Baobab: solidarietà non è reato - di Nuccio Iovene

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Come è possibile che importanti esperienze di solidarietà siano perseguite per anni?

Il 3 maggio scorso si è positivamente concluso, presso il Tribunale di Roma, il processo nei confronti di Andrea Costa e di altri militanti del Baobab, l’associazione che da anni si occupa dei migranti transitanti nella Capitale, in assenza di una qualsiasi iniziativa istituzionale. L’ipotesi di reato avanzata, pesantissima, era quella di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, ed avrebbe comportato pene assai rilevanti (dai 6 ai 18 anni di carcere). L’indagine, partita nel 2016, è andata avanti per anni cercando addirittura di adombrare, in una prima fase, il traffico di esseri umani, per poi ripiegare sul favoreggiamento e terminare con una assoluzione con formula piena, perché il fatto non sussiste.

Come è stato possibile che una delle più evidenti esperienze di solidarietà ed aiuto della Capitale nei confronti dei più deboli, persone in fuga da guerre, persecuzioni, fame, cambiamenti climatici, e resa possibile per la mobilitazione di centinaia di volontari e cittadini impegnati a raccogliere viveri e beni di prima necessità e anche qualche aiuto economico di emergenza, sia stata presa di mira, sottoposta a indagine e perseguita per anni? È questa la principale domanda da porsi, anche perché purtroppo non si è trattato di un caso isolato.

Prima del Baobab era toccato al sindaco di Riace, Mimmo Lucano, condannato in primo grado ad una pena abnorme (13 anni e due mesi) e assurda, la cui vicenda giudiziaria è ancora in corso; anche a diverse Ong operanti nel Mediterraneo in attività di soccorso, in quel mare divenuto drammaticamente il luogo in cui a migliaia hanno perso la vita nel tentativo di costruire un futuro per sé e i propri cari, è toccata la medesima sorte e andranno presto a processo.

Per molti anni il discorso pubblico nel nostro Paese è stato condizionato, inquinato, addirittura monopolizzato in maniera ossessiva da un unico argomento, quello dell’immigrazione. Le destre e i populisti alimentandone le paure, soffiando sul fuoco delle insicurezze, additando gli operatori umanitari definendoli “taxi del mare”, mentre tanti tra coloro che avrebbero dovuto opporsi a questa campagna, per timore e subalternità culturale, sono spesso rimasti silenti e inattivi. Invece di cercare di affrontare l’immigrazione per quella che è, e cioè un fenomeno umano sempre esistito, parte fondamentale del processo di civilizzazione, dovuto a cause sempre drammatiche, come la guerra in Ucraina in questi mesi dimostra, da provare a governare, combattendone le cause e accogliendo chi è in fuga.

Questa lunga stagione ha prodotto, come si è visto, pessimi frutti, leggi sbagliate e criminogene a partire dalla famigerata Bossi-Fini. E poi, con Salvini, lo smantellamento di esperienze positive che a livello locale erano, nonostante tutto, cresciute, rendendo impossibile l’ingresso in Europa per via legale e condannando migliaia di persone alla clandestinità, accanendosi sulle vittime (il costringere i naufraghi salvati in mare a rimanere sulle navi, invece di prestare loro soccorso, cos’altro è stato?). Ed hanno continuato a fare danni anche quando il Covid prima e la guerra ora hanno spostato l’attenzione delle forze politiche e dell’opinione pubblica su queste drammatiche emergenze, anche se in molti casi con lo stesso approccio distorto.

Eppure la pandemia, la guerra in corso e quelle che facciamo finta di non vedere, la crisi ambientale ed energetica, le disuguaglianze, sono un tutt’uno con le migrazioni e richiederebbero un approccio totalmente diverso. Invece che provare a vaccinare l’intero pianeta, far arrivare i vaccini rendendoli disponibili ai Paesi ed alle popolazioni che ne sono rimaste escluse, si è alimentata la grottesca rappresentazione dei no vax e dei contestatori delle mascherine. Invece di promuovere azioni di pace e soluzioni diplomatiche ai conflitti si sono alimentati questi ultimi, e ridotte le Nazioni Unite in un organismo impotente e quasi senza voce. Invece che ridurre le disuguaglianze e redistribuire la ricchezza si è lasciata mano libera alle multinazionali e al capitale finanziario, abdicando al ruolo che dovrebbero avere la politica e i governi.

I cambiamenti climatici, drammaticamente sotto gli occhi di tutti, passano in secondo piano davanti alla crisi energetica causata dal conflitto in corso a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina. Non è un caso che solo quest’ultimo conflitto abbia causato milioni di profughi (oltre 100mila arrivati in Italia in soli due mesi) che hanno cercato rifugio in Europa.

Ecco perché servono risposte all’altezza delle enormi sfide che abbiamo di fronte. E per farlo è necessario che il mondo del lavoro, la società civile, e una politica di sinistra facciano sentire più forte la loro voce.

 

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