Sul “caso” Scurati. L’antifascismo, condizione necessaria ma non sufficiente - di Giorgio Riolo

Molto è stato scritto e molto è stato detto nei vari media e negli immancabili social. Il merito di Antonio Scurati, in primo luogo, e dei solerti servitori, ligi e ottusi censori della Rai è stato quello di aver almeno suscitato un dibattito e un clamore mediatico intorno alla questione del fascismo e dell’antifascismo. Ma qui, in questo breve intervento, ci concediamo di fare altre considerazioni. Un richiamo veloce a che cosa è stato il fascismo, e soprattutto un argomentare che non è sufficiente dirsi antifascisti.

Sappiamo quanto l’ipocrisia e la turlupinatura siano molto diffuse. Soprattutto in questo tempo di nuova guerra fredda, di guerra guerreggiata e di clima di preparazione, materiale (spese militari) e spirituale (valori occidentali, democratici, europei, i barbari alle porte ecc.), a guerre più robuste e micidiali future.

Qualora fascisti e postfascisti al governo dovessero superare l’imbarazzo di dirsi “antifascisti”, rimane l’aspetto estetico e cosmetico ipocrita di autodefinirsi antifascisti e di rimanere tuttavia nella realtà quello che si è. Il rapido riferimento è Giorgia Meloni. In precedenza antisistema, antieuropeista, antiatlantista ecc. e oggi, al governo, fedele servitrice del sistema, dell’Unione europea e della guerrafondaia accoppiata Usa-Nato.

 

I.

Il campo progressista, più centro che sinistra, è fieramente antifascista. Sfera politica e sfera mediatica. È un bene, va da sé. Tuttavia dobbiamo fare un esercizio di misura e di equilibrio, senza cadere nell’estremismo e nel settarismo.

Allora. Il fascismo e il nazismo esistono ancora. Non dimenticando che gli alleati, Usa e britannici, salvarono molti criminali fascisti e nazisti, dopo la Liberazione in Europa, nella visione e nella funzione dell’anticomunismo e della guerra fredda con l’Urss e il campo socialista. Qui in Italia, con la complicità delle classi dominanti, degli apparati dello Stato e della Dc. Creando strutture clandestine come Stay Behind e Gladio. Finanziando gruppi eversivi di estrema destra da utilizzare al momento opportuno. È la triste storia dell’Italia dal dopoguerra a oggi.

È la triste storia delle discriminazioni nei confronti dei comunisti, dei socialisti, dei sindacalisti, dei partigiani dopo il fatidico 1948. Dei processi ai partigiani. Con fascisti, torturatori, criminali di guerra a piede libero (Rodolfo Graziani, Mario Roatta, Junio Valerio Borghese ecc.). Con il famoso “armadio della vergogna” occultato, fatto sparire, contenente i fascicoli riguardanti i criminali nazisti delle stragi compiute in Italia. Il campo Nato non doveva essere indebolito con queste cose. Germania e Italia ormai arruolate. Anche e soprattutto perché in Italia esisteva il principale partito comunista d’Occidente.

Con importanti figure di partigiani e di comandanti processati e condannati. Con alcuni costretti a riparare all’estero per non subire l’onta del carcere nell’Italia repubblicana, dopo aver scontato molti di loro il carcere fascista e dopo aver combattuto e rischiato la vita nella guerra partigiana.

 

II.

Oggi nei circoli dominanti, anche di centrosinistra, il fascismo viene ricordato soprattutto per le leggi razziali del 1938, per i caratteri autoritari e antidemocratici. Al massimo per avere condotto l’Italia alla guerra e all’asservimento alla Germania nazista. Ma il fascismo, dal 1919 in avanti, è stato antioperaio, antipopolare, con gli assalti alle Camere del Lavoro, alle Leghe contadine, alle sedi dei partiti della classe operaia e dei contadini. Giacomo Matteotti, Giovanni Amendola, Piero Gobetti, don Minzoni ecc., insieme ai tanti altri comunisti e socialisti uccisi o fatti morire in carcere, Antonio Gramsci in primo luogo.

Qui ci si divide. La guerra, il neoliberismo, l’umiliazione del lavoro, i morti sul lavoro, il razzismo, occulto o palese, e lo sfruttamento dei migranti (“il proletariato esterno”), la questione ecologico-climatica, la democrazia reale e non rituale, Israele e Palestina, il massacro a Gaza ecc. Le forme nuove delle ingiustizie e delle oppressioni contemporanee.

 

III.

 

La memoria è importante. Ancor più importante è “il presente come storia”. È la memoria “attiva”. Avversante le ingiustizie e le oppressioni contemporanee di cui sopra, oltre il vecchio fascismo. Avversante le interessate rimozioni occidentali del colonialismo, dell’imperialismo (e il fascismo è stato anche questo), e della decolonizzazione. Avversante le culture e le subculture che negano la dignità di classi sociali, di popoli, di donne e di uomini che aspirano a una vita di pace e di giustizia.

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