Non è facile provare a sintetizzare la ricchezza e l’articolazione del dibattito che ha visti impegnati, tra il 22 e il 24 aprile scorsi a Rimini, una trentina di compagne e compagni di Lavoro Società per una Cgil unita e plurale, in un seminario in presenza dopo molto tempo e diverse riunioni on line del coordinamento nazionale. Si tratta, ovviamente, di un resoconto del tutto soggettivo, che esprime solo il punto di vista dello scrivente.
Erano presenti compagne e compagni di Filcams, Filctem, Fillea, Filt, Fisac, Flai, Flc, Fp, Slc, Spi, dai territori di Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Puglia, Sardegna, Toscana, Umbria, Veneto e delle strutture nazionali Cgil e di categoria, secondo il criterio della presenza negli organismi nazionali Cgil e di una presenza per categoria e territorio. I lavori hanno avuto inizio nel tardo pomeriggio del 22 aprile (per consentire alle compagne impegnate nell’assemblea “Belle Ciao” di Firenze di arrivare in tempo) e si sono conclusi all’ora di pranzo del 24 aprile (in tempo utile per raggiungere le manifestazioni del 25 Aprile – per inciso, grandiosa e promettente quella di Milano!).
Dopo la presentazione del referente nazionale Giacinto Botti, i lavori si sono articolati in tre sessioni: modello contrattuale, salario, leggi e rappresentanza, referendum, introdotta da Federico Antonelli; comunicazione, formazione, organizzazione della sinistra sindacale, introdotta da Claudia Nigro; situazione politica e sociale, autonomia sindacale, la sinistra confederale, introdotta da Vincenzo Greco.
Al dibattito di ogni sessione, con gli interventi di tutte e tutti i presenti, è seguita una replica del referente nazionale, ma non ci sono state “conclusioni”, rinviando i passi successivi, a partire dal rinnovamento generazionale nella conduzione dell’aggregazione programmatica, ad una riunione del coordinamento nazionale. La divisione funzionale in sessioni ha consentito un maggior approfondimento per ciascuno dei temi specifici, senza impedire che si intrecciassero i fili del ragionamento complessivo.
Lo scopo della tre giorni, del resto, era non solo quello – non secondario – di re-incontrarsi fisicamente per una riflessione collettiva un po’ meno dettata dall’urgenza quotidiana, ma soprattutto quello di ridefinire il profilo programmatico della nostra aggregazione ad oltre un anno dal congresso. E si è scelto di non approfondire il tema del quadro europeo e internazionale, caratterizzato dall’incombere di una terza guerra mondiale non più “a pezzi” e dal massacro del popolo palestinese, non certo per sottovalutazione ma, al contrario, perché richiede altrettanto e forse più tempo. Quest'ultimo del resto è stato il terreno sul quale Lavoro Società si è forse più spesa in questi mesi, anche con iniziative pubbliche di rilievo.
Se era scontato che tutt* apprezzassero la modalità seminariale, il fatto di incontrarsi dopo tanto tempo, e la necessità di mantenere e rafforzare la nostra aggregazione programmatica, hanno fatto sì che il quadro delle motivazioni sia stato variegato e ricco. Tagliando con l’accetta, la nostra sinistra sindacale serve a noi – seppur spesso comporti subire discriminazioni singole e collettive – come sede di libero confronto, approfondimento, costruzione di punti di vista e obiettivi comuni, rivitalizzazione di un pensiero ed un’azione “di classe” dentro la Cgil; e serve a tutta la Cgil come articolazione e ricchezza plurale del dibattito interno, e come corpo militante che tematizza esplicitamente il pericolo di burocratizzazione e corporativizzazione dell’organizzazione, consapevoli che il rischio riguarda anche noi.
Non sfugge certo a compagne e compagni – importante e coerente il quadro delineato nella relazione di Greco – la “novità” di una fase sempre più dominata, a livello internazionale come nazionale, dalla crescita e affermazione della destra, che in Italia si concretizza, se non nella prima volta dei fascisti al governo, certamente nella prima volta nella Repubblica di una presidenza del consiglio di quella espressione politica.
In un quadro di sconfitta storica delle sinistre e del movimento operaio, come si può muovere un sindacato confederale soggetto politico generale come la Cgil, e quale ruolo può e deve avere una sinistra sindacale al suo interno? Pesa certamente la mancanza – da quanti anni? – della cosiddetta “sponda politica”, ma, ci piaccia o no, questo conferma ed esalta la necessità dell’autonomia, senza vecchi e nuovi collateralismi, con un programma appunto autonomo, che si rifà esplicitamente alla difesa e all’attuazione della nostra Costituzione repubblicana antifascista, fondata sul lavoro.
Di questa autonomia ci sentiamo fieramente, se non “garanti”, certamente coerenti propugnatori. Così come, se andrebbe approfondito ulteriormente il significato oggi di “sindacato di classe” – se non altro per una ridefinizione della composizione stessa della classe – di certo Lavoro Società rivendica e sostiene la propria coerente confederalità di fronte a logiche e pratiche crescenti di corporativizzazione categoriale e territoriale, riflesse e accentuate dal declino della democrazia interna, con lo spostamento di fatto del dibattito e delle decisioni sulle riunioni – non statutarie – dei segretari generali, delineando una “democrazia delle strutture” in luogo di una democrazia delle aree programmatiche.
Non basta e non serve una logica di autoconservazione. Sia in Cgil che fuori c’è una sinistra sindacale più ampia, che tuttavia stenta ad aggregarsi, spesso più per una differenza di approccio che di contenuti. Molte e molti compagni – delegat*, dirigenti, quadri, soprattutto tra i più giovani – non hanno la cultura delle aggregazioni programmatiche, della necessità ed utilità di percorsi collettivi dentro l’organizzazione, non come cordate o compartimenti stagni, ma come strumenti per la democrazia, il pluralismo, l’arricchimento collettivo di tutta l’organizzazione.
Non sono mancati i riferimenti alla fase interna cui ci stiamo avviando con la scadenza, a fine mandato congressuale, dell’attuale segreteria generale, e il percorso per il ricambio. Secondo noi non può avvenire con la logica della precedente occasione in cui, ad un documento unitario, corrispondevano due diverse candidature, senza che ne fossero esplicitate le differenti motivazioni programmatiche.
Abbiamo discusso, in particolare nella seconda sessione, del profilo organizzativo della nostra aggregazione, sottolineando tutt* la necessità di rivitalizzare e rafforzare il nostro partire dalla base, dalle iscritte e dagli iscritti, dalle delegate e dai delegati, nodo nevralgico della Confederazione e della nostra aggregazione.
Sono evidenti e ormai di lunga data le difficoltà a svolgere questo ruolo, da un lato di fronte a sempre nuovi bisogni di lavoratrici e lavoratori, dall’altro ai crescenti ostacoli alle agibilità sindacali e le forme, più o meno aperte, di repressione padronale, dall’altro ancora per le resistenze e le carenze nel proclamato spostamento verso il basso della struttura organizzativa Cgil. La centralità del territorio è spesso solo declamata più che praticata; spesso le Camere del Lavoro sono in gravi difficoltà politiche e organizzative, e viene meno il ruolo confederale di orientamento e coordinamento unitario; le categorie stentano a rapportarsi con continuità con i luoghi di lavoro, e il lavoro è sempre più frammentato, precario, disperso.
Anche per noi – come ha indicato Claudia Nigro nella sua introduzione – sono fondamentali la formazione, la capacità di comunicazione innovativa, una maggiore attenzione all’organizzazione, di nuove modalità di lavoro – per esempio attraverso gruppi di lavoro – che sappiano attingere dalla riflessione nel movimento femminista, a partire dall’intersezionalità, dalla cultura dei diritti, dall’interlocuzione con la radicalità dei movimenti giovanili ecologisti contro il cambiamento climatico, e contro la guerra e il genocidio in corso a Gaza.
Decisivo per Lavoro Società anche riattualizzare il profilo delle politiche e delle pratiche contrattuali. La ricca ed esaustiva relazione di Federico Antonelli ha consentito un dibattito approfondito in cui le singole esperienze categoriali e territoriali si sono ricomposte, in un quadro che sollecita un nuovo e più forte coordinamento confederale delle politiche contrattuali.
Aumenti salariali e nuovi strumenti di “indicizzazione” e di recupero della produttività generale; salario minimo; riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario e, allo stesso tempo, rivendicazione di maggior lavoro per chi è costretto ad orari ridotti e part-time involontario; utilizzo di tutti gli strumenti – a partire da quelli contrattuali, attraverso la negoziazione di sito e di filiera – della precarietà e dei subappalti (oltre, naturalmente, all’impegno nella campagna referendaria); contrattazione dell’organizzazione del lavoro; utilizzo mutualistico della bilateralità; gestione del welfare contrattuale in modo da evitare un depauperamento del pubblico – sanità in particolare – e di mantenere il più alto possibile il livello del salario “fresco” e della contribuzione pensionistica sul pilastro pubblico: questi i temi centrali sui quali ci siamo confrontati e continueremo ad impegnarci. Con attenzione alla questione della rappresentanza e di sfuggire, anche al nostro interno, alle trappole del dumping contrattuale a volte mascherato dietro “concorrenze” organizzative tra categorie.
Serve un surplus di cultura e di pratica della Cgil, ma anche nostro, nell’ affrontare con maggiori strumenti contrattuali e di sostegno legislativo le sfide dell’intelligenza artificiale – a partire dalle piattaforme e dalla gig economy – e della riconversione dell’economia e della produzione per affrontare il cambiamento climatico e le produzioni nocive e di morte (industria bellica inclusa).
Insomma, tre giorni veramente proficui per un rilancio della nostra sinistra sindacale.
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