Ha ragione il presidente nazionale dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo: in questo paese succedono cose da pazzi.
A Ravenna, nel giorno dell’anniversario della liberazione della città con Arrigo Boldrini comandante e Benigno Zaccagnini presidente del Comitato di Liberazione Nazionale, per la prima volta si è impedita la deposizione della corona da parte dell’Anpi: pare che così preveda il nuovo cerimoniale voluto dal governo. A Genova l’amministrazione comunale ha destinato un milione e 740mila euro per restaurare il sacrario dei caduti della Repubblica sociale del cimitero di Staglieno. Alla prima della Scala di Milano, a conclusione dell’inno nazionale, qualcuno grida “Viva la Repubblica antifascista!” e viene identificato dalla Digos.
Ancora, in alcuni comuni si intitolano piazze e vie al fascista Giorgio Almirante. A Spilimbergo, in provincia di Pordenone, alla proiezione del film “Comandante”, organizzata da un circolo locale e patrocinata dal comune a guida Fratelli d’Italia, si presentano una decina di persone tra uomini e donne con divise del Terzo Reich e sulla locandina si legge: “Un film profondamente patriottico, che lavora a ridefinire il senso di una virilità consapevole e di un carattere nazionale realmente eroico”. Parole intrise di una sottocultura machista e nazionalista che tanta sofferenza ha procurato e continua a provocare in Europa e nel mondo.
Non è finita: in Toscana il presidente della Regione Eugenio Giani, ospite a Palazzo Strozzi Sacrati ad una cena di gala organizzata dalla “Consulta dei senatori del regno” (associazione monarchica), nel suo discorso invita con entusiasmo Emanuele Filiberto di Savoia a visitare la tenuta di San Rossore.
Tutto ciò rappresenta in modo plastico ed inquietante lo smarrimento e lo stato confusionale nel quale è precipitata “certa sinistra”, nella folle rincorsa alla governabilità fine a se stessa. A riguardo non possiamo che unirci alla ferma presa di posizione della Fiom Cgil di Firenze e Prato nel denunciare quanto accaduto.
Nel tentativo di aggraziarsi ogni centro di potere, nel caso specifico un agghiacciante centro di potere, chi è stato chiamato a governare la nostra Regione, nel silenzio assordante della coalizione che ne ha appoggiato la campagna elettorale, è arrivato alla genuflessione letterale nel rivolgersi a tale personaggio, appellandolo con il titolo di principe.
Il combinato disposto tra la famiglia Savoia e la tenuta di San Rossore rappresenta per la Toscana e per l’intero paese la macchia oscena della firma e della promulgazione delle leggi razziali fasciste, capitolo iniziale delle persecuzioni e delle deportazioni di massa degli ebrei italiani nei campi di sterminio. Indicare i Savoia, che anche nel dopoguerra si sono distinti nei fatti di cronaca e nell’affiliazione alla P2, come punto di riferimento per rinsaldare un legame di coesione sociale e nazionale per le nuove generazioni - così si esprime Giani - lascia a dir poco sconcertati.
Occorre ricordare al presidente della Regione che le nuove generazioni hanno bisogno di rinsaldare ben altri aspetti di coesione sociale come il diritto all’istruzione, all’abitare, al lavoro stabile e che riconosca i percorsi di studio per non essere costretti ad andare all’estero, una concreta lotta alla povertà sempre più crescente e alla crisi climatica.
La Toscana, la nostra regione, è stata attrice primaria della grande storia antifascista del paese, e siamo fortemente preoccupati per questa deriva. L’antifascismo o lo si pratica sempre o perde drammaticamente di credibilità.
Ha ragione Pagliarulo nel denunciare con allarme i tanti segnali di svolta autoritaria in corso nel paese, ed a rivolgere un appello alle forze democratiche e ai cittadini perché si faccia rete di contrasto e concreta opposizione a questo traumatico degrado civile e morale. Noi ci siamo stati, ci siamo e ci saremo, presidente Pagliarulo! La nostra terra è terra di lotta, di libertà, di diritti, di accoglienza e antifascismo, e non può essere umiliata da nessuno.