Non possiamo accettare di vivere in uno Stato dove vengono silenziati i diritti costituzionali di espressione, di pensiero e di pacifica manifestazione di dissenso.
La mattina del 23 febbraio, a Pisa, un gruppo di studenti che manifestava pacificamente contro un terrorismo a due binari, quello barbaro di Hamas e quello istituzionale di Israele, è stato caricato dalla polizia, diversi di loro colpiti dai manganelli, tanto che alcuni sono dovuti anche ricorrere alle cure dei sanitari.
Di fronte a fatti come questo, non si può che provare infinita rabbia, accompagnata da profonda frustrazione, perché queste azioni, violente, sono portate avanti contro giovani che non hanno avuto nessun atteggiamento aggressivo e distruttivo, ma semplicemente stavano facendo sentire il loro dissenso contro una guerra scatenata da due parti che utilizzano terrore e violenza, seminando morte e sofferenze inaudite.
Che società è questa, che dopo i fatti del G8 di Genova del 2001, dei quali insieme a tante altre persone dei movimenti siamo stati testimoni, e che ci hanno provocato tanto dolore, ancora ripropone le stesse dinamiche, la stessa violenza, reprimendo con i manganelli e con la forza ogni forma di dissenso, di manifestazione anche pacifica di pensiero? È un film già visto, che si ripete, e come allora dobbiamo chiederci chi abbia dato l’ordine ai poliziotti di caricare, capire le responsabilità, chiedere che venga immediatamente fatta chiarezza sulla dinamica dei fatti, e che si intervenga tempestivamente una volta accertate le responsabilità. Non possiamo accettare di vivere in uno Stato dove viene silenziato il diritto costituzionale alla libertà di espressione e di pensiero, ad ogni pacifica manifestazione di dissenso.
I giovani sono stati colpevolizzati per un loro presunto disimpegno, senza tener conto delle conseguenze pesanti che la pandemia ha avuto su di loro, sono stati criminalizzati con il ‘decreto rave’, ed adesso si vuole impedire loro di esprimere il proprio pensiero di pace e solidarietà, contro tutte le guerre. Come ha affermato una docente di un liceo di Pisa: “Ci lamentiamo degli studenti con la testa china sui telefoni, ma quando la alzano se la trovano spaccata”.
Cosa dobbiamo pensare di uno Stato che aggredisce giovani che manifestano pacificamente, per la pace, per l’ambiente, per un futuro sostenibile, e di un governo che svuota il welfare di tutte le risorse necessarie per politiche sociali sostenibili e al servizio dei cittadini in difficoltà, trasforma la povertà in colpa, e la amplifica, tra l’altro, attraverso scelte quali l’abolizione di forme di sostegno al reddito, o il sostegno e la promozione di un gioco d’azzardo ‘legalizzato’, che sappiamo quali conseguenze abbia sulla salute delle persone, sulla salute pubblica, che sappiamo essere causa importante di impoverimento delle famiglie?
La politica, davanti a tutto questo deve reagire con forza, essere portavoce di un sussulto trasversale e dire basta. Abbiamo bisogno di politiche di inclusione, di promozione, in grado di rispondere ai bisogni delle persone, sempre più povere e sole, con un sistema di welfare solidale ed inclusivo.
Basta con i decreti che criminalizzano comportamenti di aggregazione giovanile, basta con l’introduzione di nuovi reati, mirati a reprimere proprio ogni manifestazione di dissenso, come la resistenza passiva in carcere, e con l’aumento delle pene. Basta retrocedere, contenere e ignorare, ora c’è bisogno di scegliere da che parte stare, e la parte non può essere quella di chi manganella giovani studenti che hanno il diritto costituzionale di manifestare liberamente il loro pensiero.