Si ritrovano a casa propria e stavolta in presenza, le compagne e i compagni della sinistra sindacale di Roma e Lazio. In una partecipata riunione di inizio dicembre, i vari pezzi della sinistra della Cgil, nella storica sede di Via Buonarroti, si rivedono, si rincontrano, si riparlano, si confrontano, più sul futuro della nostra organizzazione, e sui compiti che ci si pongono davanti, che sui motivi di divisione e sugli strascichi polemici del passato.
Avevano scelto strade e anche pratiche diverse i due pezzi che, dopo il congresso di Rimini del 2014, avevano scelto chi di schierarsi con la componente di Democrazia e Lavoro, chi di restare in Lavoro e Società, compiendo però entrambi un ragguardevole lavoro di presenza nell’organizzazione e di cucitura con realtà, soprattutto sociali, presenti nella capitale e nella regione.
Da una parte si è puntato sul rafforzamento della presenza dei quadri nei diversi organismi categoriali e confederali, e nel contempo all’apertura all’esterno, avendo come interlocutori aree di volontariato, terzo settore, centri sociali, apertura a nuove esperienze di dibattito e presenza nei quartieri e nelle periferie.
I contatti e le iniziative condivise con importanti soggetti collettivi, come la “Rete dei numeri pari”, “Nonna Roma”, e diversi centri sociali romani, hanno fatto sì che la Cgil non venisse vista da tante realtà esclusivamente come classica organizzazione “altra” rispetto alle lotte quotidiane territoriali, ma come compagna di strada, importante base di appoggio per un protagonismo sociale fino ad allora mai o poco intercettato dalla nostra confederazione.
Dall’altra si è puntato alla ricostruzione di rapporti unitari tra le varie sensibilità di sinistra interna e sulla costruzione, a partire dal basso, che coinvolgesse delegati di base e semplici iscritti e desse loro un supporto, anche di analisi politica e di individuazione degli obiettivi.
Dopo il congresso di Bari, il pezzo proveniente da Democrazia e Lavoro, in dissenso con la scelta congressuale di appoggiare la candidatura a segretario generale di Vincenzo Colla, usciva, praticamente per intero dall’area, appoggiando Landini e chiaramente, appena passato il congresso, iniziava a guardarsi intorno.
Nasceva così “Avanti Tutta”, un collettivo, più che un’area organizzata classica, che fin da subito cercava di creare nuove pratiche di vita interna, con un’assunzione collettiva della questione di genere. Non ci sarebbe stato, ad esempio un unico coordinatore e portavoce, ma due, uno per ciascun genere, con identità assoluta di compiti e di rappresentatività, e indipendentemente dal fatto che fossero o meno componenti di organismi direttivi. Assoluto carattere confederale del collettivo, sia nel dibattito che nelle prese di posizione pubbliche, senza coordinamenti o riunioni di categoria. “Avanti Tutta” iniziava da subito una fruttuosa importante interlocuzione con la Casa Internazionale delle Donna di via della Lungara.
Ma ovviamente il primo interlocutore “interno” non poteva essere che l’altro pezzo di sinistra sindacale regionale, col quale i rapporti umani e politici erano comunque rimasti improntati a una massima correttezza e collaborazione. Ed eccoci allora all’oggi. Approfittando della presenza a Roma del compagno Maurizio Brotini, compagne e compagni di diverse categorie (Funzione pubblica nelle sue varie articolazioni, Spi, Nidil, Flc, Filcams e altre) hanno convenuto sulla necessità di rimarcare a Roma e nel Lazio la presenza di una sinistra sindacale, propositiva, aperta, confederale, in una regione dove il dibattito interno sembra languire e l’organizzazione, al di là dei propositi più volte ribaditi, sembra chiudersi troppo all’interno di ciascuna categoria.
Nella relazione introduttiva Brotini ha insistito sulla necessità di una Cgil plurale che riaffermi in maniera conseguente e porti a termine le decisioni congressuali, rivitalizzando gli organismi statutari che troppe volte vedono il loro compito limitato a confermare le decisioni prese nelle riunioni dei segretari generali delle varie strutture, quando invece occorre rivoltare il paradigma: devono essere i direttivi e le assemblee generali ad elaborare la linea che le segreterie devono poi applicare.
Nello stesso tempo occorre lavorare affinché venga colmato il gap creato dal fatto che il lavoro dipendente non abbia più una rappresentanza politica all’altezza e perché il riconoscimento della differenza di genere diventi pratica comune quotidiana, condivisa all’interno dell’organizzazione.
Il percorso comune è iniziato e proseguirà attraverso incontri e riunioni, sia in presenza che da remoto. La sinistra sindacale Cgil a Roma e nel Lazio c’è, e la sua sarà una presenza di qualità e di riferimento.