Parlamento europeo: alla fine il vento di destra sospinge ancora Ursula - di Franco Ferrari

Il voto per il Parlamento europeo conferma alcune delle tendenze che erano già state anticipate dalle previsioni, in particolare la crescita dell’estrema destra e l’arretramento di liberali e verdi. Il quadro è però, come sempre, più sfumato perché se da un lato vi sono tendenze comuni, dall’altro il comportamento degli elettori (di quel 51% che ha votato) resta fortemente condizionato da temi e situazioni nazionali.

L’estrema destra ottiene un risultato notevole in Francia dove, se si sommano Rassemblement National e Reconquete, arriva al 40%. Lo stesso in Italia, dove, con il partito di Giorgia Meloni e la Lega di Salvini e Vannacci, conquista il 38% dei voti. Risultati significativi si registrano in Austria, con l’Fpo al 26%, e in Germania, dove l’Alternative fur Deutschland ottiene il 16% e supera socialdemocratici e verdi. Ai due gruppi dell’estrema destra presenti al Parlamento di Bruxelles, i Conservatori e Riformisti di Giorgia Meloni e Identità e Democrazia di Marine Le Pen, vengono attributi rispettivamente 81 e 64 seggi, con un incremento di 18. Si tratta di un blocco importante, al quale vanno aggiunte altre formazioni di analoga ispirazione, come il Fidesz ungherese di Viktor Orban. In controtendenza si presenta la Scandinavia dove invece l’estrema destra arretra, anche in misura significativa.

I tre raggruppamenti che costituivano la coalizione maggioritaria del Parlamento uscente, Popolari, Socialdemocratici e Liberali, mantengono ancora la maggioranza assoluta, anche se questi ultimi ne escono pesantemente indeboliti per la sconfitta della “Macronie” in Francia e dell’Fdp in Germania. Il relativo successo dei Popolari, che restano di gran lunga il primo gruppo, con almeno 188 europarlamentari, dovrebbe garantire la conferma di Ursula von der Leyen alla guida della prossima Commissione.

L’esponente della Cdu tedesca, partito che nel frattempo ha abbandonato i lidi centristi della Merkel per assorbire molte delle tesi della destra dura, cerca di allargare il fronte dei consensi, ma lo deve fare manovrando abilmente per non scontentare i suoi soci di maggioranza. Guarda a destra, soprattutto a Fratelli d’Italia, ma deve anche tenere conto della volontà espressa dai Verdi europei di entrare formalmente nella coalizione che sostiene von der Leyen. Una possibilità resa più concreta dalla posizione favorevole alla prosecuzione della guerra, che è stata espressa dai Verdi nel programma approvato al Congresso di Lione, e che vede soprattutto i Gruenen in prima fila nella svolta armata dell’Unione europea.

Socialdemocratici, Liberali e Verdi chiedono di escludere un ingresso formale di forze di estrema destra nella maggioranza, ma nella complicata struttura politica che regge l’Unione europea, tra Parlamento, Commissione e Consiglio (e in questi ultimi due contano i governi nazionali), esistono ampi margini per creare una coalizione di fatto al fianco di quella formale.

La Sinistra nel complesso conferma la quarantina di europarlamentari di cui disponeva, ma il quadro risulta frammentato dalle contrapposizioni nazionali e dall’indebolimento di alcune componenti che hanno sempre svolto un ruolo centrale nel gruppo come la Linke (che resta con 3 eletti). Cresce la sinistra scandinava, piuttosto tiepida sulla questione della guerra, mentre diventa dominante il ruolo di France Insoumise che porta 9 europarlamentari. Il gruppo dovrà anche decidere se provare ad allargarsi ad altre forze come il nuovo partito di Sahra Wagenknecht che ha ottenuto 6 seggi, o il Movimento 5 Stelle che dall’infelice avventura con Farage non ha mai trovato una propria collocazione.

Il prossimo Parlamento europeo, anche se i suoi poteri restano limitati, sarà chiamato ad intervenire sul tema della guerra. La spinta dominante è quella che vede come soluzione al conflitto in Ucraina l’escalation militare anziché la trattativa. L’idea di fondo è che si sia entrati in una fase di scontro tra il mondo occidentale e il sud globale, che ci minaccerebbe in vari modi. Dall’arrivo dei migranti ad un presunto desiderio russo di invadere l’Europa, alla crescita tecnologica cinese, l’Europa deve quindi “agire” nel modo immaginato da von der Leyen nel suo spot elettorale, popolato di elmetti e carri armati. Già si è mossa con l’introduzione di dazi sulle auto elettriche cinesi, benché questo terrorizzi l’industria tedesca che teme ritorsioni. La speranza di un’altra Europa, più democratica, sociale, ecologica e aperta per ora non trova protagonisti all’altezza.

 

 
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