Palestina: la lotta di liberazione - di Milad Jubran Basir

In questi 200 giorni di guerra, distruzioni, demolizioni e genocidio, è cambiata la natura non solo del conflitto storico israeliano-palestinese, ma sono cambiati il Medio Oriente, la stessa Palestina, Israele, gli Usa e persino gli equilibri geopolitici internazionali.

Molto probabilmente diversi paesi occidentali, arabi ed islamici erano convinti che l’invasione di Gaza da parte dell’esercito più potente della zona, nel nome del diritto all’autodifesa, fosse una storica unica occasione per mettere fine alla questione palestinese, liquidandola una volta per sempre.

Il paradosso è che l’occupante della terra altrui rivendichi il diritto all’autodifesa in quanto il popolo occupato da oltre 70 anni si ribella. Il mondo, in modo assurdo e senza precedenti, sostiene tuttora questa teoria che è contro ogni logica, ogni diritto e convenzione internazionale.

In questi giorni noi italiani abbiamo festeggiato in ogni luogo il nostro 25 Aprile, la Liberazione del paese dal nazifascismo da parte dei partigiani e delle partigiane che hanno pagato con la loro vita per cacciare via l’occupante. Partigiani e partigiane che hanno liberato il paese lottando anche con le armi: da questa Resistenza partigiana è nata la nostra gloriosa Costituzione, a cui sono orgoglioso di aver giurato fedeltà. Ma quando si tratta del popolo palestinese, quasi sempre si declina il discorso verso il terrorismo o l’estremismo.

Io il 25 Aprile lo festeggio sempre in doppia veste: porto i fiori ai ceppi dei partigiani sulle colline romagnole, e osservo qualche minuto in riflessione perché aggrego i partigiani e le partigiane palestinesi a quelli e quelle italiani: per me sono uguali.

In questi 200 giorni drammatici la popolazione palestinese (la Palestina che tanti Stati non riconoscono ancora, compresa l’Italia) ha resistito alla macchina bellica israeliana sfidando la morte dei missili, delle bombe, della fame e delle sete e dell’indifferenza dei governi. Hanno pensato e sperato di cancellare la Palestina dal mondo, tutto il mondo invece è diventato Palestina. Palestina è uno slogan gridato in ogni angolo della terra da uomini e donne liberi che stanno anche loro subendo arresti, aggressività e manganelli perché lottano a fianco del popolo palestinese.

La Palestina ha vinto due volte nonostante il pesante prezzo in termini di vite umane (115mila tra morti e feriti): in primis perché quando il potente non stravince significa che ha perso, e quando il debole sopravvive significa che ha vinto. In secondo luogo, questo piccolo ma determinato paese ancora non riconosciuto, volendo o no, sta modificando il mondo intero. Sta dimostrando che la forza della ragione è più forte della ragione della forza.

Quello che sta accadendo nell’opinione pubblica mondiale, nel mondo universitario americano e non solo ha un precedente che risale al lontano 1968: la guerra del Vietnam e la lotta in Sudafrica, e sappiamo come è andata a finire.

Non dobbiamo parlare di guerra a Gaza e alla Cisgiordania, ma di lotta di liberazione, di questo si tratta. Siamo vicini alla liberazione e alla nascita del tanto desiderato Stato palestinese grazie non ai governi complici, assenti, indifferenti ma alla resistenza palestinese, alla determinazione di questo popolo e grazie all’opinione pubblica mondiale, ai tanti popoli che hanno lottato e lottano a fianco di questo meraviglioso popolo.

Tra poco spero qualcuno venga messo in galera, e qualcun altro proclami l’indipendenza della Palestina che sarà democratica, pluralista e laica. Dobbiamo avere la mente lucida ricordando molto bene qualche principio che non può essere messo in discussione. In primo luogo il soggetto titolato a trattare a nome e per conto del popolo palestinese è l’Olp (Organizzazione per la Liberazione della Palestina), unico e legittimo rappresentate del popolo palestinese, di cui devono entrare a fare parte tutte le forze politiche palestinesi, compresi Hamas e Jihad Islamica.

In secondo luogo, il riconoscimento internazionale, con i fatti, del diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione in base al diritto internazionale, riconoscendo lo Stato palestinese indipendente e sovrano entro i confini 1967 con Gerusalemme Est capitale.

In terzo luogo, nessuna vendetta né interna né esterna. Non parlo di pacificazione, ma di conciliazione, perché ciascuno ha dato quello che poteva per arrivare al 25 Aprile palestinese. Nessuna vendetta esterna con l’ex nemico che ha occupato la Palestina per oltre 70 anni causando tante sofferenze, tanti dolori. Ma questo nemico deve ammettere e riconoscere il torto commesso e le sofferenze che ha causato, risarcendo questo popolo dal punto di vista materiale, morale e etico.

Infine la comunità internazionale non può essere indifferente di fronte a questo scenario, perché essa stessa è complice di questa occupazione e sofferenza sin dalla sua origine. Quindi deve accompagnare il neo Stato palestinese a ricostruire se stesso per recuperare gli anni perduti.

Viva la Palestina libera, democratica, pluralista e laica!

 

 
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