviluppata su Quaderni Rossi, aveva riscoperto alcuni testi di Marx fino a quel punto largamente ignorati come la IV sezione del I libro del Capitale, il “frammento sulle macchine” dei Grundrisse, il Capitolo VI del Capitale (inedito), facendo emergere nel dibattito i concetti di sussunzione formale e di sottomissione reale del lavoro al capitale, per indagare i processi di trasformazione economico-sociale e per analizzare l’organizzazione taylorista e fordista del lavoro.
Panzieri era promotore di una riscoperta della democrazia consiliare e del primato del “soggetto classe” sul predicato partito, critico tanto dell’ideologia della stagnazione quanto dell’ideologia tecnocratica della programmazione, che riduceva la questione sociale a un problema tecnico e identificava il capitalismo con la società industriale e l’illimitato sviluppo della produttività.
Panzieri era anche fortemente critico con l’impostazione togliattiana della celebrazione del nazional-popolare, del recupero storico-culturale della tradizione democratica e soprattutto dello “scarto evidente, nei partiti storici della sinistra, fra il primato esteriore dell’ideologia e la pratica quotidiana di pura amministrazione” (così si identifica, rispetto alla scontro interno al Pci, la posizione di Amendola).
La rivolta di Piazza Statuto segnò per la prima volta l’emergere nella lotta di classe dell’operaio massa, come risulterà al processo dove due terzi degli imputati per le violenze di strada saranno giovani immigrati meridionali. La figura dell’operaio-massa, diretta derivazione della modifica del ciclo produttivo fondato sulla catena di montaggio, emerge in modo più netto e preciso a Torino ‘62 piuttosto che durante la rivolta di Genova del ‘60, della quale era stato protagonista un soggetto più genericamente giovanile, “i giovani dalle magliette a strisce”, con la richiesta di un rinnovamento generazionale che era rimasto come “sospeso”, e gli operai di mestiere delle grandi concentrazioni a Partecipazione Statale, oltre alla figura particolare rispetto ai canoni classici dell’identificazione di classe rappresentata dai portuali delle diverse compagnie (unica, merci varie, carbunin, ecc.).
Il nuovo soggetto dell’operaio massa, posto culturalmente e socialmente fuori dal recinto dell’operaio di mestiere nato in questi primi anni ‘60, sarà una delle figure sociali protagoniste delle lotte degli anni ‘70.
La scomparsa prematura di Panzieri, il disinteresse del Psi ormai impegnato nell’operazione centrosinistra (la “politique d’abord” di Nenni), e la debolezza teorica e politica dello Psiup, non consentirono a questi importanti spunti di analisi di rappresentare la base per una soggettività politica rappresentativa di un vero e proprio contraltare teorico allo storicismo togliattiano, che del resto non fu mai contestato fino in fondo.