Vini molto amari per lavoratrici e lavoratori di Giordano Vini e Iwb - di Loredana Sasia

Un Primo Maggio amaro e di lotta per le 45 lavoratrici e lavoratori della Giordano Vini e dell’Iwb della provincia di Cuneo. Due comunicazioni distinte ma con lo stesso epilogo: 44 licenziamenti; la Giordano Vini avvia la procedura di licenziamento collettivo per 24 lavoratrici del teleselling, mentre Iwb comunica contestualmente il trasferimento della produzione a Verona dei vini fermi da tavola, mascherando così di fatto un ulteriore licenziamento collettivo, perché diventa complicato il trasferimento di una ventina di lavoratori a 400 chilometri da casa.

Questo accade a pochi mesi dalla scissione e cessione del ramo d’azienda da parte della Giordano Vini a Iwb inerente le attività di produzione e di imbottigliamento. Durante gli incontri sindacali tenutisi a livello nazionale le aziende non hanno assunto alcun impegno occupazionale, motivazione per la quale non era stato sottoscritto alcun verbale sindacale.

Inoltre, entrambe le aziende fanno parte del più grande gruppo vitivinicolo italiano, the Italian Wine Brands Spa, una realtà quotata in borsa che continua a registrare aumenti di fatturati negli ultimi anni; un gruppo che è divenuto di rilevanza internazionale nel settore del vino, con sfide sui mercati globali; peccato che per incrementare i loro profitti ne paghi le spese la classe lavoratrice!

Enza, lavoratrice della Giordano Vini, iscritta alla Flai Cgil di Cuneo è intervenuta dal palco il Primo Maggio rappresentando le pesanti ricadute che queste decisioni comporteranno sulle 45 famiglie, molte delle quali donne monoreddito, con figli a carico, con contratti part time, ancora lontane dall’età pensionabile ma non sufficientemente giovani per avere un ricollocamento dignitoso.

Lavoratrici e lavoratori delusi, amareggiati perché per l’ennesima volta ha prevalso il profitto alla dignità delle persone. Mentre per senso di responsabilità nel periodo della pandemia le lavoratrici non si sono fermate, in quanto ritenute indispensabili, oggi tramite la semplice consegna di una lettera sono state sospese con effetto immediato.

Ma d’altronde cosa c’era da aspettarsi da un’azienda come la Giordano Vini che negli anni ha continuato ad esternalizzare attività e a delocalizzarle, passando così da un’occupazione di 500 dipendenti a 70 dipendenti? Già nel 2015 era stata proclamata una protesta dalle organizzazioni sindacali a livello territoriale a fronte di piani di esternalizzazione e dismissioni di alcuni rami d’azienda, proteste proseguite negli anni a fronte di successive analoghe comunicazioni.

Ogni volta l’azienda ha spiegato che tali decisioni derivano da esigenze produttive, per razionalizzare, per efficientare sia in termini di costi che in termini di capacità produttiva … Invece noi ci siamo sempre domandati come fosse possibile conciliare le crescite economiche dichiarate dall’azienda con le dismissioni delle attività.

Negli incontri tenuti a seguito della comunicazione “l’azienda ha ribadito le proprie posizioni: le lavoratrici non rientrano nei piani aziendali e saranno lasciate a casa proponendo incentivi all’esodo”.

È stato fissato un nuovo incontro nei prossimi giorni, di fronte a una pesante ricaduta sociale ed economica sulle persone coinvolte, e sul territorio cuneese, che alimenta le preoccupazioni e l’incertezza per il futuro anche per chi rimarrà e per tutti quei lavoratori che lavorano nell’indotto.

Bisogna ridare dignità al lavoro e ai lavoratori, nel rispetto di quanto previsto dalla Costituzione per un nuovo modello di sviluppo sociale a difesa della democrazia e della libertà, in cui le persone sono il capitale necessario per lo sviluppo sostenibile di un paese.

 

 
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