Luigi Saraceni. L’indelebile e rafforzativo ricordo di un giurista democratico - di Antonio Bevere

Luigi Saraceni è entrato in magistratura negli anni ‘60, quando i vertici del terzo potere erano ancora condizionati e diretti dalla cultura reazionaria e antipopolare maturata nel regime fascista. I servizi segreti schedavano e controllavano le ‘toghe sospette’ e proponevano interventi punitivi in tutte le occasioni in cui il magistrato eretico prendeva iniziative e pronunciava sentenze contrastanti con l’egemonia culturale dei poteri forti.

I giudici progressisti che, con Saraceni, fondarono l’associazione Magistratura Democratica, avevano, come stella-guida della propria professione, il garantismo: un modello professionale del magistrato impegnato nel costante sostegno dei valori del giusto processo contro l’arbitrio tradizionale in favore della classe capitalista. Si trattava quindi di una scelta, prima che culturale, di solidarietà morale e umana con i cittadini deboli, di basso reddito, di subalternità nel luogo di lavoro.

Veniva così elaborata e diffusa la ‘giurisprudenza alternativa’ in chiave garantista, prodotta da un ristretto e coraggioso gruppo di magistrati che, nell’arco di tempo tra i decenni 1960-70, avevano ritenuto doveroso partecipare, unitamente a tutti gli organi dello Stato, all’attuazione-sviluppo dei principi della Costituzione antifascista, nella prospettiva di concretare il programma contenuto nel secondo comma dell’articolo 3: rimuovere tutti gli ostacoli al pieno sviluppo della persona umana e all’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Nel ristretto ambito operativo del magistrato, si trattava – grazie a un’interpretazione rigorosamente fedele al principio di uguaglianza formale e sostanziale - di garantire ai soggetti in posizione tradizionalmente arretrata e illegittimamente subordinata la tutela dei loro diritti fondamentali e patrimoniali, in caso di controversia civile e penale con una controparte superiore economicamente e socialmente. Di qui la nascita in quegli anni della nozione – affinatasi e precisata nel corso di successive riflessioni e polemiche - del ‘garantismo’ e del giurista e del giudice ‘garantista’.

Luigi Saraceni è stato protagonista di questo movimento di sostanziale giustizia e di concreta uguaglianza in aspra polemica con i colleghi continuatori della giustizia di classe, con rottura della solidarietà corporativa - promuovendo, con il proprio lavoro e con l’organizzazione di pubblico dissenso - l’indipendenza della magistratura: esterna – nei confronti dei forti poteri pubblici e privati - interna -rispetto ai vertici burocratici condizionati dal governo.

Diventato presidente della quinta sezione penale del Tribunale di Roma, si è distinto, per la serietà e la imparzialità intellettuale, per lo spirito didascalico verso i giovani colleghi che hanno espresso volontà emulativa e stima affettuosa per l’esperto e stimolante professionista.

Nel 1998, da parlamentare, fu cofirmatario, insieme ad Alberto Simeone, della fondamentale legge 165 di riforma delle misure alternative alla detenzione inframuraria. Si è battuto con il collega Giuliano Pisapia in difesa del sindaco calabrese Mimmo Lucano, la cui lodevole organizzazione di accoglienza e di inserimento nella società italiana di immigrati da paesi sottosviluppati, è stata alterata e criminalizzata da quella magistratura che ancora ritiene suo compito esclusivo perseguitare i poveri e privilegiare i ricchi.

Lo stesso Giuliano Pisapia, nell’introduzione al libro di Saraceni “Un secolo e poco più” (Sellerio) descrive con commossa ammirazione lo stile di uomo giusto di Luigi Saraceni: “Magistrato eretico da quegli anni Cinquanta in cui nei palazzi di giustizia si processava quasi esclusivamente la marginalità sociale e i reati contro la proprietà; giudice convinto che ‘ogni fatto da giudicare è una storia, una microstoria, che a volte, per il protagonista del processo, è la storia della vita’”.

In conclusione, Luigi Saraceni ci ha dolorosamente lasciato, indebolendo il movimento di politica del diritto i cui militanti rifiutano di esser parte di una giustizia forte con i deboli e debole con i forti, ma, con l’uso alternativo del diritto, hanno impostato e coltivano temi nuovi, come le dignitose condizioni del lavoro in fabbrica, la eliminazione della discriminazione delle donne, la tutela dei consumatori, la paritaria severità verso la criminalità dei colletti bianchi, l’umanizzazione delle carceri, l’autonomia dai condizionamenti politici della giurisdizione, l’eliminazione di tutte le disuguaglianze nella società, il rafforzamento del ruolo del diritto nella bioetica e nella difesa dell’ambiente.

 

Continueremo in applicazione della Costituzione antifascista e in ricordo di Luigi Saraceni.

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