L’azienda elettronica coreana Samsung è il più grande produttore mondiale di chip di memoria. I lavoratori di Samsung non avevano mai scioperato nei 55 anni di storia dell’azienda, pur in un periodo di crescita di un forte movimento operaio in Corea del Sud.
Dopo aver indetto uno sciopero di tre giorni, il 10 luglio scorso il National Samsung Electronics Union (Nseu) ha deciso lo sciopero ad oltranza, perché l’azienda continua a eludere le trattative su retribuzione e ferie, invocando la mancata rappresentanza della maggioranza dei lavoratori da parte del sindacato. Fondato nel 2019, il Nseu rappresenta circa il 25% dei 125mila dipendenti di Samsung in Corea del Sud.
La lotta sembra avere un peso strategico sull’azienda: circa il 90% dei membri Nsue lavorano alla produzione di dispositivi parte integrante dei chip. Il sindacato ha minacciato di paralizzare gradualmente tutta la produzione di chip. Finora, solo 6.500 lavoratori hanno incrociato le braccia. Come passo successivo, il Nsue minaccia di concentrarsi sui chip ad alta larghezza di banda (Hbm), essenziali per l’intelligenza artificiale (AI), su cui l’azienda ha iniziato a investire massicciamente per raggiungere il leader mondiale taiwanese Tsmc.
Lo sciopero ha colpito Samsung in un momento critico di inversione di tendenza dopo anni di contrazione di vendite e ricavi. L’utile operativo del primo trimestre 2024 è stato di 6.600 miliardi di won (4,8 miliardi di dollari), in aumento del 932,8% sul primo trimestre del 2023, quando era sceso al minimo degli ultimi 14 anni. La prospettiva è diventata rosea grazie al boom dell’intelligenza artificiale. In più, lo scorso aprile Galaxy, lo smartphone di punta di Samsung, ha superato l’iPhone di Apple come bestseller mondiale, non tanto perché Samsung abbia avuto la meglio dal punto di vista tecnologico, quanto per l’espansione in Cina, dove le tensioni politiche e commerciali con Washington le hanno consentito di erodere il mercato al rivale statunitense.
Un dipendente medio di Samsung guadagna più di 120 milioni di won (87mila dollari) l’anno, con il Pil pro capite della Corea del Sud a 32mila dollari. Sia i compensi dei dirigenti che quelli degli operai sono legati a uno schema di partecipazione agli utili. Ciò ha incentivato i dipendenti, sulla base di una combinazione di obiettivi individuali e aziendali, spingendoli a lavorare di più e più a lungo, con grandi sacrifici personali e in condizioni di salute e sicurezza molto spesso pericolose.
Tre decenni di sforzi, senza scrupoli, hanno trasformato Samsung nella potenza tecnologica che domina contemporaneamente i mercati globali dei chip e degli smartphone. Il processo è stato finora sostenuto dal consenso dei dipendenti al compromesso tra lavoro pesante e senza limiti, e retribuzione elevata.
Il Nseu ora chiede un aumento dei salari del 5,6%, in calo sulla richiesta iniziale del 6,5%, e un incremento delle ferie pagate. Ma il vero punto di scontro è il parametro della retribuzione incentivante, noto come Eva (valore aggiunto economico), che rappresenta tra il 30% e il 50% della retribuzione totale. L’Eva è l’utile operativo al netto delle imposte meno i costi di capitale. Ciò riduce gli incentivi per dipendenti, spesso indipendentemente dalle loro prestazioni, costringendoli di fatto a sostenere una parte dei costi di investimento.
Quel che è peggio, la formula di Samsung per l’Eva rimane sconosciuta. Nel 2023, con la linea di chip in rosso, molti dipendenti hanno visto il loro compenso diminuire mentre i dirigenti continuavano a percepire stipendi più elevati. L’amministratore delegato Han Jong-hee ha ricevuto 6,9 miliardi di won (5,2 milioni di dollari), il 49% in più dell’anno prima.
Il Nseu chiede la sostituzione dell’Eva con l’utile operativo come parametro più trasparente. Ritengono che, con l’uso dell’Eva, Samsung tenga costantemente la loro paga sotto ricatto e ampli la disparità tra i compensi dei dirigenti e dei lavoratori, in un momento in cui Samsung sta investendo in modo aggressivo per superare Tsmc e altri produttori nei chip specifici per l’intelligenza artificiale.
Solo nel 2020 Samsung ha formalmente posto fine a una politica antisindacale di lunga data, attraverso la sorveglianza e l’intimidazione, dopo lo scoppio di uno scandalo di corruzione che ha coinvolto il nuovo presidente, Lee Jae-yong, rampollo della terza generazione della famiglia fondatrice, e l’allora presidente della Repubblica, Park Geun-hye. Comportamenti illeciti che sono stati motivo diretto dell’impeachment di Park nel 2017, dopo mesi di proteste di massa della “Rivoluzione a lume di candela”.
La brutale storia antisindacale di Samsung, e i sacrifici di molti dei suoi lavoratori, sfatano il mito secondo cui benefit e retribuzioni elevate possano sostituire il potere di contrattazione collettiva dei lavoratori.
L’impatto dell’attuale sciopero ad oltranza continuerà sicuramente a farsi sentire indipendentemente dal risultato, perché è stato innescato dalla consapevolezza che anche i lavoratori meglio pagati non possono fare affidamento sulla “benevolenza” del loro datore di lavoro.
(fonti: Peoples Dispatch, Labor Notes, Jacobin Usa)