La programmazione sociale 2025–2027 in Lombardia. Strumenti per agire la contrattazione sociale e territoriale - di Ivan Lembo

Diritto al lavoro e alla casa, contrasto alla povertà e all’emarginazione sociale, interventi in favore dei giovani, dei minori, delle persone con disabilità. E ancora: politiche e servizi a tutela delle persone anziane, attenzione al tema della non autosufficienza e all’invecchiamento attivo, promozione dell’inclusione attiva dei soggetti più fragili, integrazione sociosanitaria, digitalizzazione dei servizi con attenzione a che questa non crei ulteriori disuguaglianze nell’esigibilità delle prestazioni e dei diritti.

C’è qualcuno di questi temi che non sia, correttamente, al centro dell’attenzione e del dibattito della nostra organizzazione? C’è qualcuno di questi temi che non attraversi i bisogni delle persone che vogliamo rappresentare?

In Lombardia l’avvio della programmazione sociale 2025–2027, che si traduce nei Piani di Zona, consente al sindacato di misurarsi su queste e altre questioni, provando a migliorare le condizioni sociali e materiali delle persone.

La programmazione sociale territoriale, nata oltre vent’anni fa grazie alla rivoluzionaria legge 328/00 con l’obiettivo di realizzare un sistema integrato di interventi e servizi sociali, rappresenta un’opportunità fondamentale per agire la contrattazione sociale territoriale.

Dopo anni di delegittimazione dello strumento, da un punto di vista politico, e conseguentemente economico, gli ambiti territoriali sociali, composti da una rete di comuni dello stesso territorio. secondo criteri definiti a livello regionale, sono oggi realmente la sede della programmazione locale, concertazione e coordinamento dei servizi sociali e delle altre prestazioni integrate. Vuol dire, tra le altre cose, che sono gli ambiti a gestire le risorse economiche di provenienza europea, nazionale e regionale che ricadono nel territorio e che hanno il compito di provare a costruire, insieme agli altri attori istituzionali e sociali, una sinergia tra le politiche sociali e sociosanitarie e quelle del lavoro, della formazione, della casa, della socialità e della coesione sociale di un territorio.

La nuova programmazione sociale in Lombardia avviene in una stagione importante, nella quale bisognerà avere la capacità di definire e ricomporre gli interventi e le politiche sociali in un quadro attraversato da importanti novità: l’attuazione dei primi Leps (livelli essenziali delle prestazioni sociali), attesi per molti anni, la messa a terra della riforma sanitaria regionale e dei progetti legati al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).

L’attenzione del sindacato, oltre sulle tematiche citate in apertura, dovrà concentrarsi su alcune questioni di sistema, necessarie per rilanciare il piano di zona come strumento efficace di programmazione condivisa e partecipata delle politiche sociali. In primo luogo è necessario lavorare sempre più in direzione di una gestione associata dei servizi tra i diversi comuni dell’ambito. Questo vuol dire, ad esempio, avere regolamenti condivisi all’interno dei comuni dell’ambito sociale rispetto ai criteri e alle soglie Isee per accedere ai servizi.

In secondo luogo è fondamentale promuovere meccanismi e pratiche che favoriscano la partecipazione alla programmazione degli interventi da parte tutti gli attori di un territorio. Le difficoltà che attraversano i processi di democrazia e rappresentanza della nostra società sono sotto gli occhi di tutti. La debolezza nel costruire reali forme di partecipazione da parte degli enti locali, e il disimpegno e la disillusione della cittadinanza e dei soggetti sociali, sono stati tra gli elementi di maggiore difficoltà nella definizione nel tempo di una programmazione sociale realmente in grado di rispondere ai vecchi e nuovi bisogni delle persone.

Il percorso per il sindacato è certamente pieno di criticità. Da sempre, e ancora di più con la recente riforma del terzo settore, la politica guarda non al sindacato ma al vasto mondo del terzo settore come soggetto legittimato a discutere di questi temi. Un terzo settore che negli anni ha svolto sempre più un ruolo chiave, anche di innovazione di visione e di pensiero, ma che a volte corre il rischio di non avere una visione generale e di sistema ma funzionale alla gestione diretta dei servizi.

In questo quadro il sindacato non riesce ancora ad esprimere le enormi potenzialità di cui dispone per svolgere una contrattazione sociale territoriale in grado di leggere i bisogni delle persone, fare proposte e diffondere e rivendicare i risultati raggiunti.

Tuttavia ora, e sempre più in futuro, non esistono alternative. In un contesto sfilacciato e frammentato, l’azione di tutela e rappresentanza sociale del sindacato non può che passare dal territorio, integrando la contrattazione nei luoghi di lavoro con la contrattazione dei diritti sociali e di cittadinanza delle persone.

 

 
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