Io sono Latina - di Franca Sussarellu

Stralci dell’intervento all’Assemblea generale Filctem Cgil Toscana del 10 luglio scorso.

Mi chiamo Littoria, sono nata il 18 dicembre del 1932 nell’Agro Pontino. Dopo le inopportune e inenarrabili vicissitudini storiche del ventennio fascista, decisero di cambiarmi il nome, (…) fui battezzata il 7 giugno del 1945, quindi, per tutti voi, oggi il mio nome è Latina. (…)

L’economia principale della mia terra è l’agricoltura, pensate c’è un centro di distribuzione agroalimentare all’ingrosso che, secondo in Europa solo a Parigi, movimenta 1,20 milioni di tonnellate di prodotti ortofrutticoli all’anno. Nella mia tavola non mancano carote, zucchine e in particolare i kiwi, siete tutti e tutte invitate ad assaggiare la vite Moscato e il Bellone, non è un ragazzo, lo chiamano anche Cacchione, insomma è un ottimo vino da tavola.

Siamo romani ma non disprezziamo i veneti…sono un’eredità dialettale storica di cui non possiamo fare a meno. Siamo un bel popolo. Esiste nella mia provincia una invidiabile pluralità etnica, fatta di colori, di abiti sgargianti, di festività e profumi orientali. Un giorno ho addirittura partecipato a un matrimonio indiano, così in quella occasione sono stata omaggiata di quella tradizione fatta di simboli che ha aumentato il mio senso appartenenza la mondo.

Ho tanti amici che vivono nelle vicinanze e dormono in alloggi di fortuna spesso ricavati da capannoni, non sono molto adatti per essere utilizzati come abitazioni, e le loro condizioni igienico sanitarie mi rendono imbarazzata davanti alla mia tavola imbandita e alla mia pur modesta dimora.

I miei amici e le mie amiche lavorano in agricoltura e vanno tutti i giorni a lavorare, compresi i sabati e le domeniche, sopra dei pulmini o furgoni modificati per il trasporto di un numero di persone maggiore di quello consentito. Un giorno mi è capitato di darci uno sguardo, i sedili erano smontati e sostituiti con panche di legno per aumentarne la capienza.

Loro fanno turni di 12 ore al giorno con paghe che vanno dai 5 ai 6 euro l’ora, non sono assicurati contro gli infortuni, non hanno alcuna pausa, nemmeno quella per andare in bagno. Anche perché sul posto di lavoro non sono previsti servizi igienici né tanto meno spogliatoi. Insomma sono schiavi, schiavi dei loro padroni, schiavi dei loro caporali.

Ci sono state diverse denunce. Pensate che dalle indagini sull’attentato alla sede del Parco nazionale del Circeo, nel giugno del 2019, è stato arrestato l’imprenditore balneare Scavazza che voleva vendicarsi del sequestro del suo stabilimento. Nello stesso periodo ci fu l’inchiesta “jamuna” dove Massimo Varelli e il suo socio Renzo Lovato erano imputati nel processo insieme a Danilo Calvani, leader del movimento dei forconi e dei trattori, per minacce e violenza contro un nuovo proprietario terriero di un’azienda agricola di Pontinia finita all’asta. Lo stesso Lovato che ha ucciso il povero Satnam, che ha avuto un braccio destro tranciato dal macchinario avvolgi plastica gli arti inferiori schiacciati. Il disumano strazio ha richiesto alcune ore prima di compromettere definitivamente le possibilità di sopravvivenza. (…) Una morte lenta e disumana. Una morte senza diritti, una morte insensata.

Insomma sono testimone di una holding di imprenditori locali grandi e piccoli che vogliono tutelare il loro business. Un business costruito sull’illegalità, sulla discriminazione, sulla violazione di ogni dignitoso parametro etico legato al lavoro.

(…) I miei amici e le mie amiche non sono italiani. Nella mia provincia ci sono circa 30mila immigrati asiatici, in gran parte indiani di etnia sikh. Per il mio Stato circa 8mila uomini e donne sfruttati non esistono, sono entità clandestine, un esercito di fantasmi senza nome che contribuisce alla costruzione della bella facciata italiana.(…) Il permesso di soggiorno viene dato, dopo lunghe trafile burocratiche, a chi lavora per un anno, scaduto il permesso quindi passati i dodici mesi sei ufficialmente clandestino.

(…) I figli dei miei amici e delle mie amiche, sono stranieri, non godono dello jus soli perché in Italia esiste lo jus sanguinis, quindi acquisisci la cittadinanza per discendenza. Allora, in nome del sangue della povera gente che contribuisce a rendere l’Italia un motore economico a livello europeo, bisognerebbe iniziare a riconoscergli l’opportuno diritto di essere italiani.

(…) L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Ma in Italia tre milioni e mezzo di lavoratrici e lavoratori sono poveri. L’Italia è l’unico paese europeo in cui i salari reali sono più bassi oggi rispetto al 1990. Siamo un paese in cui è soprattutto il lavoro dipendente ad essere diventato più povero: a fronte dell’aumento dei prezzi solo negli ultimi tre anni del 17% i salari sono aumentati del 4,7%. (…)

 

Questo paese non ha futuro con queste sacche di precarietà e di lavoro povero. Mettiamoci nei panni di chi, e sono tanti, soprattutto tra i giovani e le donne, hanno un contratto che dura un mese e non sanno se l’avranno domani: ma come fanno ad uscire di casa, come fanno a costruirsi un futuro o una famiglia?

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