Indignazione, rabbia, vergogna. Nessuna parola è sufficiente per descrivere i sentimenti rispetto ai fatti accaduti nell’Ipm Beccaria a Milano. Quanto sta emergendo rappresenta una ferita enorme alla città e ad un Paese che si definisce democratico. Una ferita per tutto il sistema di giustizia, un tradimento dei principi della Costituzione. Emergono atti di violenza che davvero vorremmo non aver mai visto.
Al di là della presunzione di innocenza, emergono fatti supportati da immagini, video, intercettazioni, referti. E da dichiarazioni dolorosissime dei giovani reclusi. Tredici agenti della penitenziaria arrestati e altri otto sospesi. I fatti contestati sono pesantissimi: tortura, maltrattamenti, pestaggi, ferite ai genitali, ragazzi lasciati nudi per giorni in isolamento. Persino una tentata violenza sessuale. Aggressioni continue, quotidiane, rivolte prevalentemente a ragazzi stranieri.
I racconti dei ragazzi, le testimonianze emerse lasciano davvero poco spazio a tentennamenti, tergiversazioni, dilazioni, temporeggiamenti. Non ci possiamo accontentare dei tentativi di giustificazioni che stanno emergendo sulla stampa. Siamo davanti a violenze inaudite, razziste, rivolte a minorenni. È la prima volta che emergono casi di abusi e torture in un carcere minorile.
Non è accettabile, mai. Non lo è per gli adulti, ancora meno per minorenni affidati allo Stato, di cui lo Stato dovrebbe essere garante.
Chiediamo che i fatti vengano accertati nel più breve tempo possibile. È importante che siano emersi anche grazie alla collaborazione dell’amministrazione penitenziaria e al fondamentale ruolo del garante dei diritti delle persone ristrette. Fatti come questi nuocciono gravemente a tutti coloro che, nei diversi ruoli, lavorano dentro gli istituti di reclusione, provando, fra mille difficoltà, a declinare il mandato costituzionale del loro lavoro.
Quanto accaduto deve essere finalmente occasione di farsi carico di una situazione non più tollerabile. Non è questione di “mele marce”, ma di un sistema che va completamente riformato.
Le associazioni del territorio da tempo denunciano una situazione drammatica all’interno dell’Ipm Beccaria: sovraffollamento, lavori di ristrutturazione in corso da anni e restringono gli spazi per le attività, cambi continui di direttore, gravi carenze di personale, soprattutto educativo. Personale che dovrebbe essere incrementato nelle dotazioni e destinatario di una formazione specifica per compiti così delicati ed importanti.
La situazione non è migliore negli altri Ipm sul territorio nazionale. C’è un costante aumento di minorenni reclusi. Secondo l’ultimo rapporto Antigone, a fine febbraio 2024 erano 593 i giovani reclusi nei 17 istituti penali per minorenni, con un aumento del 30% sul 2023, quando si era raggiunto il numero più alto di ingressi degli ultimi 10 anni. Dei reclusi solo il 5,7% è in carcere per espiare una pena. Il 94,3% è in custodia cautelare, senza una condanna passata in giudicato. Non dovrebbe stare in carcere!
Mancano attività educative e di reinserimento sociale, che dovrebbero essere garantite dall’articolo 27 della Costituzione, e la relazione con i ragazzi è sempre più di carattere autoritario, con un abuso di psicofarmaci. Ancora Antigone denuncia come continui ad essere applicato l’isolamento disciplinare, sanzione priva di contenuti educativi e socializzanti. Un carcere che non educa produce e amplifica la violenza, non risponde al mandato che la Costituzione attribuisce alle pene: il pieno reinserimento nella società.
Proprio per questo forse è davvero giunto il momento di dire che i ragazzi in carcere non ci devono stare. Devono essere invece inseriti in percorsi di istruzione, formazione, lavoro. Gli Istituti penali per minori sono istituzioni totali da superare. Il carcere, oltre a rappresentare uno stigma, diventa un moltiplicatore di devianza.
Vanno fermamente contrastate le politiche securitarie, il populismo penale e il giustizialismo che criminalizzano la povertà, le marginalità, ma anche il legittimo diritto all’espressione del proprio pensiero, soprattutto da parte dei giovani.
Le scelte governative altro non fanno che peggiorare la situazione, come dimostrato, ad esempio, dal decreto “Caivano”, dal decreto “rave”, dal Ddl “sicurezza”. Provvedimenti ideologici, alla ricerca di un facile consenso, che alimentano le paure, mentre c’è bisogno di politiche di inclusione, di contrasto alle povertà, di più scuola, di politiche per il lavoro.
Le condizioni di vita negli istituti penitenziari, di chi ci vive e di chi ci lavora, ci riguardano, se è vero che la civiltà, la democrazia si misurano dallo stato in cui versano le carceri. È davvero giunto il momento di dire basta ad una situazione profondamente lesiva dei diritti delle persone ristrette!
Dobbiamo impegnarci tutti per superare questa istituzione totale, per recuperare il significato costituzionale delle pene, a partire dalla giustizia minorile. Oggi più che mai, visto che la presidente del Consiglio propone di eliminare dall’articolo 27 il carattere rieducativo.