I tamburi di guerra tra Israele e Hezbollah sono iniziati da ottobre del 2023 e si sentivano forti. La dimostrazione dei muscoli era quasi giornaliera, attacchi limitati di Israele che ricevevano risposte moderate da parte di Hezbollah. Contemporaneamente entrambi dichiaravano di non aver intenzione di allargare il conflitto in atto. Il 18 agosto scorso, con un attacco aereo, Israele ha ucciso il generale Fuàd Shukr, braccio destro del temibile segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah. Shukr, figura militare di primo piano, guidava i soldati di Hezbollah da oltre 40 anni, lavorava dietro le quinte e il suo volto era ignoto a tutti, ma sulla sua testa pesava una taglia di 5 milioni di dollari.
A metà settembre Israele, con un’operazione di intelligence, ha fatto esplodere 4.000 apparecchi di comunicazione, dispositivi cercapersone in mano agli operatori di Hezbollah, causando decine di morti e centinaia di feriti, molti dei quali hanno perso la vista, come afferma lo stesso Hezbollah.
Il 20 settembre un raid israeliano a sud di Beirut, roccaforte di Nasrallah, ha causato l’uccisione di circa 50 persone e oltre 100, feriti molti dei quali donne e bambini, come afferma il governo libanese. Quel raid violento aveva preso di mira degli altissimi dirigenti di Hezbollah e in primis il capo della brigata Al Raduwan, Ibrahim Aqeela, uno dei fondatori dello stesso partito, una figura di primo piano non solo militare.
Il raid ha distrutto completamente diversi palazzi in una zona molto popolata dove era convocata una riunione del gruppo dirigente di Hezbollah. Israele ha colpito duramente le basi di Hezbollah, il quale ha reagito colpendo basi militari israeliane. Con questi atti così eclatanti, Israele non solo ha ucciso altissimi dirigenti di Hezbollah, ma ha anche modificato la metodologia di ingaggio che era più o meno stabilita tra le parti.
Nasrallah ha sempre dichiarato che Beirut è come Tel Aviv e se Israele colpisce Beirut la resistenza colpirà Tel Aviv, seguendo la famosa ed antica legge di Hammurabi – occhio per occhio e dente per dente.
Il governo di destra in Israele ha dichiarato che sposterà il peso e le truppe da Gaza al fronte del nord per affrontare Hezbollah, e così ha fatto. Nei giorni scorsi l’aviazione israeliana ha scatenato l’inferno sul Libano colpendo la stessa capitale, causando oltre 620 morti e 1.550 feriti nel giro di tre giorni, molti dei quali donne e bambini.
Hezbollah, da parte sua, ha reagito lanciando missili Katyusha e missili Fadi 1, Fadi 2 e Fadi 3 sul territorio israeliano, mandando un numero imprecisato di droni a bombardare basi militari in Israele, come il complesso industriale di Raffaello, nonché aeroporti nelle vicinanze di Haifa, arrivando in profondità in Israele, oltre 100 chilometri dai confini. Notizie sicure affermano che diversi missili di Hezbollah hanno raggiunto Safa, Acri, Affougeh, Selfit, Nablus ed altre località in Cisgiordania. Le sirene di allarme suonano di continuo in tutta Israele.
I dati forniti dal governo libanese parlano di oltre mezzo milione di persone che abbandonano il sud del Libano. Gli sfollati impiegano oltre 11 ore per arrivare a Tiro, dove cercano rifugio in chiese, scuole e presso amici e parenti.
Da parte israeliana, oltre ai 130mila cittadini che da tempo hanno abbandonato gli insediamenti confinati con il Libano, si aggiungono oltre 800mila persone costrette a vivere nei bunker.
È una situazione molto complicata. Da un lato il governo di estrema destra di Israele non intende dialogare ma va diretto allo scontro militare, distrugge totalmente Gaza, invade la Cisgiordania e demolisce diversi campi profughi, chiude gli studi di Al Jazeera a Ramallah perché non vuole testimoni, bombarda un paese sovrano, il Libano, compie attentati a Damasco e Teheran: fa tutto questo sotto gli occhi del mondo e nessuno fa nulla per fermarlo, anzi tutto il contrario.
Dall’altra parte c'è Hezbollah e con esso diversi movimenti del cosiddetto “asse della resistenza” guidato dall’Iran, dove il neo presidente Massoud Pezeshkian ha dichiarato, in un’intervista alla Cnn, “non possiamo permetterci che il Libano diventi un’altra Gaza”, sollecitando la comunità internazionale ad intervenire.
Se il mondo occidentale, come è evidente, non permette la sconfitta di Israele, anche l’Iran non può permettersi di far perdere l’“asse della resistenza”. Significherebbe perdere la posizione, il ruolo e il progetto di un paese leader nella regione e a livello mondiale.
Qualcuno deve scendere dall’albero, non è facile sicuramente, ma certi valori quali la solidarietà, la convivenza pacifica tra diversi, il bene dell’umanità e la pace devono prevalere.
Il mio articolo precedente era titolato “fermate Netanyahu prima che sia troppo tardi”. Ancora tocca alla comunità internazionale fermare i piani disastrosi e disumani di Netanyahu prima che sia troppo tardi, perché qualsiasi strada intraprende avrà delle conseguenze non solo sul popolo palestinese, ma su tutti i popoli della regione, se non del mondo intero!
Ecco arrivato, purtroppo, quel momento.
(24 settembre 2024)