Gkn, la vertenza simbolo dell’Italia di oggi - di Frida Nacinovich

Una lotta operaia con la elle maiuscola, di quelle destinate a restare nella memoria della classe lavoratrice, la working class omaggiata da John Lennon in una delle sue tante splendide canzoni. Le magliette e le felpe con il logo del Collettivo di Fabbrica Gkn sono in migliaia di cassetti e di armadi, popolari come quelle dei grandi artisti rock. E la parola d’ordine #Insorgiamo è entrata a far parte anch’essa del linguaggio comune.

Dopo quasi tre anni, da quel 9 luglio 2021 quando furono licenziati con un messaggio whatsapp, gli operai di quella che ora si chiama Qf non hanno mai smesso di lottare. Nello stabilimento di Campi Bisenzio l’assemblea permanente va avanti, con richieste precise: pagare i sei mesi di stipendio arretrato che spettano loro per legge, commissariare un’azienda che ha dimostrato a più riprese di essere nata solo per fare ulteriore speculazione sulla grande area alle porte di Firenze, costruire un ‘condominio industriale’ con produzioni socialmente e ambientalmente compatibili.

Da due settimane sono accampati in piazza Indipendenza, in tre sono in sciopero della fame. “Farebbe bene anche a me”, sorride Roberto Innocenti, in pensione da poche settimane dopo decine e decine di anni vissuti da metalmeccanico. Il sorriso sparisce un attimo dopo, quando pensa agli ex compagni di lavoro, che non ha intenzione di abbandonare. “Non sarebbe possibile dopo tutto questo tempo”. Per lui la fabbrica è stata più di una seconda casa: “Magari avessi passato in famiglia tutto il tempo che ho passato in Gkn”.

L’ennesimo incontro interlocutorio in Regione Toscana si è concluso con il solito rinvio, anche se il progetto di legge operaio per la creazione di consorzi pubblici industriali ha iniziato il suo percorso nelle commissioni consiliari. “Rinviano, tanto non sono mica loro a digiunare”. Per giunta, nonostante le sentenze della magistratura del lavoro a favore degli operai, ancora ufficialmente dipendenti della 'Qf’ di Francesco Borgomeo che ha acquistato (per un euro…) la fabbrica dalla multinazionale Gkn-Melrose, le 140 tute blu rimaste non ricevono lo stipendio e non possono nemmeno accedere agli ammortizzatori sociali.

“L’azienda non rispetta le decisioni dei giudici - spiega Innocenti - non li ha licenziati ma li ha lasciati a se stessi, e non paga. Chi non ha una moglie che lavora, chi ha figli piccoli, chi ha un mutuo ha dovuto, a malincuore, trovare un’altra occupazione”. Innocenti sperava che, nelle pieghe delle elezioni europee, anche solo per opportunismo, qualcuno di sarebbe mosso per fare pressione su un governo nazionale, quello di Giorgia Meloni, che ha snobbato la vertenza, creando un vero e proprio muro di gomma che di fatto agevola Borgomeo. Lui è in Gkn fin dal primo giorno: “All’epoca era ancora uno stabilimento della Fiat, fu trasferito a Campi Bisenzio dopo aver lasciato la storica sede fiorentina di Novoli dove negli anni novanta è stato costruito il Polo universitario della scienze sociali. Sono stato dipendente Fiat dal 1988 al 1994. Poi fummo assunti da Gkn, una grande multinazionale dell’automotive e iniziammo a produrre semiassi”.

Le difficoltà finanziarie di Gkn l’hanno portata pochi anni fa ad essere acquistata dal fondo speculativo finanziario Melrose, che ha avviato tutta una serie di delocalizzazioni, compresa la fabbrica di Campi Bisenzio. Di qui il licenziamento, comunicato via whatsapp, di ben 422 addetti. Era il 9 luglio 2021, giorno di inizio di un’assemblea permanente che non è ancor finita. “L’ultimo padrone (Borgomeo, ndr) non so neppure come si chiami. So solo che è un bandito, ha fatto tante promesse, e poi ha liquidato tutto”.

“Sono entrato come operaio semplice – racconta ancora - ho finito come responsabile di un reparto con settanta compagni di lavoro”. Il resto è cronaca di oggi, quello di una vertenza simbolo che sta per compiere tre anni, sempre sostenuta dalla Fiom Cgil. Un periodo lunghissimo che ha portato l’intero territorio fiorentino a stringersi intorno a lavoratrici e lavoratori, sostenuti anche da un moto di solidarietà che ha attraversato l’intero paese. Loro sono ‘quelli della Gkn’, oramai un marchio conosciuto ovunque, con il logo ‘Collettivo di Fabbrica’.

“Se la politica fosse un minimo lungimirante - tira le somme Innocenti - il progetto operaio di riconversione produttiva sarebbe già partito. C’è stato un gran lavoro preparatorio, sono interessati anche investitori esteri, tedeschi, spagnoli e francesi”. Per Innocenti dovrebbe essere l’inizio di un periodo sereno, invece dopo quarant’anni di lavoro non se la sente di lasciare un’esperienza di lotta indimenticabile. “Facciamo i turni al presidio permanente ai cancelli della fabbrica per evitare brutte sorprese. E poi c’è l’‘acampada’ in piazza Indipendenza, in pieno centro di Firenze, meta di una solidarietà quotidiana di centinaia e centinaia di persone”. “E’ fondamentale reindustrializzare, sia per il rischio di creare un ‘buco nero’ sia soprattutto perché non possiamo permetterci di perdere quasi cinquecento posti di lavoro qualificati, in un comprensorio industriale che è già in difficoltà”. E questo la politica lo sa benissimo.

 

 
©2024 Sinistra Sindacale Cgil. Tutti i diritti riservati. Realizzazione: mirko bozzato

Search