Amazon Italia Transport: garantire diritti e condizioni di lavoro in tutta la filiera - di Ignazio Oliva

Lo scorso luglio la Guardia di Finanza di Milano ha sequestrato 121 milioni di euro alla società Amazon Italia Transport, che si occupa, attraverso l’utilizzo di ditte appaltatrici, della consegna della merce in vendita sul sito di e-commerce più famoso del mondo.

L’ipotesi di reato contestata è l’evasione fiscale, dovuta al sistema di appalti che, così come formulato e per come lo conosciamo, non lascia spazio agli imprenditori di fare azienda. Di fatto, il committente governa ogni processo produttivo e organizzativo delle società appaltatrici.

Questo quadro di instabilità, associato alla trattativa per il rinnovo contrattuale, entrata nel vivo in questi giorni, rischia di rendere turbolento l’autunno ormai alle porte, generando non poche paure fra i lavoratori.

Che cosa intenda fare il committente delle circa 27 imprese in appalto in Lombardia, delle oltre 100 sparse su tutto il territorio nazionale e dei relativi dipendenti, non è ancora chiaro. Ci troviamo, inoltre, a ridosso della scadenza, prevista per il 31 dicembre 2024, di un altro importante accordo di II° livello siglato a livello nazionale tra Filt Cgil, Fit Cisl e Uilt con Assoespressi il 23 novembre 2021, che regola alcuni aspetti normativi ed economici della filiera Amazon.

Complessivamente la platea di iscritti alla Filt Cgil in queste aziende in Lombardia, composta da circa mille fra lavoratrici e lavoratori, rivendica condizioni di lavoro più sicure e un salario adeguato, in forza dei sempre crescenti carichi di lavoro. Per queste motivazioni, correlate l’una con l’altra, sono state avanzate a più riprese da parte della segreteria Filt Lombardia diverse richieste di intervento ai datori di lavoro, nonché all’associazione datoriale Assoespressi, per garantire condizioni di sicurezza adeguate, da non mettere in secondo piano rispetto alle mire capitalistiche di Amazon e della filiera che governa.

Oggi aspettiamo risposte concrete, che non si limitino “solo” alle citate condizioni di carichi e sicurezza sul lavoro. Attendiamo con ansia di conoscere le azioni che Amazon Italia Transport vorrà intraprendere per affrontare i reati contestati, per comprendere se un’eventuale internalizzazione di tutto il personale della filiera possa essere la soluzione di tutti i problemi, o se la riduzione del numero delle imprese appaltatrici possa ristabilire l’equilibrio necessario all’interno della filiera.

Inoltre, fra le carte della Procura, si parla anche di somministrazione di lavoratori come possibile modus operandi per poter cambiare le cose rispetto all’attuale modello di appalti non genuini, così come contestato dagli organi competenti. Ma questo definirebbe un aumento dei livelli di precarietà, in contrasto con uno degli obiettivi che ci poniamo come organizzazione sindacale.

Sarà nostra responsabilità governare questo processo che, in un modo o nell’altro, segnerà un cambiamento - che vogliamo migliorativo - per ciò che riguarda la filiera Amazon e il suo modello di business. Fino ad ora, a detta della dirigenza italiana, è stato governato dall’ algoritmo che decide e norma ogni aspetto delle lavorazioni da svolgere. Ma per noi è evidente che questo processo non ha a cuore il benessere delle lavoratrici e dei lavoratori, e questo ci spinge ad avviare le giuste rivendicazioni sulle contromisure sindacali da attuare di fronte al ricorso sempre più frequente, da parte dei grandi colossi della logistica, a sistemi di calcolo che governano i processi produttivi all’interno delle aziende a scapito dei lavoratori.

Oggi, e nei prossimi anni, affrontiamo quel fenomeno chiamato “caporalato digitale”, che sembra sempre più essere il vero “nemico” dei diritti dei lavoratori e della qualità del lavoro.

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