Nuove politiche sociali per fermare il declino trentennale del paese - di Sinistra Sindacale

La deriva sociale, economica e culturale che stiamo vivendo arriva da lontano.

La povertà, la disoccupazione, il lavoro povero e precario, i salari inadeguati e sotto la soglia di dignità - più bassi in termini reali che nel 1990 - la privatizzazione del sistema sanitario e scolastico pubblico, la deindustrializzazione, le morti e le malattie sul lavoro, il degrado ambientale e la mancata prevenzione, l’oscurantismo e l’attacco alla libertà delle donne, lo svuotamento della democrazia rappresentativa e parlamentare arrivano anch'esse da lontano. Perché questo è un paese in declino da trent’anni.

Dati e condizioni del paese reale, del difficile vivere sociale di milioni di persone chiamano in causa non solo questa destra post fascista al governo ma chi ha governato il paese in questi trent’anni, le responsabilità di chi ha permesso e facilitato questa deriva sociale e democratica. Il governo di destra si è immesso in un solco già presente e lo sta pericolosamente approfondendo socialmente, economicamente e culturalmente nella società, nei luoghi di lavoro, prima che nelle istituzioni e nelle stanze del potere.

Negli ultimi 15 anni i fondi alla sanità pubblica, al Ssn, sono stati tagliati per oltre 37 miliardi di euro, come evidenziano i rapporti della Fondazione Gimbe. Il primo dato generale è che, a fronte di un crescente incremento del fabbisogno sanitario nazionale, i fondi sono stati sistematicamente tagliati.

Con il governo “tecnico” di Monti, tra il 2012 e il 2013, sono stati promessi alla sanità 8 miliardi di euro mai erogati. Con la finanziaria del 2014 - a Palazzo Chigi sedeva Enrico Letta - sono spariti 8,4 miliardi di euro. Matteo Renzi, nel triennio successivo (2015-2017), è riuscito a negare al Ssn i previsti 16,6 miliardi di euro. Alla sanità pubblica è stato destinato solo il 6,4% del Pil. Con la finanziaria del 2018, governo Gentiloni, a ospedali e strutture sanitarie nazionali non si sono erogati 3,3 miliardi di euro, e pure nella finanziaria del 2019, del primo governo Conte, quello con la Lega di Salvini, il taglio è stato di 0,6 miliardi. Nella finanziaria del governo Draghi si prevedevano ulteriori tagli. Peggio di noi, nell’Ue, ci sono solo Spagna, Portogallo e Grecia.

Il personale medico e infermieristico è in drastico calo, i posti letto negli ospedali non bastano, le spese di gestione e mantenimento delle strutture sono insufficienti, i macchinari sono contati. Dalla pandemia Covid non si è imparato nulla: in caso di una nuova epidemia, il Sistema sanitario è destinato a collassare.

Milioni di pensionati, di lavoratori, di cittadini oggi, per i costi e la scomparsa della sanità pubblica, non si curano e non fanno prevenzione. Numeri impressionanti. Investire in salute e in prevenzione, in qualificata e riconosciuta occupazione, avrebbe reso il nostro Sistema sanitario più solido ed efficace, in grado di garantire il diritto universale alla salute, di assorbire e gestire meglio l’epidemia. Non avrebbe costretto i medici a decidere chi intubare e chi no, e si sarebbero potute salvare migliaia di vite. Abbiamo il dovere di ricordare i tanti morti e le sofferenze vissute.

In Italia la povertà assoluta è al suo record storico: oltre 2 milioni e 234mila famiglie, 5 milioni e 752mila persone nel 2023, l’anno dell’abolizione parziale del reddito di cittadinanza, completata in questi mesi del 2024 dal governo Meloni. Milioni di famiglie e di cittadini, di donne e di uomini, non riescono ad assicurarsi un paniere minimo di beni essenziali.

Non è l’unico, triste record. Come rivela l’Istat, l’anno scorso l’Italia ha toccato il picco storico di minori che vivono in famiglie in povertà assoluta: il 14%, 1,3 milioni di under 18. L’altro picco è tra le famiglie “giovani”: l’11,7% è in povertà assoluta. Ancora, un altro record è che si allarga la povertà tra chi lavora: da 7,7% a 8,2% tra 2022 e 2023, 1,1 milioni di famiglie con un occupato. Peggiorano le famiglie con un lavoratore dipendente: da 8,3% a 9,1%, oltre 944mila.

La mancanza di un reddito di cittadinanza, il salario sotto la soglia di dignità, il lavoro povero e precario si confermano come problema strutturale. Il numero di famiglie assistite è stato dimezzato: persino famiglie con minori, disabili e anziani non stanno ricevendo alcun tipo di aiuto, nonostante le promesse del governo Meloni.

Questi dati sono la prova concreta non solo delle fallimentari scelte classiste, neoliberiste e padronali di questo governo, ma anche dei governi precedenti. Senza questa riflessione e questa critica storica, senza il cambiamento del paradigma e il superamento della centralità del mercato e del profitto, non si uscirà dal tunnel in cui ci troviamo.

Se non si riconoscono gli errori e non si ricostruisce un vasto fronte di opposizione sociale e politica non si riuscirà a spostare i rapporti di forza, a fermare l’onda nera che copre menti e coscienze, a riconquistare credibilità nel mondo del lavoro, tra i ceti meno abbienti, tra le nuove generazioni. Tra coloro che per sfiducia e disillusione si rifugiano nella protesta di un solo giorno, l’astensione dal voto democratico.

 

 
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