Cos’è la vertenza Gkn credo sia piuttosto noto e non mi ci soffermo per motivi di spazio. Così come credo siano note la grande capacità di mobilitazione dei lavoratori, il sostegno della Cgil tutta (dalla Fiom alla Camera del lavoro di Firenze alle altre strutture), la solidarietà trasversale che ha attraversato tutti i settori sociali del territorio fiorentino e oltre. Tutti elementi che si sono condensati nel grande corteo di sabato 18 settembre a Firenze, convocato dal Collettivo di fabbrica.
La vertenza si apre però adesso a nuovi scenari, ancora tutti da percorrere. Dopo oltre due mesi di mobilitazioni, proprio mentre il fondo Melrose sperava di poter essere prossimo a dare l’assalto più duro con l’invio delle lettere di licenziamento (il 22 settembre sarebbe scaduta la procedura, diventando il primo giorno utile per poter rendere effettivi i licenziamenti), il Tribunale del Lavoro ha accolto le richieste avanzate dalla Fiom Cgil di Firenze di condannare l’azienda per condotta antisindacale. Procedimenti annullati, si torna al punto di partenza.
La giudice infatti non si è limitata a considerare scorrette le modalità di comunicazione dell’avvio dell’iter per arrivare ai licenziamenti; ha richiamato soprattutto il valore della contrattazione nazionale e aziendale che stabilisce modalità di confronto con i sindacati sull’andamento dell’azienda e sul suo futuro.
Il comportamento antisindacale della Gkn si basa principalmente, a parere del tribunale, sul fatto di aver impedito al sindacato un confronto, seppur non vincolante, con la proprietà nella fase di formazione della decisione di chiudere lo stabilimento.
Sia chiaro, lo stabilimento non è salvo. Fanno bene i lavoratori Gkn e la Fiom a chiedere al governo di garantire la ripresa produttiva del sito di Campi Bisenzio. D’altronde si tratta di un’azienda sana, che la proprietà vorrebbe chiudere solo per interessi speculativi e finanziari. Su come portare avanti la vertenza non servono consigli: tutti gli attori in causa hanno dimostrato di avere enormi capacità rispetto alle azioni da mettere in campo nella salvaguardia di tutti e 500 i posti di lavoro (tra diretti e appalti). E questa credo sia la principale priorità.
La lotta Gkn ha reso plasticamente l’esigenza di interventi di natura più generale, il primo dei quali riguarda sicuramente le delocalizzazioni. Quanto sia ormai urgente trovare una nuova legislazione lo dicono in molti, a partire dai lavoratori interessati dalle crisi e dalla Cgil. Servirebbe a poco una norma che prevedesse solo delle sanzioni per chi se ne va: non basta monetizzare la devastazione di un sito produttivo.
Serve un ruolo pubblico in economia, come proposto nell’ultimo congresso Cgil, quando parlavamo di creare un nuovo strumento pubblico di governo delle politiche di sviluppo industriale, “una nuova Iri o Agenzia per lo sviluppo industriale” in cui progettare, programmare e governare le scelte strategiche in ambito industriale. Oggi quella proposta è di grande attualità. Le multinazionali che se ne vanno da siti sani, oltre a restituire eventuali sostegni pubblici e a pagare un’ammenda, dovrebbero poterlo fare solo dopo che sia stata garantita la continuità produttiva anche con un intervento statale.
La vertenza Gkn si inserisce quindi in un più ampio contesto, che deve vedere la Cgil protagonista per dare reale e generale unitarietà al bisogno di cambiamento espresso dai lavoratori (come accaduto a Firenze con lo sciopero generale del 19 luglio scorso indetto da Cgil, Cisl e Uil territoriali). Lavorando per definire accordi avanzati laddove possibile, e per mobilitare contestualmente su alcuni grandi temi che hanno assunto oggi carattere di urgenza: dalle crisi aziendali al ruolo del pubblico, dalla strage sui luoghi di lavoro allo sblocco definitivo dei licenziamenti, dalla riforma delle pensioni all’universalità degli ammortizzatori sociali.
L’unità e l’estensione delle mobilitazioni hanno diversi avversari, uno particolarmente insidioso: le tentazioni di piccoli gruppi di strumentalizzare questa o quella vertenza per avere un ritorno di immagine e possibilmente di consenso. Tutti coloro che davvero ambiscono ad allargare il fronte delle lotte devono impedire simili incursioni, che danneggiano non solo l’azione politico-sindacale generale, ma prima di tutto danneggiano i lavoratori impegnati nelle singole vertenze, e questo non può essere tollerato da chi quei lavoratori li vuole tutelare davvero.