Frode nelle pubbliche forniture e turbativa d’asta: queste le ipotesi di reato contestate dalla Procura di Milano alla società Martinina Srl, ente gestore del Cpr (Centro di permanenza e rimpatrio) di via Corelli, e ai suoi due amministratori. Sembra inoltre esserci un quarto indagato, accusato di spaccio di droga all’interno del centro.
L’ispezione a sorpresa al centro è avvenuta lo scorso primo dicembre da parte degli agenti della Guardia di Finanza. Camere sporche, bagni in condizioni vergognose, cibo maleodorante e scaduto. Mancanza di medicinali e un presidio sanitario gravemente deficitario, con persone con patologie tumorali, gravi sofferenze mentali, affetti da epilessia, epatite, considerati idonei a permanere nel centro, ma in realtà mai sottoposte a visita medica. Tutto questo insieme ad altre gravissime violazioni: assistenza psicologica totalmente inadeguata, assenza di informativa legale ai trattenuti, nessuna attività ricreativa né luoghi di culto.
A ciò si aggiunge il trattamento riservato ai lavoratori: tardivi o mancati pagamenti di Tfr e stipendi, pressioni e vessazioni. I servizi, pur previsti dal capitolato d’appalto con i quali la società si è aggiudicata ben 4,4 milioni di euro, risultano carenti o del tutto assenti.
A distanza di due settimane dall’ispezione i pubblici ministeri hanno disposto il sequestro del centro. Il provvedimento, se convalidato dal giudice per le indagini preliminari, porterà alla nomina di un amministratore giudiziario per gestire la struttura.
La Prefettura di Milano, appresa la notizia dell’ispezione, ha emesso un comunicato per sottolineare come negli ultimi mesi siano emerse criticità a carico dell’ente gestore, e che queste abbiano dato avvio ad un procedimento amministrativo per la contestazione di alcune condotte contrarie agli obblighi contrattuali, concluso con l’irrogazione della massima sanzione prevista. La Prefettura inoltre informa di aver dato immediata comunicazione agli uffici della Procura sugli esiti della propria attività. Un tentativo di ridurre le proprie responsabilità di fronte a quella che è stata una innegabile incapacità di vigilare su quanto accadesse all’interno della struttura.
Anche la politica è tornata a farsi sentire. Alcuni esponenti nazionali dei partiti di centro sinistra, che già in passato avevano preso posizione sulla questione, sono tornati a chiedere la chiusura di Corelli e degli altri Cpr. Lo stesso ha fatto il Consiglio comunale di Milano, che ha approvato un ordine del giorno con cui si chiede al ministro degli Interni e alle altre istituzioni competenti la chiusura della struttura, su cui è caduta la tegola di un’indagine della magistratura che ha scoperchiato condizioni di vita inaccettabili. L’aula di Palazzo Marino ha approvato l’ordine del giorno con i soli voti della maggioranza, contrari gli esponenti della destra.
Sconcertante la posizione del sindaco Sala. Nel dichiarare che le condizioni del Cpr non sono “all’altezza di Milano”, ha aggiunto che non è contrario ai rimpatri e che anzi le persone che commettono in maniera reiterata crimini devono essere rimpatriate. Insomma, anche una cattiva conoscenza delle funzioni che la normativa attribuisce ai Cpr, dove sono rinchiuse quasi unicamente persone che non hanno commesso alcun reato. Non è un caso che sull’ordine del giorno la giunta non si sia espressa, rimettendosi al voto del Consiglio.
L’inchiesta è sicuramente una buona notizia. Finalmente la Procura di Milano si è mossa dopo le tantissime denunce di questi anni da parte dell’associazionismo, del sindacato e degli avvocati appartenenti all’Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione), da ultimo quelle riportate nello scorso numero di Sinistra sindacale (https://www.sinistrasindacale.it/index.php/periodico-sinistra-sindacale/numero-20-2023/2981-cpr-la-vergogna-continua-di-ivan-lembo).
Un’indagine che ripaga, almeno parzialmente, il lavoro e le fatiche che in questi anni hanno messo in campo la società civile e quel giornalismo che non si è voltato dall’altra parte. Non è un caso che quanto riscontrato nelle indagini della magistratura corrisponda esattamente a quanto denunciato anche dall’ultimo report del Naga e dall’inchiesta di Altreconomia nel mese di novembre.
Quanto emerge da via Corelli non può e non deve essere ricondotto meramente ad un caso di mala gestione. Le indagini della magistratura faranno il necessario corso e si arriverà a definire le responsabilità penali. A proposito, ben sapendo che via Corelli non è un caso isolato, sarebbe necessario si attivassero ovunque i necessari controlli.
Ma il tema è politico. I Centri per i rimpatri sono figli del mostro giuridico rappresentato dalla detenzione amministrativa. Luoghi di privazione della libertà, senza che siano stati commessi reati e senza le garanzie che per i detenuti nelle carceri sono formalmente previste dall’ordinamento penitenziario. Luoghi che investono risorse pubbliche e che per loro natura producono marginalizzazione, violazione dei diritti, sospensione dei principi costituzionali fondamentali.
I Cpr vanno chiusi.