Diritti in campo a Verona - di Mariapia Mazzasette

Flai Cgil, la categoria che in Confederazione organizza i lavoratori e le lavoratrici della filiera alimentare dall’agricoltura all’industria di lavorazione, da alcuni anni ha avviato il progetto “Brigate del Lavoro”, gruppi di sindacalisti che durante i periodi di raccolta dei prodotti agricoli percorrono il territorio per incontrare le persone che lavorano nei campi. E’ il “sindacato di strada”, una pratica avviata da Flai Cgil ormai vent’anni fa e mutuata dall’esperienza di Federterra e di Federbraccianti.

Sindacalisti e sindacaliste provenienti da tutta Italia, quest’anno per la prima volta insieme ad altre associazioni, promuovono l’attività di tutela sindacale direttamente nei campi e lungo le strade percorse dai lavoratori. Forniscono informazioni sui diritti tramite volantini in varie lingue, e consegnano materiali quali cappelli, borracce, gilet ad alta visibilità.

Nel mese di luglio le Brigate del Lavoro sono state a Latina e a Foggia. Dal 16 al 20 settembre scorsi, per la prima volta, si sono spostate nell’Italia settentrionale, in provincia di Verona.

La scelta del Veneto e di Verona non è stata casuale. I furgoni di Flai Cgil hanno attraversato un territorio agricolo ricco, caratterizzato da produzioni di eccellenza, come le uve da cui si ricavano il Soave, il Valpolicella, il pregiatissimo Amarone, e produzioni di frutta e orticole destinate prevalentemente all’export.

Il valore delle esportazioni dei prodotti agricoli della provincia veronese nel 2023 è stato pari a 671,5 milioni di euro, con un aumento del 24,6% rispetto al 2013. Aumenta il valore aggiunto dei prodotti, cresce il Pil pro-capite veronese, che è pari a quasi 35mila euro, superiore ai 29.700 della media nazionale e ai 34mila euro della media regionale (dati 2022).

Eppure, anche in una provincia così ricca, con produzioni agricole che generano ricchezza, il lavoro agricolo è un lavoro povero. E’ un lavoro legato alla stagionalità, quindi prevalentemente temporaneo e caratterizzato da discontinuità. Il Silv - Sistema Informativo Lavoro del Veneto - quantifica le assunzioni a tempo determinato in agricoltura nel 96% delle assunzioni totali.

Le aziende agricole diminuiscono ma aumentano di dimensioni e, insieme alle aziende, in agricoltura cambia anche il mercato del lavoro, con un sempre maggiore ricorso a manodopera esterna, soprattutto per i periodi di raccolta. La crescita del fabbisogno di lavoratori e le caratteristiche del lavoro - temporaneità, bassa retribuzione e condizioni lavorative disagiate - rendono difficile il reclutamento di personale. Non si trovano lavoratori e quindi bisogna farli venire dall’estero.

La presenza di lavoratori immigrati è divenuta strutturale nell’agricoltura veneta. Il numero dei cittadini non comunitari è triplicato nel corso dell’ultimo decennio, con un’incidenza superiore a quella degli altri comparti occupazionali. Nel veronese nel 2023 risultano essere stati impiegati in agricoltura 18.320 lavoratori immigrati, pari al 70% del totale degli addetti.

C’è bisogno di lavoratori, come continuano a chiedere le associazioni datoriali agricole, ma l’attuale normativa nazionale che regola l’ingresso di lavoratori stranieri (Bossi-Fini), nell’ossessione di impedire l’immigrazione “clandestina”, impedisce proprio l’ingresso regolare di chi vorrebbe solo lavorare.

A marzo 2023, a fronte di 44mila quote d’ingresso per lavoro stagionale disponibili, vi erano 150mila domande. Nonostante questo si registra una forte differenza tra le domande di nulla osta presentate e i rapporti di lavoro effettivamente instaurati.

Le persone vittime della truffa dei flussi che hanno assoluto bisogno di un lavoro, a cui si aggiungono i richiedenti asilo che lo cercano (nella speranza che la presenza di un contratto favorisca l’accoglimento della loro domanda d’asilo), generano un bacino di persone costrette a lavorare praticamente a qualsiasi costo, che unito al fabbisogno insoddisfatto di manodopera agricola creano le condizioni dello sfruttamento.

Le Brigate del Lavoro uscivano la mattina presto e nel tardo pomeriggio, incontrando i lavoratori sulle strade che percorrono per andare e tornare dai campi, dalle serre, dai vigneti. Sono centinaia i lavoratori con cui siamo venuti a contatto. Abbiamo constatato direttamente le difficoltà, il disagio, la fatica vissuti. Alcuni ci hanno chiesto come fare per ottenere documenti regolari. Un ragazzo ci ha raccontato di versare 200 euro al mese per un posto letto in una casa con altre 15 persone.

Attraverso l’azione del sindacato di strada, intendiamo tenere accesi i riflettori su questi lavoratori e sul mondo agricolo. Vogliamo rilanciare la necessità dell’applicazione delle leggi esistenti, a partire dalla 199 del 2016, ma soprattutto chiedere con forza la cancellazione della legge Bossi-Fini, che getta tra le braccia di caporali e delinquenti i lavoratori agricoli, e non solo loro.

 

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