La sfida di civiltà del referendum sulla cittadinanza - di Filippo Miraglia

La legge 91 del 1992 è nata con l’idea di riportare in Italia i discendenti degli italiani. Un obiettivo del tutto fuori tempo e fuori luogo già in quell’inizio degli anni novanta.

Oggi la cittadinanza, come qualsiasi argomento riguardante l’immigrazione, l’arrivo e la presenza di persone di origine straniera nel nostro Paese, è diventato oggetto di campagna di criminalizzazione e diffamazione stabilmente presenti nel dibattito pubblico. Alcuni movimenti politici e partiti, la destra xenofoba ma non solo, e alcuni organi di stampa, hanno costruito la loro fortuna proprio sulle campagne anti immigrazione.

Si tratta di un fenomeno mondiale, sulla base del quale è stata promossa una sorta di internazionale del razzismo e del sovranismo: Trump negli Usa, l'ungherese Orban, Salvini, la francese Le Pen e, purtroppo, tanti altri in Europa. Ma anche tanti autocrati in Medio Oriente, in Asia e in Africa. Gli argomenti sono sempre gli stessi e sono sintetizzabili con lo slogan di cui ha ampiamente fatto uso il nazismo: “Deutschland uber alles”. Oggi si traduce nell’ “America first” di Trump o nel “Prima gli italiani” di Salvini.

Dal 1992 ad oggi i governi e i parlamenti che si sono succeduti, nonostante le dichiarazioni e gli impegni presi, non sono mai intervenuti per modificare una legge nata vecchia. D’altronde dal 1998 in poi, anno di approvazione del Testo Unico sull’Immigrazione (D.Lgs. 286/98), le modifiche legislative intervenute, salvo pochissime eccezioni, vanno tutte nella direzione di restringere i diritti e aumentare gli ostacoli per il raggiungimento dell’uguaglianza. L’esatto contrario di quanto affermato nell’articolo 3 della nostra Costituzione. Un obiettivo perseguito con una certa pervicacia, cercando di far passare il messaggio che gli italiani e le italiane staranno meglio quanto peggio staranno gli stranieri.

All’inizio degli anni ‘90 del secolo scorso gli stranieri in Italia erano poche centinaia di migliaia. Oggi siamo a più di 5 milioni di persone, e tra queste circa 3,7 milioni sono quelle non appartenenti all’Ue. Una dinamica che ha visto per anni un aumento degli stranieri anche sulla base di una naturale crescita dovuta alle nascite, oltre che per i nuovi ingressi per ricongiungimento familiare, e per le tante sanatorie di cui è caratterizzata la storia dell’immigrazione nel nostro Paese.

Delle persone non italiane residenti nel nostro Paese, quasi un milione sono ragazzi e ragazze non ancora maggiorenni che, a causa di questa legge, non modificata anche da tanti governi progressisti, sono costretti a subire non poche discriminazioni, e a sentirsi estranei nel Paese nel quale vivono e sono cresciuti.

Da qui, oramai più di dieci anni fa, la necessità di dar vita ad una campagna, “L’Italia sono anch’io”, che metteva al centro il protagonismo dei giovani di origine straniera, sensibilizzando l’opinione pubblica con una raccolta firme per una legge di iniziativa popolare. La legge, che raccolse più di 100mila firme, approdò in Parlamento all’inizio del 2012.

Da allora purtroppo nulla è cambiato. Anzi, il consenso che nel 2012 c’era intorno all’idea di una riforma che guardasse alla realtà del nostro Paese, facendo sentire le famiglie e i giovani di origine straniera a casa loro in Italia, si è pian piano affievolito. L’assenza di un soggetto politico che investisse su questo obiettivo, e l’impegno straordinario delle destre xenofobe per impedire qualsiasi miglioramento, attaccando il mondo dell’immigrazione con ogni mezzo, ha determinato una oggettiva condizione di debolezza sia del mondo dell’immigrazione che delle associazioni che si battono per i diritti umani.

Per questo, quando Riccardo Magi ci ha proposto di partecipare a un referendum per modificare la legge sulla cittadinanza, abbiamo accettato con convinzione, ponendo solo una condizione che per noi è stata sempre imprescindibile: l’iniziativa doveva essere guidata dalle associazioni dei ragazzi e delle ragazze di origine straniera.

Quando queste associazioni, “Italiani senza Cittadinanza”, “Coordinamento Nazionale delle Nuove Generazioni Italiane” (CoNNGI) e “Idem Network”, ci hanno chiesto di sostenere la loro iniziativa, non abbiamo esitato, e nonostante le tante incertezze sui tempi e sulla fase politica, ci siamo impegnati a fondo per raccogliere le firme sulla piattaforma online del ministero della Giustizia.

Il successo dell’iniziativa, che in 18 giorni ha raccolto più di 630mila firme, dovrebbe interrogarci tutti su cosa sono oggi la partecipazione e la comunicazione, anche quella politica. La presenza di alcuni volti noti del mondo della cultura e dello spettacolo ha innescato un’adesione a catena che nessuno di noi poteva prevedere.

Adesso, dopo il parere della Corte Costituzionale, ci attende una campagna referendaria importante, che però può rappresentare davvero una sfida per noi tutti, per l’Italia democratica, per le forze sane di questo Paese. Una sfida per invertire la direzione, dare parola e centralità ai protagonisti di questa battaglia, e finalmente sfidare gli imprenditori politici del razzismo sul terreno dei diritti e dell’allargamento della democrazia.

 

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