Microsoft è un nome noto: Windows, il suo prodotto più famoso, lo utilizziamo tutti. In queste settimane la società ha avviato una procedura di licenziamento collettivo giustificata dal calo dei profitti. Nessuna crisi, nessun problema, solo l’ideologia del profitto.
Ma come si vive in una multinazionale di queste dimensioni? Paolo, un nome di fantasia che identifica un lavoratore in carne e ossa che però non può esporsi per timore di ripercussioni, mi ha aiutato a capire cosa significhi lavorare in questa azienda, più ricca e potente di uno Stato.
“In Microsoft sono entrato dalla porta sul retro come lavoratore in ‘staff leasing’ – attacca Paolo - con quel contratto potevo essere spostato da una città all’altra, in qualsiasi momento, senza nessun tipo di rimborso. Anche il mio salario poteva essere rivisto. E il mio datore di lavoro poteva decidere in qualsiasi momento di licenziarmi; quella era la stabilità che aveva quel tipo di lavoratore. Un lavoratore che, in quella condizione, meno problemi dava meglio era.
C’erano però aspetti che amavo – continua Paolo - lavorare in un ambiente internazionale con persone che portavano punti di vista e prospettive diverse. La tecnologia, con grandi risorse messe a disposizione nei progetti. E diversi bravi colleghi. Ma c’erano anche lati negativi. In Microsoft i dipendenti e i vari collaboratori, a seconda del rapporto di lavoro, possedevamo un badge colorato. Giallo, arancione, viola per i ‘contingency staff’, i ‘contractor’ esterni, fino al blu (il più ambito) che solo i dipendenti possedevano. Poteva capitare che due persone diverse, pur con lo stesso ruolo, possedessero un badge di colore diverso. Come a sottolineare l’appartenenza ad una élite. Spesso gli aspiranti ‘blu badge’ passavano anni con un tesserino di un altro colore. In Microsoft ho sentito chiamare spesso questo fenomeno ‘try and buy’; prima ti provo e poi magari ti assumo. Come se le persone fossero 'oggetti' da valutare. Per anni, a volte.
Dopo un po’ di tempo anche io riuscii ad avere quel badge blu. Mi furono subito chiare tutte le profonde differenze tra un ‘external contractor’ e un ‘Fte’ (un ‘Full Time Employee’). Prima senza quel pezzo di plastica al collo neanche venivi salutato. Poi, da un giorno all’altro, auto, fondo pensione, assicurazione sanitaria, azioni a fine anno. Ma niente ci viene dato gratis. Imparai velocemente che chiunque in quella realtà veniva continuamente e costantemente valutato dal proprio manager, spesso senza nessun elemento oggettivo.
Capii dopo poco che Microsoft aveva questa cultura aziendale della ‘curva’. Una bella curva gaussiana. Alla fine di ogni anno un manager aveva il compito di posizionare tutti i suoi ‘direct report’ su una curva di quel tipo. Premi in denaro o in azioni e promozioni per i più performanti. La paura per chi veniva giudicato ‘poco performante’. Ho visto le performance dei membri di alcuni team riportate numericamente su delle fantozziane ‘dashboard’ aggiornate in tempo reale. E dato che si trattava di liste simili alle classifiche di un campionato di calcio, ho visto l’ansia di quelli che stavano agli ultimi posti, dove la retrocessione alla fine dell’anno si sarebbe manifestata con la perdita del proprio posto di lavoro.
In queste ultime settimane – conclude Paolo - quella che era stata una estensione di Bill Gates, da molti anni completamente fuori dal management board della sua creatura, ha subito l’ennesima mutazione. Adesso il velo è caduto e la si può vedere per quello che è diventata: una macchina per soldi, che ha come obiettivo solo quello di produrre profitti. Una entità pronta a tagliare sul personale alla prima flessione degli utili programmati per il prossimo anno fiscale. E questo nonostante tutte le energie spese, sbracciandosi per apparire ancora una realtà attraente, amichevole, giusta e lungimirante”.
Paolo chiude il suo racconto dicendoci quanto la realtà attuale abbia poco a vedere con il sogno visionario di Bill Gates e del suo garage da cui iniziò a creare la Microsoft che conosciamo oggi. Per me e per la mia visione del mondo non è una sorpresa, per chi quell’azienda ha sviluppato e reso grande è una realtà più complessa da accettare. Intanto continuiamo a discutere di licenziamenti che noi vogliamo sospesi e trasformati in cassa integrazione, in formazione per la riqualificazione delle persone in ruoli diversi, in incentivi solo per chi deciderà di non investire più la propria vita in questa azienda immensa. Una trattativa appena iniziata e già molto complessa.