Referendum sul lavoro: quattro milioni di firme! - di Denise Amerini

Riflessioni a margine della consegna delle firme in Cassazione, il 19 luglio scorso.

Venerdì 19 luglio, sotto un sole cocente, quattro furgoni stracarichi di scatole sono partiti dalla sede della Cgil nazionale di corso Trieste a Roma, per raggiungere la sede della Corte di Cassazione, popolarmente nota come “il Palazzaccio” (vedi: https://www.collettiva.it/copertine/lavoro/quattro-milioni-di-grazie-xvtv2e3w). Sono state consegnate le firme raccolte, ben quattro milioni fra fisiche e online, a partire dal 25 aprile, per i quattro referendum promossi dalla Cgil per cambiare le leggi sul lavoro. Leggi sbagliate, negli ultimi anni, promosse da tutti i governi che si sono succeduti, che hanno peggiorato le condizioni di vita e di lavoro di tutti coloro che devono, appunto, lavorare per vivere. Ricordiamo cosa chiedono i quesiti referendari: per il diritto alla reintegrazione in caso di licenziamento illegittimo; per cancellare il tetto all’indennizzo; per abrogare le norme che hanno liberalizzato l’utilizzo dei contratti a termine; per estendere la responsabilità alle imprese appaltanti in caso di infortunio.

Un numero così alto di firme raccolte, ai tantissimi banchetti nelle Camere del Lavoro e online, è un dato assolutamente importante, che deve far riflettere anche la politica, visto l’astensionismo sempre più elevato che caratterizza ogni tornata elettorale.

I banchetti ci dicono l’importanza di stare tra le persone, con le persone. Di affrontare concretamente i temi, i problemi, che riguardano la vita concreta, materiale, delle persone. Ce lo chiedono i tanti lavoratori sfruttati, sottopagati, precari, al nero che vogliamo e dobbiamo rappresentare, che si sono recati ai banchetti per firmare. Ce lo chiedono i morti sul lavoro. E ci indicano anche la strada da proseguire: lavoro stabile, meno precario, con maggiori tutele e pieni diritti.

Ci dicono che questo è il sindacato di strada: non uno slogan, tanto meno un vezzo: è stare con i lavoratori, con le persone, promuovere partecipazione, solidarietà, diritti e tutele.

Adesso dobbiamo mantenere alto il nostro impegno, sia per la raccolta di firme per il referendum sull’autonomia differenziata, sia per raggiungere il quorum quando si andrà a votare. E dobbiamo tenere legate queste battaglie con tutte quelle che ci devono vedere sempre in prima linea per la garanzia dei diritti costituzionali, per la difesa della Costituzione, sempre più sotto attacco da parte di questo governo. Penso all’autonomia differenziata, che oltre a dividere il paese, e non solo fra nord e sud, impoverirà tutti, accentuerà le disparità, renderà ognuno più solo.

Ma non c’è solo questa, l’attacco ai diritti, alla solidarietà, alla convivenza civile è quotidiano. Questo è il governo che criminalizza il disagio, la povertà, che privatizza la sanità, che divide, che limita la libertà di stampa, che condona gli evasori fiscali, che attacca i diritti delle donne, che mette in carcere le donne incinte, che introduce il reato di resistenza passiva in carcere, che vuole anche riportare in vita i manicomi…

Che manda avanti qualcuno con proposte strampalate - come quella di proibire l’uso dei termini femminili negli atti pubblici - che più che boutade sembrano avanzate ad arte perché si parli di quello e non di altro.

Intanto prosegue a grandi passi con il proprio disegno eversivo, di costruzione di uno stato etico, dove va avanti solo chi ha i mezzi e gli strumenti per poterlo fare.

Per questo è importante esserci, sempre, portare la nostra voce, la nostra presenza, per contribuire a costruire quella coscienza collettiva, oserei dire di classe, oggi quantomai necessaria e indispensabile. I banchetti, oltre i contenuti dei quesiti referendari, questo sono stati: richiesta di cambiamento, richiesta e bisogno di partecipazione.

Questo pensavo mentre sotto il sole ci passavamo di mano in mano, fra compagni e compagne affaticati, sudati e ridenti, i pacchi con i milioni di firme raccolte in poche settimane. Questa è la “Via Maestra”, la via giusta per contrastare le politiche del governo, per ripristinare diritti che progressivamente sono stati tolti, abbagliati dal miraggio del libero mercato, della concorrenza, del “merito”. E’ il modo per far tornare protagonisti i cittadini. E’ il modo per provare a fermare l’avanzata delle destre, che sembra oggi inarrestabile nel mondo occidentale.

 

Non è così: ce lo dicono i quattro milioni di firme. Ci dicono che l’unico modo per difendere la democrazia è praticarla.

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